La Corte Costituzionale italiana si trova oggi al centro di un dibattito cruciale sui diritti riproduttivi, con l’udienza pubblica dedicata alla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 della legge 40 del 2004.
Al centro del caso, la storia di Evita, una donna quarantenne di Torino, a cui è stato negato l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) in un centro di fecondazione assistita in Toscana, in quanto single.
La normativa attuale consente l’accesso alla PMA esclusivamente a coppie eterosessuali, stabilmente conviventi o sposate, escludendo di fatto le donne single. Il tribunale di Firenze, investito del caso di Evita, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, evidenziando una possibile violazione dei principi di uguaglianza e autodeterminazione sanciti dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Durante l’udienza, l’Associazione Luca Coscioni, che rappresenta Evita e altre donne nella stessa situazione, ha sottolineato come il divieto rappresenti una discriminazione ingiustificata. “La genitorialità deve basarsi sull’assunzione di responsabilità, indipendentemente dallo status sociale o dal legame biologico,” ha dichiarato l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione. La difesa ha inoltre evidenziato che la rimozione del divieto non creerebbe alcun vuoto normativo, considerando che le tecniche di fecondazione eterologa sono già legali in Italia dal 2014.
Il caso di Evita non è isolato. Serena, una donna di Brescia, ha raccontato di essersi vista negare l’accesso alla PMA in Italia e di aver dovuto recarsi all’estero per realizzare il suo desiderio di maternità. Queste storie mettono in luce le difficoltà che molte donne single affrontano nel tentativo di diventare madri, sollevando interrogativi sulla giustizia sociale e sui diritti umani.
La decisione della Consulta potrebbe rappresentare un punto di svolta per i diritti riproduttivi in Italia, aprendo la strada a una maggiore inclusività nella procreazione assistita. Mentre il dibattito continua, il caso di Evita rimane un simbolo della lotta per l’uguaglianza e l’autodeterminazione.