Nel 1958, la rivista americana McCall’s pubblicò un articolo che oggi definiremmo tra il serio e il surreale: “129 modi per trovare marito”. Un titolo che, già di per sé, ci fa sorridere e forse anche un po’ inorridire.
I consigli proposti alle donne dell’epoca erano un vero e proprio manuale strategico per accalappiarsi un uomo, con suggerimenti che spaziavano dall’ordinare bistecche al sangue al licenziarsi per lavorare in facoltà universitarie frequentate prevalentemente da uomini, come medicina o giurisprudenza. E ancora: piangere sottovoce in un angolo, o addirittura leggere i necrologi per trovare mariti vedovi.
È stata Kim Marx-Kuczynski a riportare alla luce questa perla, scovata per un solo dollaro in un mercatino. L’ha definita “assurda, obsoleta, ma affascinante”, e in effetti è difficile darle torto. Quelli che oggi ci strappano un’espressione perplessa, o una risata amara, erano allora consigli perfettamente accettabili e, per certi versi, persino pratici.
L’articolo di McCall’s è un incredibile specchio di un’epoca in cui l’obiettivo primario di molte donne era, appunto, “sistemarsi”. Per riuscirci, però, dovevano strategicamente sembrare meno intelligenti, meno ambiziose, più manipolatrici. Era un mondo in cui il successo femminile era ancora largamente misurato dalla capacità di trovare un buon marito e costruire una famiglia. L’indipendenza e la personalità, così come le intendiamo oggi, erano considerate quasi un ostacolo alla desiderabilità.
Pensare a questi “trucchi” – come inciampare con grazia per farsi aiutare, o ostentare una certa fragilità – ci fa capire quanto la pressione sociale sul ruolo della donna fosse schiacciante. Non si trattava di essere se stesse, ma di recitare una parte che potesse attrarre e trattenere un compagno.
E oggi? Un’amara attualità
Ma la riflessione non può fermarsi al mero divertimento per l’assurdità di alcuni suggerimenti. C’è un che di inquietante nel constatare come, nonostante siano passati decenni e la società si sia (in teoria) evoluta, alcune di queste logiche continuino a sopravvivere. Certo, i termini sono cambiati, i consigli non sono più così espliciti o bizzarri, ma il messaggio di fondo, ahinoi, è ancora fin troppo familiare.
Se ancora oggi una donna si sente in dovere di dosare la propria indipendenza, la propria intelligenza o la propria personalità per risultare più “desiderabile” o meno “intimidatoria”, allora forse il consiglio di “inciampare con grazia” non è poi così sorpassato. Magari non lo facciamo letteralmente, ma quante volte ci è capitato di annacquare le nostre ambizioni, minimizzare i nostri successi o ammorbidire le nostre opinioni per non apparire troppo “forti” o “scomode”?
L’articolo di McCall’s ci ricorda che la lotta per l’autenticità e l’uguaglianza è un percorso lungo e tortuoso. Ci fa riflettere su quanto sia importante riconoscere e smantellare quelle dinamiche, spesso sottili e inconsce, che ancora oggi ci spingono a conformarci a modelli obsoleti per “trovare marito”, o più in generale, per essere accettate.
