La genitorialità alla prova dell’egoismo: l’assurda vicenda del bambino a Barcellona






La cronaca di questi giorni ci regala una storia che, per certi versi, sembra uscita da una sceneggiatura surreale, un dramma psicologico più che un semplice fatto di cronaca.



Un bambino di 10 anni, lasciato solo all’aeroporto El Prat di Barcellona dai suoi stessi genitori. La ragione? Il documento di identità del piccolo era scaduto. Una vicenda che ha rapidamente fatto il giro del mondo, non solo per la sua incredibilità, ma anche per la profondità delle domande che solleva.



La narrazione, resa virale da una coordinatrice di voli su TikTok, dipinge un quadro inquietante. I genitori, in procinto di partire per le vacanze a Casablanca, non hanno esitato a prendere il loro volo, lasciando il figlio, la cui documentazione non era in regola, a terra. La solitudine di quel bambino in un luogo così vasto e caotico come un aeroporto è un’immagine che colpisce l’immaginazione e scuote le coscienze.



Un’immagine che ci invita a riflettere non solo sull’accaduto in sé, ma anche sulle dinamiche più ampie della società contemporanea.
Quando l’edonismo prevale sulla cura
Questo episodio ci costringe a interrogarci su un’evoluzione, o forse una deviazione, del concetto di genitorialità.



L’atto di abbandonare un figlio, seppur per una ragione apparentemente “burocratica”, sembra tradire un profondo egoismo. L’obiettivo della vacanza, il desiderio di non perdere il volo, ha superato l’istinto primario di protezione e cura che si presuppone sia innato in ogni genitore.



È una logica che si inscrive perfettamente nella cultura dell’edonismo e dell’individualismo, dove il soddisfacimento dei propri desideri, delle proprie necessità, spesso a discapito di quelle degli altri, diventa la norma.



I figli, in questo contesto, non sono più visti come esseri da proteggere incondizionatamente, ma come “appendici” della propria vita, che non devono in alcun modo ostacolare i propri piani o la propria realizzazione personale.
Questo non è un giudizio morale, ma piuttosto l’osservazione di un fenomeno sociale che sembra sempre più diffuso. La genitorialità sembra essere diventata, in certi casi, un “progetto” tra gli altri, un compito da svolgere, ma non a costo di sacrificare la propria felicità, il proprio tempo libero o i propri desideri.




Non è sorprendente che i social media si siano scatenati in una condanna unanime di questo gesto. Il “tribunale” del web, con la sua rabbia e la sua indignazione, ha espresso un giudizio netto, condannando un comportamento che sfugge a qualsiasi logica di buon senso e di responsabilità. E questo ci porta a un’altra riflessione: l’attualità di una genitorialità che, per certi versi, sembra aver perso i suoi punti di riferimento.
In un’epoca segnata da fatti di cronaca terribili, dove i pericoli si annidano dietro l’angolo, lasciare un bambino solo è un atto di estrema irresponsabilità.



La fiducia riposta in un “passante”, o nel “sistema” in generale, per la cura di un figlio, denota una leggerezza che fa riflettere. Una leggerezza che non tiene conto dei “mostri” che spesso si nascondono, ma che soprattutto mette in discussione la sacralità del legame genitore-figlio.



L’episodio di Barcellona, quindi, non è solo una storia di abbandono, ma uno specchio della nostra società. Una società in cui la rapidità della vita, la pressione del tempo e il primato dell’individuo stanno mettendo a dura prova il senso stesso della famiglia e della responsabilità genitoriale. E, in questo contesto, la domanda che dobbiamo porci è: siamo davvero pronti a sacrificare l’altruismo e la cura per un volo in partenza?

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