Ben 21 anni fa in tv c’era il primo episodio di Lost, il cult mai eguagliato che ha cambiato il mondo del piccolo schermo

Era il 22 settembre del 2004 quando la serie di Lost – almeno in America – ha fatto capolino in tv e sugli schermi della ABC. Fu un successo immediato che è perpetrato nel tempo e trovando un posto nell’immaginario collettivo. 21 anni fa il primo storico episodio, niente e nessuno è riuscito a eguagliare il mito di una serie che è già cult

Ci sono serie tv che vanno e altre che restano. E poi c’è Lost. In quel folle mondo che è l’universo televisivo americano, la serie che è stata creata (tra l’altro) anche da JJ Abrams è diventata uno dei pilastri della cultura pop moderna. Ha debuttato in tv il 22 settembre del 2004 e fin dal primo episodio ha convinto pubblico e critica per un racconto umano che univa realtà e fantasia. Con ascolti record – si parla di quasi 30 milioni di telespettatori -, Lost ha trasformato la cultura seriale in qualcosa di ben diverso, facendo capire quanto le serie tv non sono affatto un fenomeno passeggero.

La serie è andata avanti per sei lunghi anni tra alti e bassi, confermandosi però una tra le più belle e articolate della tv. Ha inaugurato la seconda gode page della tv e, ben 21 anni dopo, niente è nessuno è riuscito a eguagliare il suo fascino e la bellezza. Fenomeno anche nel nostro paese, oggi tutte le stagione sono disponibili su Disney+. E ora vi spieghiamo il perché la serie di Lost è un cult che non ha eguali.

Lost, una serie tv unica nel suo genere

22 settembre. Il Lost Day. Il giorno in cui l’avventura destinata a riscrivere le regole delle serie TV debuttava. Negli USA fu la ABC a fare storia e in Italia sempre il 22 ma del marzo successivo, su FOX di Sky per poi “rincorrere” la messa in onda e andare in contemporanea. Con il finale addirittura in diretta , nello stesso momento della messa in onda USA. Lost ha rappresentato un fenomeno unico per tutto ciò che ha circondato, accompagnato, seguito e preceduto la messa in onda. Da quel momento, la qualità delle produzioni TV ha continuato a salire, ma nessuno ha osato rischiare tanto da chiedere al pubblico un atto di fede come quello fatto da milioni di persone in tutto il mondo per Lost. Perché questo mondo non ha più fede in niente… Se non nell’odiato “Dio denaro”. 

In Lost gli sceneggiatori chiedevano al pubblico un atto di fede, la dimostrazione di concedere loro il beneficio del dubbio in attesa che le cose diventassero più chiare. Se ci ripensiamo, è stato così fin dall’inizio: fin da quell’occhio che si apriva, il dettaglio dell’occhio di Jack (Matthew Fox), che si sarebbe richiuso 10 anni dopo, per chiudere un cerchio. Sempre con accanto Vincent, il fedele Labrador di Walt (Malcolm David Kelley), divenuto la mascotte del gruppo dei superstiti del volo Oceanic 815. Bisognava farlo, quell’atto di fede, per amare davvero Lost e vivere appieno l’esperienza – non solo televisiva – che rappresentava.

Lost, un mito moderno

Quell’atto di fede in molti lo hanno abbracciato. Molti hanno scelto di amare Lost con i suoi difetti, le sue imprecisioni, le sue piccole incoerenze, i misteri che non sono mai stati chiariti. Perché Lost non aveva solo un’infinità di livelli di lettura, dalla trama pura e semplice ai riferimenti filosofici passando per la cultura pop: Lost era un’occasione di libertà per un pubblico normalmente sempre indirizzato, fin troppo. Con Lost, ciascuno poteva provare, capire, sentire ciò che voleva, ciò che arrivava, ciò che gli sembrava giusto in quel momento. Di quante altre serie TV possiamo dire la stessa cosa, in tutta la storia del piccolo schermo?

Lost ha valicato i confini del televisore, ha cancellato il concetto stesso di target di una serie TV: lo hanno seguito spettatori di ogni età, di ogni professione, di ogni provenienza. Lost ha rappresentato questo e molto altro e, oggi, la parola “fine” a quell’esperienza, continua a rappresentare qualcosa di veramente importante.

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