La tensione nel Mediterraneo orientale è alle stelle a causa della Global Sumud Flotilla, la missione di circa 50 imbarcazioni che mira a rompere l’assedio di Gaza per consegnare aiuti umanitari.
L’iniziativa, che vede la partecipazione anche di cittadini e parlamentari italiani, ha innescato un duro scontro diplomatico e politico, culminato con la netta presa di posizione della Farnesina e il risoluto rifiuto degli attivisti a qualsiasi mediazione.
Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Farnesina) ha inviato un chiaro messaggio ai partecipanti italiani della Flotilla, sconsigliando caldamente di proseguire la navigazione verso la Striscia di Gaza.
Nel comunicato si legge che l’iniziativa è “sconsigliata” e che “Chi la intraprende si assume in proprio tutti i rischi e sotto la sua personale responsabilità”. Questa comunicazione riflette la profonda preoccupazione del Governo italiano per la sicurezza dei suoi cittadini in un’area ad altissima tensione, in prossimità delle acque territoriali israeliane e del blocco marittimo imposto.
Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha ribadito il concetto, sottolineando che l’Italia “non è in grado di garantire sicurezza in acque israeliane” e che il governo “non avverte alcuna corresponsabilità in nessuna azione posta in essere dal governo Netanyahu”. L’obiettivo primario di Roma resta quello di garantire assistenza ai connazionali, ma non di scortare la missione in una zona di guerra attiva.
La forte preoccupazione espressa dal governo Meloni ha portato a una proposta di mediazione volta a evitare un potenziale scontro in mare. L’Italia, con il consenso di Tel Aviv e di Cipro, ha suggerito alla Flotilla di deviare il carico umanitario a Cipro, da dove gli aiuti sarebbero potuti arrivare a Gaza attraverso il Patriarcato Latino di Gerusalemme.
Tuttavia, la Global Sumud Flotilla ha respinto categoricamente questa proposta. Dalle ultime conferenze stampa degli attivisti è emersa una linea intransigente: “Non lasceremo gli aiuti a Cipro: non rispetterebbe l’obiettivo della nostra missione che è rompere l’assedio della Striscia. Le nostre 50 barche proseguiranno dirette fino a Gaza”.
Gli attivisti hanno spiegato che l’intento della missione non è solo la consegna materiale degli aiuti, ma la “rottura del blocco” in quanto atto politico e umanitario di protesta contro il “genocidio” in corso. “Israele non ci intimidirà. Non fermeremo i nostri sforzi finché non si ferma il genocidio,” ha dichiarato Nkosi Zwelivelile Mandela, nipote di Nelson Mandela, presente nella Flotilla.
La risposta di Israele non si è fatta attendere. Tel Aviv ha accusato la Flotilla di essere una “provocazione” e di agire “al servizio di Hamas”, rigettando l’idea che si tratti di un puro sforzo umanitario.
L’ambasciata israeliana ha suggerito agli attivisti di portare gli aiuti nel vicino porto di Ashkelon, “in modo che possano essere tempestivamente trasferiti alla Striscia di Gaza in modo non violento”, proposta anch’essa rifiutata.
Lo scenario attuale è estremamente teso: la Flotilla ha annunciato l’intenzione di “forzare il blocco israeliano”, mentre l’IDF (Forze di Difesa Israeliane) ha avvertito che “reagirà”. La situazione è complicata dalla presenza di una fregata italiana inviata in supporto e assistenza ai cittadini italiani a bordo, un segnale che evidenzia la serietà dei rischi in gioco.
La comunità internazionale, inclusa l’ONU, ha chiesto un’indagine indipendente sui precedenti attacchi subiti dalla Flotilla, ma per il momento la rotta rimane quella per Gaza, aumentando il pericolo di un incidente in mare.