Nel cuore di Genova, in via Balbi 5, si sta consumando una protesta che ha travalicato i confini dell’università. È diventato simbolo di una mobilitazione nazionale.
A seguito delle manifestazioni legate all’operazione umanitaria della Global Sumud Flotilla, migliaia di studenti hanno deciso di alzare la voce contro quella che definiscono “l’università della guerra” e le complicità accademiche con l’industria bellica e le politiche israeliane in Palestina.
Il 22 settembre ha segnato una svolta. Da Aosta a Palermo, l’Italia si è fermata per uno sciopero generale che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone. A Genova, oltre 10.000 studenti hanno invaso le strade, uniti da una rabbia condivisa. Inoltre, hanno mostrato la volontà di sabotare l’economia di guerra partendo dai propri spazi: scuole, quartieri, università.
Al termine del corteo, una partecipata assemblea pubblica ha dato vita all’occupazione del rettorato dell’Università di Genova. Il presidio, già attivo da giorni, si è trasformato in un’azione permanente. Questo con la dichiarazione di occupazione a tempo indeterminato.
Gli studenti chiedono, come da volantino:
– La rescissione totale degli accordi tra UniGe e le aziende della filiera bellica.
– La cancellazione del bando MAECI, ritenuto complice delle politiche di apartheid israeliane.
– Il sostegno formale e incondizionato alla resistenza palestinese.
– Il supporto all’operazione umanitaria Global Sumud Flotilla.
Le lezioni in Balbi 5 sono state sospese, e gli occupanti invitano la cittadinanza a unirsi alla protesta: “Porta una tenda e unisciti all’occupazione!”
Il Senato Accademico, previsto per il 23 settembre, è stato spostato online. Secondo gli studenti, questa decisione è stata presa per evitare il confronto diretto. Il comitato degli studenti occupanti ha ribadito la volontà di non fare passi indietro. Hanno accusato l’ateneo di complicità nel genocidio in Palestina.
La protesta ha suscitato reazioni contrastanti. Da una parte c’è la solidarietà di alcuni docenti e sindacati universitari. Dall’altra parte c’è la condanna di esponenti politici locali, che parlano di “atti violenti” e “intimidazioni”.
L’occupazione di Balbi 5 non è solo una protesta studentesca. È un atto politico, una richiesta di rottura con le logiche belliche e una presa di posizione netta contro l’indifferenza. E finché non otterranno risposte, il rettorato resterà occupato.