Scuola senza smartphone, il digital detox diventa un affare di famiglia

Niente smartphone tra i banchi se non per fini didattici. La scuola italiana apre l’anno scolastico con una misura che può sembrare drastica ma che, se ben gestita, diventa un’occasione per rieducare al tempo digitale.

Un cambiamento che riguarda non solo gli studenti ma anche il modo in cui famiglie e adulti vivono la tecnologia ogni giorno. Sull’argomento oggetto di dibattito in questi giorni ne parliamo con la pedagogista e coach Alessandra Bitelli, autrice de “Il primo romanzo utile del coaching”.

Cosa succede quando viene tolto un oggetto come lo smartphone nella quotidianità?

Quando si toglie un oggetto così presente come il cellulare non basta pensare al divieto. È un’occasione per stimolare l’attenzione, ritrovare spazi di dialogo reale, chiedere coerenza agli adulti che devono essere i primi a dare l’esempio e scoprire che il tempo liberato può diventare creatività e relazione. La scuola apre la strada ma la sfida riguarda tutti noi, dentro e fuori le aule.

Come concretizzare una vera e propria educazione digitale?

 Ogni scelta che sembra limitare può diventare un’occasione preziosa per trovare alternative. Significa abituarsi al dialogo diretto e non mediato da uno schermo, riscoprire la collaborazione con i compagni, imparare a mantenere la concentrazione senza continue interruzioni e allenare la capacità di gestire il tempo in modo autonomo. Non è un semplice stop tecnologico ma un invito a coltivare abilità che restano utili ben oltre i banchi di scuola, nella vita sociale, nello studio e nel lavoro.

Che impatto ha questa novità sui genitori?

La coerenza è fondamentale. I ragazzi imparano ciò che i genitori fanno non quello che dicono, e la vera educazione digitale inizia dal comportamento adulto. Per questo è importante che le famiglie non si fermino al sostegno formale della regola scolastica ma la estendano nella quotidianità domestica, con momenti liberi da dispositivi, spazi dedicati alla conversazione e piccole pratiche di riscoperta del contatto con la realtà che coinvolgano tutti. Solo così la misura adottata a scuola diventa un percorso concreto e duraturo.

Come trasformare il digital detox in un’opportunità?

La noia non è un nemico, ma un motore di creatività. Se il digitale riempie ogni spazio vuoto, toglie la possibilità di allenare l’immaginazione e di cercare soluzioni nuove. Liberare tempo dallo schermo significa anche riconnettersi con sé stessi, imparare a gestire la solitudine, sviluppare resilienza e scoprire interessi autentici. Sono competenze trasversali che diventano fondamentali in tutte le fasi della vita, dalla crescita dei ragazzi fino al mondo del lavoro.

Il detox digitale non può essere un esercizio individuale perché rischia di diventare una rinuncia a senso unico. Se i genitori continuano a controllare il telefono mentre chiedono ai figli di metterlo via, il messaggio si indebolisce. Coinvolgere tutta la famiglia significa invece costruire un patto reciproco, in cui gli adulti diventano modelli credibili. Solo così il cambiamento smette di essere percepito come un divieto e si trasforma in una scelta condivisa che apre la strada a nuove abitudini quotidiane, semplici da adottare e capaci di migliorare il benessere di tutti.

Le abitudini per concretizzare il digital detox in famiglia

Ecco le nuove abitudini suggerite dalla pedagogista e coach Alessandra Bitelli per tutta la famiglia

  • A tavola

La tavola diventa il primo laboratorio di educazione digitale. Togliere i telefoni durante i pasti favorisce conversazioni più ricche, riduce le interruzioni e crea un piccolo rito quotidiano che dà priorità alle relazioni. Migliora anche l’ascolto reciproco e abbassa la tensione sui “controlli” perché la norma vale per tutti allo stesso modo, adulti compresi.

  • Al risveglio

Senza schermi nell’ora dopo il risveglio e nell’ora prima di dormire si protegge l’avvio e la chiusura della giornata. Al mattino si evita la cascata di stimoli che frammenta l’attenzione e si imposta un ritmo più intenzionale. La sera si facilita il sonno perché si riduce l’iperattivazione mentale e si preserva il ritmo naturale di riposo. È una micro-routine che migliora concentrazione, umore e qualità del recupero.

  • Nei momenti di condivisione

Una sera a settimana completamente offline crea tempo di qualità prevedibile. Spezza l’automatismo del “sempre connessi”, rende naturali attività alternative e costruisce memoria familiare di esperienze positive. Funziona meglio se sono i ragazzi a proporre parte del programma, così aumenta il senso di autonomia e di responsabilità.

  • Nei confini di benessere

No smartphone in camera da letto e negli spazi di riposo significa confini chiari tra luoghi della relazione digitale e luoghi del sonno e dello studio. Riduce l’uso compulsivo notturno, limita le distrazioni mentre si studia e migliora privacy e sicurezza. Un accorgimento pratico aiuta molto, ricarica dei dispositivi in uno spazio comune

  • Nel tempo consapevole

Almeno un’ora al giorno dedicata a un’attività non digitale sostiene corpo e mente e allena la tolleranza alla noia, che è terreno di creatività. Che sia sport, lettura, musica o manualità, la scelta regolare di un impegno “attivo” rinforza motivazione, autostima e senso di competenza. Meglio fissare micro-obiettivi settimanali così i progressi sono visibili e gratificanti.

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