L’annunciato referendum sulla giustizia si preannuncia come uno dei momenti cruciali per il dibattito pubblico italiano, toccando le fondamenta del sistema istituzionale.
Al centro della mobilitazione per la giustizia e per la difesa dell’assetto attuale e per il “No” alle modifiche proposte, si posiziona il nuovo “Comitato a difesa della Costituzione”. Questo comitato ha scelto come proprio volto simbolo il noto costituzionalista Enrico Grosso, professore ordinario di diritto costituzionale presso l’Università di Torino.
Enrico Grosso è destinato ad assumere la carica di Presidente Onorario del Comitato. Tale organismo è nato su iniziativa dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Tuttavia, si presenta come un fronte più ampio e trasversale, raccogliendo esponenti del mondo giuridico, accademico, del giornalismo e della politica.
Sebbene la presidenza esecutiva sia affidata al giudice Antonio Diella, la figura di Grosso è stata individuata come il frontman intellettuale e garante della linea del “No”. Questa linea mira a contrastare la riforma della giustizia in oggetto, che ha suscitato forti critiche. Sono emerse preoccupazioni sul rischio di compromettere i principi di autonomia e indipendenza della magistratura, pilastri della nostra Carta fondamentale.
Il Comitato ha dichiarato l’obiettivo di difendere la Costituzione da modifiche. A loro avviso, tali modifiche potrebbero destabilizzare gli equilibri tra i poteri dello Stato.
Il dibattito referendario sulla giustizia, in quanto procedura che coinvolge una modifica costituzionale, riveste una grande importanza. In quanto tale, è superiore a una semplice legge ordinaria. Come sottolineato anche dal tenore del dibattito: “La giustizia riguarda tutti e il referendum passa la parola la popolo. Il popolo deve decidere nella procedura rinforzata della modifica costituzionale.”
Il ricorso al referendum confermativo, previsto dall’articolo 138 della Costituzione, avviene in assenza di una maggioranza qualificata in Parlamento per l’approvazione finale. Questo conferisce alla cittadinanza il potere di esprimersi direttamente su una materia che tocca i diritti fondamentali e l’organizzazione dello Stato. È un esercizio di democrazia diretta che chiama gli elettori. Devono affrontare un voto informato e consapevole sull’architettura istituzionale del Paese.
La battaglia referendaria vede contrapposti il Comitato per il No, guidato idealmente da Grosso e sostenuto dall’ANM, e i fautori del Sì. Questi ultimi spesso fanno capo a diverse aree politiche e associazioni di avvocati, come l’Unione delle Camere Penali Italiane. Puntano su figure come l’ex Presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, o l’ex magistrato Antonio Di Pietro.
Le principali riserve espresse dal fronte del No, che Grosso è chiamato a rappresentare, includono:
Rischio di Compromissione dell’Indipendenza: Il timore è che le modifiche proposte possano minare l’autonomia della magistratura. Tale autonomia è essenziale per la tutela dei cittadini contro gli abusi di potere.
Separazione delle Carriere e Rischio di Corporativizzazione: La preoccupazione riguarda l’eventuale divisione degli organi di autogoverno. Per esempio, la possibile istituzione di due CSM (Consigli Superiori della Magistratura) può portare a una frammentazione della categoria. Inoltre, potrebbe determinare una maggiore influenza della politica sulle funzioni inquirenti. 
In attesa della data del voto, probabilmente fissata per la primavera del 2026, la sfida è quella di innalzare il livello di informazione e partecipazione. Questo processo trasformerebbe il dibattito tecnico in una scelta fondamentale per il futuro della Repubblica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
