Nel mondo del cinema, non è raro che un film riceva recensioni negative dalla critica, ma quello che sorprende è come a volte proprio questa negatività possa trasformarsi in un potente motore di successo al botteghino.
Non stiamo parlando di un film che, pur non essendo eccelso, riesce comunque a conquistare il pubblico per altri motivi. Parliamo di quei casi in cui una pioggia di critiche e polemiche alimenta un fenomeno che, paradossalmente, porta sempre più persone nelle sale. In questi casi, è proprio la disapprovazione generalizzata a fungere da trampolino per la sua fama.
La visibilità di un prodotto cinematografico non dipende solo dalla sua qualità intrinseca, ma anche da quanto ne se ne parli. Se un film viene ampiamente criticato dai giornali e sui social media, spesso scatta una reazione inaspettata nel pubblico: la curiosità di vedere “con i propri occhi” cosa ci sia di tanto brutto o discutibile.
Ogni recensione negativa diventa un invito velato a partecipare a un’esperienza collettiva, dove il principale obiettivo non è apprezzare la pellicola, ma trovare motivo per criticare. C’è quasi un desiderio di essere parte di una conversazione culturale globale, un po’ come assistere a un incontro di boxe dove i contendenti sono il pubblico e il film stesso. E, in effetti, i social diventano il ring dove ogni spettatore si sfida a dare il suo giudizio più spietato.
Il meccanismo psicologico che si attiva in questi casi è legato anche alla componente ironica e catartica della frustrazione. Se un film viene dipinto come “il peggiore mai visto”, molti lo considerano una sorta di “esperienza da vivere” per potersi poi vantare di aver partecipato a quella che potrebbe essere descritta come una “delusione di massa”. Le proiezioni si trasformano in eventi sociali dove, per divertirsi, bisogna trovare difetti evidenti, inconsistenze nella trama, dialoghi assurdi o effetti speciali da basso budget. Questa dinamica spinge le persone a recarsi al cinema con un atteggiamento già critico, ma divertito, pronti a ridere e commentare quanto il film possa essere assurdo.
È interessante notare che il buzz negativo, in fondo, diventa una pubblicità gratuita. Ogni articolo che demolisce il film, ogni meme che circola sui social, ogni commento sarcastico alimenta la curiosità e crea una sorta di “fenomeno virale” intorno al film. La visibilità è garantita, e la curiosità cresce, spingendo il pubblico a vedere il film nonostante le recensioni negative, magari solo per poter fare parte della conversazione collettiva. Il fenomeno è simile a quello dei cosiddetti “cult movie”, quei film che, nonostante un iniziale fallimento al botteghino, riescono a trovare una nuova vita grazie al passaparola e alla loro crescente reputazione come “film da vedere per il divertimento involontario”.
Molti spettatori si trovano, infine, intrappolati nell’effetto “Fear Of Missing Out” (FOMO), ovvero la paura di essere esclusi da una discussione che sta occupando tutti i social e le conversazioni. La curiosità diventa insostenibile: “Perché tutti parlano di questo film?” è la domanda che si pongono in tanti. Il bisogno di partecipare, anche solo per poter sminuire e criticare ciò che altri celebrano, diventa un motore forte per il successo di un film che altrimenti sarebbe passato inosservato.
L’ immagine di un film viene costruita tanto dalla critica quanto dalla partecipazione attiva del pubblico, ed allora il cinema può sorprendere con risultati inaspettati. Un film che viene etichettato come “pessimo” può diventare un successo al botteghino grazie alla potenza dei social media e alla cultura del commento. Le critiche, lontane dall’essere un ostacolo, si trasformano in una formidabile campagna pubblicitaria, portando il pubblico al cinema con un obiettivo preciso: assistere all’evento di massa, per poi essere parte di quella conversazione che inevitabilmente segnerà il destino del film. E così, tra risate e disapprovazione, il film, da oggetto di critica, diventa un fenomeno di culto.
