Dietro la stretta della Lega la reazione a un decennio di “deriva woke” entrata silenziosamente nelle aule

NO educazione sessuale ai bambini

Dietro la stretta della Lega la reazione a un decennio di “deriva woke” entrata silenziosamente nelle aule

È diventato ufficiale: la commissione cultura della Camera ha approvato l’emendamento della Lega che vieta l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole medie. La decisione è arrivata a metà ottobre, durante l’esame del disegno di legge Valditara-Sasso sul consenso informato, e introduce una novità che divide.

L’emendamento, a prima firma di Giorgia Latini, stabilisce che “nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado non possono essere svolte attività didattiche o progettuali in materia di educazione sessuale o affettiva”. Alle superiori, invece, sarà possibile solo con il consenso scritto dei genitori, che dovranno poter visionare materiali, contenuti e profili dei relatori.

La Lega ha spiegato la scelta come una misura di “buon senso” per restituire alle famiglie la facoltà di decidere. Il partito vede nelle lezioni sull’identità di genere e nella sessualità precoce una forma di indottrinamento introdotto “a loro insaputa”. Le opposizioni parlano invece di oscurantismo, di ritorno al Medioevo, di arretramento culturale. Ma la verità, come spesso accade, sta nel modo in cui si è arrivati fin qui.

Perché l’emendamento non è nato dal nulla: è la risposta a un lungo periodo in cui dentro le scuole italiane, e non solo, sono entrati progetti, manuali, formatori, spesso inviati da enti privati o associazioni “per la parità di genere”, che hanno proposto ai ragazzi percorsi educativi in materia sessuale e identitaria senza che vi fosse un chiaro mandato parlamentare o una cornice nazionale condivisa.

Molte di queste iniziative sono passate sotto forma di “laboratori di cittadinanza”, “incontri di prevenzione”, “sportelli di ascolto”. Un lessico neutro che nascondeva contenuti ideologici precisi: il superamento del concetto biologico di sesso, la sostituzione dei pronomi, la presentazione dell’identità come scelta reversibile. Tutto questo, in diversi casi, avveniva senza la presenza dei genitori, e senza che fossero informati su ciò che i figli ascoltavano in classe.

La logica di fondo era quella della “privacy del minore”: una formula che in alcune scuole anglosassoni è diventata prassi. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, diversi istituti adottano oggi regolamenti che impediscono agli insegnanti di informare i genitori nel caso in cui uno studente manifesti un’identità di genere differente da quella di nascita. L’intento, dichiarato, è proteggere il ragazzo da eventuali discriminazioni domestiche; ma il risultato pratico è la cancellazione dell’autorità familiare.

Dal caso inglese delle cliniche per bambini “gender fluid” ai costumi arcobaleno per minori: così l’ideologia è arrivata al commercio

Secondo un’inchiesta di Reuters, molte scuole americane prevedono che la “transizione sociale” di un minore non debba essere comunicata ai genitori se l’alunno non lo desidera (reuters.com). Il principio di autodeterminazione viene esteso fino all’adolescenza precoce, dove però l’autonomia è ancora in costruzione. È una visione radicale, nata nel mondo anglosassone, che ha iniziato a filtrare nei programmi educativi e nei corsi per docenti anche in Europa continentale.

Il caso più emblematico è quello della clinica londinese Tavistock, chiusa dopo anni di scandali e indagini. Il suo Gender Identity Development Service (GIDS) è stato accusato di aver trattato migliaia di minori con puberty blockers e ormoni cross-sex senza adeguate verifiche psicologiche. La “cass review”, commissionata dal sistema sanitario britannico (NHS England), ha concluso che la base scientifica per tali interventi è “debole” e ha raccomandato di sospendere le terapie se non all’interno di protocolli sperimentali rigorosi.

La vicenda ha scosso il Regno Unito: per anni cliniche private avevano potuto operare con adolescenti anche di 13-14 anni, sostenendo un approccio “affirmative”, cioè di conferma immediata del disagio di genere, senza una diagnosi strutturata. Solo dopo le prime cause giudiziarie, come quella di Keira Bell, una ragazza che aveva iniziato la transizione a 15 anni e poi si è pentita, il governo ha imposto la chiusura del servizio e vietato i farmaci bloccanti prima dei 16 anni (theguardian.com).

Nel frattempo, un’altra linea di frontiera si è aperta nel mercato. L’ideologia, come sempre, trova presto il modo di diventare prodotto. Alcuni marchi anglosassoni hanno iniziato a vendere abbigliamento “gender inclusive” per bambini: slip e costumi “tuck-friendly”, pensati per appiattire i genitali, o capi “binding” per comprimere il torace di adolescenti biologicamente femmine.

Tra i casi documentati c’è un marchio, che non citeremo, che propone “Flattening Underwear Rainbow per Kids”, biancheria intima per bambini (evidentemente rivolti a madri di figli maschi che avrebbero preferito una femmina) con pannellature interne per nascondere le forme. Negli Stati Uniti, la catena è finita al centro di una polemica, con la conseguente reazione di genitori e investitori. Da segnalare che nonostante l’impegno di Donald Trump nell’arginare la deriva DEI (diversity equity and inclusion) il sito risulta ancora attivo.

In apparenza si tratta solo di marketing, ma dietro quella superficie colorata si intravede una mutazione culturale profonda. La sessualità non è più trattata come dimensione della crescita, ma come categoria ideologica, un campo di battaglia tra chi vuole normalizzare ogni variabile identitaria e chi difende il senso della realtà biologica.

È in questo contesto internazionale che la Lega ha deciso di intervenire in Italia. L’emendamento non è una legge morale, ma un atto politico. Mira a riportare trasparenza e controllo democratico in un ambito che, per anni, è stato colonizzato da attori esterni. Non è una censura, ma una moratoria: stop ai progetti non autorizzati, sì all’informazione e al consenso dei genitori.

Chi la definisce una crociata contro il “progresso” ignora che in Gran Bretagna, culla del liberalismo, è stato proprio uno Stato progressista a dover chiudere le cliniche che trattavano bambini come cavie di laboratorio. E che negli Stati Uniti le politiche scolastiche di “non disclosure” sono ormai oggetto di cause civili da parte di famiglie che rivendicano il diritto di sapere.

Non si tratta di proibire la conoscenza, ma di restituire il controllo pubblico su un sapere che negli ultimi anni è diventato privatissimo e opaco.

Ogni società attraversa le proprie follie morali. Quella contemporanea ha deciso di spostarle sul corpo dei più piccoli, trasformandoli nel terreno di scontro tra ideologia e biologia. Il compito della politica, se ha ancora un senso, è impedire che l’infanzia diventi la nuova frontiera del marketing identitario.

L’emendamento della Lega, al netto delle polemiche, è un segnale in questa direzione. Non chiude il dialogo, ma lo riapre dove era stato soffocato: dentro il Parlamento, e non nei corridoi di qualche ONG o nei laboratori di un’associazione di provincia. La libertà educativa non è un dogma clericale, è la condizione minima perché la famiglia resti un luogo di responsabilità condivisa, non un ostacolo da aggirare.

E forse la politica, per una volta, ha fatto il suo mestiere.

Fonti

  • The Guardian – “Why the Tavistock gender identity clinic was forced to shut” https://www.theguardian.com/society/2024/mar/31/why-the-tavistock-gender-identity-clinic-was-forced-to-shut-and-what-happens-next
  • The Guardian – “Children to stop getting puberty blockers at gender identity clinics, says NHS England” https://www.theguardian.com/society/2024/mar/12/children-to-stop-getting-puberty-blockers-at-gender-identity-clinics-says-nhs-england
  • BMJ (British Medical Journal) – “Puberty blockers: Former Tavistock clinicians say they were pressured to refer patients” https://www.bmj.com/content/388/bmj.r504
  • NHS England – “Children and young people’s gender services: implementing the Cass Review recommendations” https://www.england.nhs.uk/long-read/children-and-young-peoples-gender-services-implementing-the-cass-review-recommendations
  • The Guardian – “NHS to close Tavistock gender identity clinic for children” https://www.theguardian.com/society/2022/jul/28/nhs-closing-down-london-gender-identity-clinic-for-children
  • Society for Evidence-based Gender Medicine (SEGM) – “UK shuts down world’s biggest gender clinic for kids” https://segm.org/UK_shuts-down-worlds-biggest-gender-clinic-for-kids
  • The Guardian – “Review of NHS gender services for children has major implications for mental health services” https://www.theguardian.com/society/2024/apr/10/review-of-nhs-gender-services-for-children-has-major-implications-for-mental-health-services
  • NHS England – “NHS England’s response to the final report of the independent review of gender identity services for children and young people” https://www.england.nhs.uk/long-read/nhs-englands-response-to-the-final-report-of-the-independent-review-of-gender-identity-services-for-children-and-young-people
  • CBS News – “U.K. indefinitely bans puberty blockers for people under 18” https://www.cbsnews.com/news/uk-ban-puberty-blockers-transgender-young-people

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