A Pagani, nel cuore della Campania, la giornata del 13 dicembre, dedicata a Santa Lucia, patrona della vista, non è solo una commemorazione religiosa. È il momento in cui si risveglia un’antica tradizione che incendia la notte: la Fucaria.
Questa pratica è un esempio straordinario di come un rito collettivo, magico e ancestrale, sia riuscito a preservarsi non in contrasto, ma in profonda osmosi antropologica con i festeggiamenti per la Santa cristiana.
L’Antico Scontro tra Luce e Oscurità
La Fucaria, con l’accensione del suo fuoco monumentale, è il simbolo per eccellenza della lotta eterna tra la luce e l’oscurità.
La festa cade nel giorno che, nel vecchio calendario giuliano, era considerato il più corto dell’anno, segnando il momento in cui la notte raggiunge la sua massima estensione prima di cedere il passo al solstizio e al trionfo del sole.
Le radici del falò affondano in culti agrari e solstiziali pre-cristiani, tipici del mondo contadino. Il fuoco, purificatore e propiziatorio, aveva l’antico compito di scacciare gli spiriti maligni dell’inverno e di infondere nuova forza vitale alla terra e, di conseguenza, alla comunità che da essa dipendeva.
L’elemento della brace e della cenere è cruciale. Non è solo un residuo, ma la memoria di un calore che resiste, un sapere antico, un’identità culturale che si è conservata “sotto la cenere” per secoli, pronta a riaccendersi ogni 13 dicembre.
Intorno al fuoco, l’atmosfera trascende la semplice preghiera. La Fucaria è una vera e propria festa popolare che scandisce il tempo al ritmo incessante delle tamorre e di altre percussioni.
La musica, il canto e la danza rituale, spesso espressione della tammurriata, non sono un mero contorno folkloristico. Sono l’espressione diretta di quel rito collettivo che unisce indissolubilmente sacro e profano. È in questo scenario che il popolo di Pagani si riappropria delle sue radici più terrene, celebrando l’unione tra la spiritualità della Santa e l’ancestrale legame con la Terra.
L’aspetto conviviale è fondamentale quanto quello spirituale. Tradizionalmente, la brace del falò non è solo un elemento purificatore, ma anche pratico: serve per cuocere le vivande.
I “cuzzetielli” (pezzi di pane) intinti in sughi e pietanze preparate in comune, o le patate cotte direttamente sotto la cenere, diventano il pasto sacro della comunità. Mangiare insieme, condividendo sapori antichi intorno al calore del fuoco, sigilla l’appartenenza e la continuità di questo “mondo intero” che si è preservato nel tempo.
La Fucaria di Pagani non è una rievocazione storica, ma una vera e propria resistenza culturale. È la dimostrazione potente di come la fede in Santa Lucia e l’eco dei riti pagani si siano fusi in una pratica che, di anno in anno, continua a trasmettere un’identità forte, fatta di terra, fuoco, musica e un senso di comunità indissolubile.

