Kiev, la Capitale ucraina, è da giorni ostaggio di una terribile attesa.
Si sa che metà della sua popolazione, circa 2 milioni di abitanti, ha abbandonato il centro urbano e ci si aspetta da un momento all’altro un attacco massiccio da parte dell’esercito russo.
E’ di ieri la notizia della morte del giornalista americano Brent Renaud, ucciso presso un check-point ad Irvin, un sobborgo della Capitale ucraina. Le truppe russe di terra, infatti, sono ormai alle porte “Prenderemo Kiev!” ha minacciato in un video il Presidente Ceceno. L’aeroporto internazionale Antonov di Hostomel, a 40 kilometri dalla Capitale, è finito nelle mani dell’esercito di Mosca. Anche i civili sono bersagli nella guerra fra Russia ed Ucraina. Il portavoce dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU (Ohchr) ha fatto sapere di aver ricevuto “Relazioni credibili, nelle quali si attesta l’uso di bombe a grappolo da parte delle forze russe in diverse occasioni, anche nelle aree abitate”. A corroborare questo report ci sono le testimonianze di molti giornalisti e le devastazioni subite dalle zone residenziali delle principali città ucraine mettono comunque in evidenza il feroce attacco alle popolazioni civili. La guerra si sta avvicinando alla frontiera con la NATO: ieri ha causato 35 morti l’attacco alla base militare di Yavoriv, al confine con la Polonia. Dal punto di vista strategico, è di vitale importanza per le truppe russe la città di Mariupol, che, sottoposta ad un feroce assedio, conta già più di 1500 morti civili dall’inizio del conflitto (la stima è delle autorità locali).
La caduta della città garantirebbe ai russi l’accesso al mare di Azov per le Repubbliche secessioniste del Donbass. Intanto nella città, con mezzo milione di abitanti, non c’è gas né elettricità e le comunicazioni sono interrotte. Ugualmente strategiche sono le città di Odessa e Kherson, per la loro posizione sul Mar Nero. E proprio Kherson, già conquistata dalle truppe russe, è al centro di notizie che la danno come obiettivo di un tentativo di annessione tramite un Referendum, allo scopo di creare una nuova “Repubblica Popolare” simile a quelle create nel 2014 e 2015 nella regione del Donbass. A Kherson attivisti e giornalisti vengono cercati casa per casa e gli oppositori catturati.
Il Presidente ucraino Zelensky esorta l’Europa ad agire più rapidamente e con forza nell’imporre sanzioni a Mosca e dichiara: “I russi possono prendere Kiev solo se la radono al suolo” ed aggiunge: “Stanno entrando a Kiev, ma io e la mia famiglia restiamo qui. Il destino del Paese dipende dai nostri soldati e dal nostro popolo”. Lo scenario, in realtà, si complica sempre di più. In Ucraina, Paese indipendente dal 1991, ora affluiscono i “foreign fighters“, che combattevano in Siria al soldo dei russi. Anche dall’Europa sono arrivati volontari a sostegno della causa ucraina. Uno sviluppo che sembra preludere ad un allungamento e ad una “balcanizzazione” della guerra. Altro elemento di grande importanza nello scenario geopolitico è il massiccio esodo di profughi verso i paesi UE. Le opinioni pubbliche europee, ora orientate verso l’accoglienza dei profughi, sull’onda emotiva suscitata dalla guerra, resisteranno all’urto di milioni di persone in uscita dall’Ucraina? L’uso politico dei profughi costituisce uno strumento di pressione sull’UE e reca con se un pericolo per l’unità dell’Unione Europea. Del resto, a Putin l’esodo fa comodo: è probabile che chi esce non voglia convivere con il nuovo ordine imperiale di Mosca.
E se gli altri che rimangono, per necessità di cose, si assoggetteranno, cosa farà l’Europa? Gli Oligarchi riprenderanno felicemente a navigare nel Mediterraneo?
Giulia Cortese