Le recenti dichiarazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno innescato un acceso dibattito internazionale. Durante il discorso all’Università di Marsiglia dello scorso 5 febbraio, Mattarella ha paragonato l’aggressione russa in Ucraina alle strategie espansionistiche della Germania nazista. Questa analogia ha suscitato una forte reazione da parte di Mosca. La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito le parole di Mattarella “invenzioni blasfeme”, esprimendo sorpresa per tali affermazioni provenienti dal Presidente di un Paese che ha vissuto in prima persona il fascismo. In Italia, le reazioni politiche sono state necessariamente immediate e trasversali. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dichiarato che gli insulti rivolti a Mattarella offendono l’intera nazione italiana, esprimendo piena solidarietà al capo dello Stato. Anche il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha definito le dichiarazioni russe “inopportune e fuori luogo”, rinnovando la sua stima e vicinanza a Mattarella. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha espresso solidarietà al Presidente, sottolineando come la comunità democratica si riconosca pienamente nelle sue parole e azioni. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha condannato le parole offensive giunte da Mosca, rinnovando la piena fiducia nell’operato di Mattarella. Nel frattempo, si sono registrati attacchi informatici ai sistemi di trasporto e a diverse banche italiane da parte del gruppo pro-Russia “NoName57“. Questa serie di eventi evidenzia le tensioni diplomatiche tra Italia e Russia.
Sergio Mattarella non è uomo di dichiarazioni avventate. Il Presidente della Repubblica ha un profilo istituzionale rigoroso, uno stile sobrio, una cautela diplomatica affinata in anni di incarichi politici e istituzionali. Eppure, da Aix-Marseille, nel ricevere una laurea honoris causa, ha usato parole che non lasciano spazio a interpretazioni sfumate: il parallelismo tra l’aggressione russa in Ucraina e la strategia espansionistica della Germania nazista. Non un accostamento retorico, non un’iperbole da comizio, ma un chiaro richiamo storico. Le reazioni non si sono fatte attendere. Il Cremlino ha definito le parole del Presidente “blasfeme invenzioni”, la portavoce Zakharova ha persino ricordato a Mattarella “da che parte stava l’Italia” durante la Seconda guerra mondiale. Un attacco, quello di Mosca, che non è solo diplomatico, ma culturale, e che risponde con un riflesso tipico dei regimi autoritari: spostare il discorso dalla sostanza al passato, come se la storia fosse una carta da giocare a piacimento. Dall’Italia, invece, Giorgia Meloni ha risposto con fermezza, difendendo il Presidente e ribadendo che nessuno può permettersi di offendere la Nazione.
Il tempismo è una variabile decisiva nella strategia politica. La storia insegna che il conflitto non è solo una questione di eserciti, ma di dichiarazioni e movimenti anticipatori. Il discorso di Mattarella si inserisce perfettamente in questa logica. L’Europa è nel mezzo di un passaggio delicato: i negoziati per un cessate il fuoco, la pressione americana per una soluzione diplomatica, il rischio che un compromesso troppo sbilanciato favorisca la Russia, consegnandole un bottino di guerra sotto forma di territori strappati con la forza. Paragonare Putin a Hitler non è solo un giudizio morale, ma potrebbe essere una strategia per vincolare il campo occidentale. Se la Russia è il Terzo Reich, allora non può esserci un compromesso, non può esserci una Monaco 1938, non può esserci alcuna legittimazione delle conquiste ottenute con la forza. In tal caso, sarebbe una mossa volta a indirizzare l’azione di chi, in Europa e in America, potrebbe essere tentato da una pace rapida e conveniente.
Sul piano nazionale, il discorso ha avuto un effetto immediato: ha blindato la posizione italiana sulla linea atlantista, rendendo difficile per il governo qualsiasi tentativo di smarcarsi su posizioni più dialoganti con la Russia. Con una tale presa di posizione, la politica italiana si ritrova vincolata a una linea di intransigenza, con conseguenze che potrebbero riflettersi nelle relazioni economiche e diplomatiche. Un’apertura a Mosca da parte di Roma sarebbe ora un passo rischioso sul piano politico e mediatico, con costi difficilmente sostenibili. A livello internazionale, il messaggio di Mattarella contribuisce a rafforzare la compattezza dell’Unione Europea e della NATO. Se il paragone con la Germania nazista viene accettato nel discorso politico, ogni ipotesi di trattativa con Putin diventa politicamente tossica per i leader occidentali. Questo potrebbe mettere in difficoltà soprattutto i governi che, per ragioni economiche o strategiche, erano più inclini a valutare soluzioni di compromesso. La Germania e la Francia, ad esempio, potrebbero trovarsi costrette a irrigidire la loro posizione sotto la pressione dell’opinione pubblica, che difficilmente accetterebbe un accordo con un regime paragonato esplicitamente a quello nazista. Per gli Stati Uniti, il discorso si inserisce in un dibattito già acceso sulle prospettive della guerra. L’amministrazione Biden, impegnata nel sostegno all’Ucraina, potrebbe trovare utile questa narrazione per consolidare l’impegno occidentale, mentre la prospettiva di una nuova amministrazione Trump rende ancora più delicato il quadro delle alleanze. Se Washington dovesse ridurre il proprio impegno, l’Europa si ritroverebbe in una posizione più esposta, costretta a un ruolo di leadership che finora ha cercato di evitare.
E se Mattarella avesse evocato la storia proprio per influenzare le mosse degli alleati e blindare la posizione dell’Italia e dell’Europa? La sua sarebbe una dichiarazione preventiva, fatta per impedire che si crei un fronte negoziale debole e per rafforzare la coesione dell’Occidente. Il discorso di Mattarella potrebbe essere un’abile mossa diplomatica, un colpo assestato prima ancora che la battaglia dei negoziati abbia inizio. Non sappiamo se la storia gli darà ragione, ma di certo ha scelto un momento strategico per intervenire, con effetti che si propagheranno ben oltre i confini della sua presidenza.
