Dakos” è un romanzo familiare, ambientato sull’isola di Creta, tra gli anni ’40 e gli anni ’80.
Nel libro sono raccontate tre generazioni – incarnate dal vecchio Kissamou, dalle sue figlie trentenni e dal nipote adolescente – alle prese con un segreto risalente alla Seconda Guerra Mondiale, che ha condizionato le sorti dell’intera famiglia. Un racconto corale, in cui si intrecciano più voci, quale messaggio volevi portare?
In realtà, nel momento in cui ho scritto “Dakos”, il mio obiettivo principale era un altro. Desideravo accompagnare il lettore in un viaggio di esplorazione delle relazioni e delle reazioni umane. Al centro della storia, ho posizionato una sorta di cold case, attorno al quale ruota l’intera vicenda. Tutti i personaggi sono costretti a fare i conti con questo avvenimento ma di fatto, pur muovendo dallo stesso punto, prendono scelte molto differenti. Ce n’è una più giusta delle altre? Il lettore può decidere se parteggiare per Ester o per Antea, per Andros o per Thomas ma, forse, se c’è un messaggio, è proprio quello di non giudicare le scelte degli altri, perché non sai mai cosa nascondono.
Hai citato i personaggi principali, ovvero la famiglia Kissamou. Ma nel romanzo, oltre a questi protagonisti “in carne e ossa”, ci sono anche presenze più sfuggenti. Ce ne vuoi parlare?
Scrivere di questi personaggi “particolari” è stata la parte più divertente della stesura. Si tratta di figure dai contorni non ben definiti – creature a metà strada tra l’umano, il naturale e il divino – in parte ispirate alla mitologia classica (ma non solo). Mi piace molto viaggiare e questi elementi di realismo magico sono ispirati a luoghi visitati e persone incontrate lungo il cammino, trasformate grazie al potere della scrittura.
A proposito di questo, nel romanzo, è proprio grazie alla scrittura se il segreto del vecchio Kissamou comincia a venire a galla…
Lo hanno già detto e continueranno a dirlo persone più importanti di me: la scrittura è terapeutica. Anche la lettura può avere lo stesso effetto. Potremmo dire che sono le parole, in generale, ad avere questo potenziale (e qui torna ancora il tema del “magico”). Ed è sempre la cultura classica a insegnarci che medicina e veleno traggono origine dalle stesse radici. In questo libro, in effetti, entrambe le cose – tanto le parole quanto le radici – rivestono un ruolo fondamentale. Ad un certo punto, all’inizio del libro, il vecchio Kissamou decide di sfogarsi, mettendo nero su bianco alcune riflessioni che mai riuscirebbe a ripetere ad alta voce, non immagina che quel foglio possa finire nelle mani delle figlie…
Stai parlando di Antea e Ester, sorelle “venute su fianco a fianco, sorrette da spinte uguali e contrarie, come gli elementi di un tempio dorico”. Gemelle che più diverse non potevi descriverne. A chi ti sei ispirata per questa strana coppia?
Inizialmente pensavo di aver tratto ispirazione da alcune amiche – che saluto! – e, in effetti, le loro litigate sono un po’ ispirate alla realtà ma, a ben vedere, credo che Estere e Antea rappresentino due facce della stessa medaglia, che poi corrispondono a due tratti del mio carattere, spesso in conflitto tra loro, come due sorelle. Di fronte alle difficoltà, Ester tende a fuggire mentre Antea rimane bloccata. Nel romanzo, a volte prevale una gemella, a volte l’altra ma solamente quando lavorano insieme riescono a trovare la giusta via. Il problema è che, tendenzialmente, proprio non ne vogliono sapere di andare d’accordo! Allo stesso modo, il giovane Thomas è l’alterego del vecchio Kissamou. Nel libro, ogni personaggio ha bisogno di confrontarsi con il suo specchio per arrivare alla vera comprensione di sé.
Mi dicevi che questo concetto ritorna anche nel tuo prossimo libro. Vuoi darci qualche anticipazione sul futuro?
Al momento sto lavorando su due progetti. Il primo è la nuova edizione del mio romanzo d’esordio, “La Signora Thomson”. Sono passati parecchi anni dalla sua uscita e, pur continuando ad amare quella storia, non mi rivedo più in alcune scelte narrative e stilistiche. Così l’ho riscritto e ampliato e non vedo l’ora di riconsegnarlo ai lettori. Mentre il nuovo personaggio di cui ti accennavo è una giovane di nome Elis, una ragazza cresciuta senza una vera famiglia (mi sa che dopo i Kissamou avevo bisogno di prendere un po’ d’aria!) e senza fiducia in se stessa, che ha bisogno di un aiuto esterno per “vedersi” con i giusti occhi. Nella storia, questo nuovo sguardo passa attraverso una macchina fotografica.