Endometriosi, intestino e pelle sono quindi profondamente collegati da un linguaggio comune ossia l’infiammazione.
Ignorare questo dialogo significa frammentare il corpo della donna in compartimenti, perdendo l’occasione di intervenire davvero in profondità. L’endometriosi viene spesso raccontata solo come una malattia ginecologica, relegata all’ambito della fertilità o del dolore pelvico. In realtà non è proprio così e ce lo spiega la Dottoressa Sara Valente, biologa nutrizionista, autrice di “Nutriestetica”, Edizioni Lswr.
Dottoressa Valente, l’endometriosi non è solo una malattia ginecologica, è proprio così?
In realtà, è una patologia sistemica, infiammatoria estrogeno-dipendente, che coinvolge immunità, ormoni, microbiota e anche la pelle. Le lesioni endometriosiche non sono statiche producono mediatori infiammatori (come IL-6, IL-17, TNF-α) che agiscono a livello sistemico. Chi lavora in ottica integrata sa bene che l’organismo parla attraverso connessioni profonde e che la pelle è spesso uno dei primi organi a mostrare i segni di uno squilibrio interno.
Chi soffre di endometriosi ha problematiche cutanee ricorrenti?
Molte pazienti con endometriosi riferiscono problematiche cutanee ricorrenti come acne infiammatoria, eczema, orticaria, dermatiti, prurito, sensibilità. La letteratura scientifica conferma un’incidenza maggiore di condizioni come psoriasi, orticaria cronica e alopecia areata in donne affette da endometriosi. In alcuni casi, si osserva addirittura una forma rara ma riconosciuta: l’endometriosi cutanea, dove focolai ectopici si impiantano nel derma.
Che legame esiste tra microbiota ed endometriosi?
Medicina e nutrizione funzionale considerano l’intestino come fulcro della regolazione infiammatoria e ormonale. È qui che si gioca una buona parte della regolazione infiammatoria, ormonale e immunitaria. Le donne con endometriosi presentano spesso disbiosi intestinale, caratterizzata da ridotta diversità batterica, alterato rapporto Firmicutes/Bacteroidetes e un microbiota proinfiammatorio e fermentativo. Questo squilibrio altera la barriera intestinale, favorisce la permeabilità (leaky gut) e permette il passaggio di endotossine (LPS) nel sangue, che attivano i mastociti, alimentano l’infiammazione sistemica e creano predisposizione anche a patologie autoimmuni, come la comunità scientifica sta affermando in questo periodo.
In questo contesto, si inserisce un protagonista intestinale poco conosciuto ma fondamentale: l’estroboloma.

Che cos’è l’estroboloma?
L’estroboloma è l’insieme dei microrganismi intestinali in grado di metabolizzare gli estrogeni. Quando questo ecosistema è alterato, si può verificare un aumento del riassorbimento di estrogeni attraverso la β-glucuronidasi batterica, che decongiuga gli ormoni eliminati dal fegato e ne permette il rientro in circolo. Il risultato è un iperestrogenismo relativo, condizione che favorisce la proliferazione delle lesioni endometriosiche, ma che può influenzare anche l’equilibrio cutaneo.
Come e in che misura una disbiosi intestinale può scaturire una disbiosi cutanea?
Una disbiosi intestinale può riflettersi in una disbiosi cutanea, alterando la produzione di sebo, la barriera lipidica, la reattività agli allergeni ambientali e la risposta infiammatoria locale.
In presenza di un’estrogeno-dominanza, possono compare acne ormonale, pelle impura nella zona mandibolare, ritenzione idrica, dermatiti, o altre condizioni dermatologiche come psoriasi e orticaria cronica. Proprio in relazione a questo, un altro elemento chiave nella relazione tra intestino, pelle e endometriosi è l’istamina, una molecola infiammatoria rilasciata dai mastociti in risposta a vari stimoli (tra cui alimenti, stress e disbiosi).
Come si può intervenire?
Il trattamento non è mai solo farmacologico, né solo topico, né soltanto nutrizionale, ma integrato. Importante è seguire un’alimentazione antinfiammatoria e a basso contenuto di istamina, priva di alimenti ad alta densità estrogenica e istamino-liberatori a seconda della condizione clinica, quindi personalizzata conisgliato è il ripristino della barriera intestinale e la diversificazione del microbiota con strategie mirate. Fondamentale è seguire uno stile di vita che tenga conto del carico tossico dell’esposoma, dello stress cronico e dei ritmi circadiani, fattori che incidono anche sulla produzione di istamina endogena, così come sull’equilibrio ormonale.
La pelle può diventare uno strumento diagnostico?
La pelle non mente. È spesso il primo organo a esprimere un disequilibrio interno. Riconoscerla come strumento diagnostico e terapeutico è uno dei pilastri per restituire alla donna un corpo in equilibrio, visibile fuori e, soprattutto, percepibile dentro.