Il mercato globale del caffè si trova di fronte a una tempesta perfetta. Un mix di prezzi volatili, nuovi e stringenti regolamenti, fragilità nelle catene del valore e una crisi climatica sempre più incombente minaccia di trasformare in maniera irreversibile la produzione e la commercializzazione di una delle commodity più amate e consumate al mondo.
Nel febbraio del 2025, i prezzi dei futures dell’arabica, la varietà di caffè più richiesta, hanno toccato un picco storico di $4,40 a libbra. Questo ha portato a un aumento di oltre il 300% in meno di due anni. Sebbene ci sia stata una decrescita significativa negli ultimi mesi, i prezzi si mantengono ancora intorno ai $3,00, più del doppio rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Questa impennata ha certamente rallegrato alcuni produttori e gli speculatori che hanno puntato nella direzione giusta. Tuttavia, rappresenta un serio problema per le aziende di caffè, le ONG che si occupano di certificazioni di sostenibilità come Fairtrade e Rainforest Alliance, e per altri attori del settore. Soprattutto, è un chiaro segnale di una situazione complessa che richiede un’azione urgente.
Il picco di prezzi di febbraio, pur essendo legato a eventi specifici, è il culmine di anni di crescita più o meno costante. Questa crescita è stata alimentata da una combinazione di fattori globali e locali. L’evento scatenante è stato un mix di siccità in Brasile, il maggiore produttore mondiale, e di siccità e piogge torrenziali in Vietnam e Indonesia, rispettivamente il secondo e il quarto produttore.
Costi crescenti e sfide della filiera
Il settore del caffè sta affrontando un incremento generalizzato dei costi e crescenti difficoltà operative. L’aumento globale dei costi energetici ha colpito duramente il trasporto della commodity. Questo è particolarmente rilevante data la concentrazione della produzione nella fascia tropicale e il consumo a livello mondiale.
A livello locale, si sono aggiunti gli effetti dell’aumento dei costi dell’elettricità in Brasile, direttamente correlati alla minore produzione idroelettrica dovuta alla siccità.
Altrettanto significativo è stato l’incremento del costo di fertilizzanti e pesticidi, principalmente a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. Tra settembre 2022 e settembre 2023, il costo del carbonato di potassio, un componente fondamentale per i fertilizzanti, è aumentato del 149%.
Non meno importante è il costo del lavoro, che per i produttori di caffè incide tra il 40% e il 60% del totale. In molti paesi, questo costo è in costante aumento. Regioni con una storia di produzione di caffè come Veracruz e Chiapas in Messico stanno affrontando da anni una carenza di lavoratori, dovuta a uno scarso ricambio generazionale e all’abbandono rurale. Questi fenomeni sono a loro volta causati dalla scarsa attrattività economica della coltivazione del caffè. Difatti, per anni, il prezzo è rimasto al di sotto del dollaro alla libbra, un valore che molti considerano di poco superiore al costo di produzione.
A rendere il lavoro del coltivatore di caffè sempre meno interessante si aggiungono gli effetti della crisi climatica. La pianta di caffè ha bisogno di condizioni specifiche di temperatura e umidità per prosperare. Tuttavia, queste condizioni stanno rapidamente scomparendo. Si stima che entro il 2050, i terreni adatti alla coltivazione di caffè potrebbero ridursi del 50% a causa del cambiamento climatico, con un impatto particolarmente severo sulla varietà arabica. Questo dato non include l’aumento di malattie e funghi, come la devastante ruggine del caffè, e altri impatti indiretti della crisi climatica.
La “goccia che farà traboccare la tazzina” potrebbe essere il nuovo Regolamento europeo contro la Deforestazione (EUDR). Questo regolamento rivoluzionario impone il tracciamento di sette commodity chiave, incluso il caffè, per dimostrare che la loro produzione non ha causato deforestazione.
Per la prima volta, si affronta la causa reale del disboscamento, ovvero l’agricoltura. Tuttavia, solo il 30% del caffè è attualmente tracciato (pur essendo questo il valore più alto tra tutti i prodotti agricoli, escluso il cacao). Il costo della creazione di questi sistemi di tracciabilità potrebbe essere considerevole e, soprattutto, ricadere sui produttori, in particolare quelli piccoli e con minor potere di negoziazione. Molti di questi produttori hanno beneficiato meno dell’attuale aumento dei prezzi.
La situazione è complessa ma non irrisolvibile, e qualcosa si sta già muovendo. Nel 2024, il G7 a presidenza italiana ha promosso un forte focus sul tema del caffè. Questo tema è stato ampiamente presente anche nel comunicato di lancio dell’Apulia Food Systems Initiative nel giugno di quell’anno. Questo è stato seguito, ad ottobre, dalla creazione di un Global Coffee Sustainability and Resilience Fund. Queste iniziative stanno continuando nel 2025, ad esempio con il lancio di un’ulteriore partnership tra l’Italia e l’UNIDO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Il futuro del caffè è incerto, ma la crescente consapevolezza e le prime risposte a livello globale suggeriscono che la comunità internazionale è determinata ad affrontare queste sfide. Resta da vedere se gli sforzi attuali saranno sufficienti a garantire un futuro sostenibile per questa preziosa commodity e per le milioni di persone che dipendono dalla sua coltivazione.

