Debito alle stelle per Francia e Regno Unito: lo spettro FMI agita i mercati.

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Spread in risalita e finanze pubbliche sotto pressione. Parigi minimizza, Londra discute apertamente l’ipotesi Fondo. Ma il Wall Street Journal taglia corto: economie troppo grandi per essere salvate dall’FMI.

Il quadro: deficit alti, mercati nervosi

La musica è chiara: deficit elevati costringono Francia e Regno Unito a bussare più spesso ai mercati. E i mercati, oggi, non sono sereni. Basti guardare gli spread decennali contro BundGrecia 71 punti (tasso 3,43%), Francia 79Regno Unito 200. Tradotto: più interessi da pagare, meno risorse per welfare e crescita.
Per confronto, l’Italia è a 89 punti; e dalla stessa Parigi filtra un’ammissione cruda: “tra due settimane potremmo pagare più dell’Italia”, cioè del Paese che fino a poco fa veniva dipinto come l’anello debole dell’UE.

Le posizioni ufficiali e gli allarmi

Il ministro dell’Economia Eric Lombard prova a spegnere il fuoco: “nessuna minaccia di intervento né FMI né BCE”, ma non arriva il “rischio zero”. Dall’altra parte della Manica, il dibattito sull’eventuale ricorso al Fondo non è accademia.
Andrew Sentance (ex BoE) è netto: con la manovra in preparazione dal governo Starmer, il Regno Unito rischia una crisi stile 1976, quando James Callaghan dovette chiedere quasi 4 miliardi di sterline al FMI per tenere in piedi i conti. Sul fronte politico, Nigel Farage parla di “ritorno agli anni Settanta”, mentre la leader conservatrice Kemi Badenochevoca il copione già visto: salvataggio FMI, “inverno del malcontento”, crisi 2008 — e la promessa che “toccherà a noi” rimettere in sesto l’economia.

I numeri che contano

  • Francia (2024): deficit 5,8% del Pil; debito 3.345 miliardi €, pari al 114%.
  • Regno Unito (2024–25): deficit 5,1%debito 2.537 miliardi £ (circa 2.950 miliardi €), 96% del Pil.
  • Italia (per confronto): deficit 3,4%debito 3.070 miliardi € (134% del Pil).

A Londra il Tesoro respinge l’idea di una crisi tipo anni ’70 come “infondata”. Ma l’economista Jagjit Chadha arriva a usare la parola “collasso”. Intanto, con lo spread che corre, la spesa per interessi in UK quest’anno può salire a 128 miliardi €, contro gli 85 miliardi italiani. È ossigeno che se ne va.

Perché l’FMI non basterebbe

Qui entra in scena il Wall Street JournalFrancia e Regno Unito sono “troppo grandi” perché un intervento FMI possa davvero salvarle. Il Fondo ha capacità di prestito intorno a 1.000 miliardi $ — più che sufficiente per stabilizzare Paesi come Sri Lanka o Pakistan e, in Europa, per la Grecia, che ricevette circa 32 miliardi € su un totale di 326 miliardi in cinque anni.
Con Londra e Parigi che sommano quasi 8.000 miliardi $ di debito, la matematica è semplice: non esiste un paracadute esterno in grado di reggere quelle grandezze. Le due economie non sono banche “too big to fail”: sono grandi potenze occidentali. E quando loro scricchiolano, trema il resto.

Politica e calendario: la tempesta perfetta

Parigi rischia una nuova crisi di governo proprio mentre andrebbe varata la Finanziaria 2026Londra vede nel mirino la Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, accusata di preparare un bilancio “tax-and-spend” proprio nel momento meno adatto, con il servizio del debito già in salita. È la combinazione che i mercati detestano: incertezza politica + fabbisogno in aumento.

Cosa guardare adesso (senza giri di parole)

  • Credibilità dei piani di rientro: serve una traiettoria pluriennale su deficit e debito, verificabile e con clausole automatiche.
  • Qualità della spesa: tagli ciechi no; riallocazioni verso crescita e produttività sì.
  • Base imponibile: più lotta all’evasione e allargamento base, meno fuochi d’artificio su aliquote che spengono gli investimenti.
  • Riforme pro-crescita: mercato del lavoro, concorrenza, energia, innovazione. Con crescita +0,5%/anno in più, il debito cambia faccia.

Il punto

L’ombra del Fondo c’è, ma non è il punto: nessuno verrà a salvarle. La verità è più semplice e dura: Francia e Regno Unito devono salvarsi da sole, con piani seri che riducano il deficit senza ammazzare la crescita. Farlo subito costa meno che farlo tardi.
Messaggio chiaro per Parigi e Londra (e per tutti): i mercati non chiedono miracoli, chiedono coerenza. Chi la garantisce, si finanzia. Chi esita, paga interessi — e perde tempo.

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