Il dissenso è un valore, se non partecipato è un danno

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Il dissenso è un valore, ma l’isolamento istituzionale è un danno per la comunità
In democrazia, il dissenso non è solo un diritto, ma un ingrediente vitale.



Quando un amministratore solleva dubbi su un progetto o su una spesa che coinvolge un territorio, sta esercitando una funzione di controllo necessaria. Tuttavia, esiste un confine sottile tra la critica costruttiva e quello che potremmo definire dissenso istituzionalizzato: una posizione di chiusura a priori che rischia di trasformarsi in un danno per la collettività.

Oggi i comuni, piccoli o grandi che siano, non sono isole. La forza di un territorio risiede nella sua capacità di fare rete. I progetti territoriali legati alla cultura, al turismo o alle infrastrutture non sono semplici voci di bilancio, ma veri e propri “laboratori di comunità”.

Quando un’amministrazione decide di sfilarsi da un investimento collettivo, non sta semplicemente risparmiando risorse: sta interrompendo quel filo invisibile che unisce il destino dei propri cittadini a quello dei comuni vicini.

Per comprendere l’impatto di certe scelte, possiamo ricorrere a un’immagine semplice: quella di un cortile condiviso.

Immaginiamo che le famiglie di un palazzo decidano di autotassarsi per addobbare le finestre con delle luci, creando un’atmosfera di festa per tutti i bambini. Se un genitore si oppone per destinare quella piccola somma ad altro, la sua scelta è legittima, ma l’esito è inevitabile: i suoi figli saranno gli unici a vivere in una casa buia mentre tutto il resto del cortile brilla.

In ambito amministrativo accade lo stesso. Rinunciare a un grande investimento culturale o turistico condiviso significa escludere i propri cittadini dal ritorno di immagine, dai flussi di visitatori e dall’indotto commerciale che ne deriva. L’isolamento non è mai un risparmio, è una perdita di opportunità.

Il punto non è l’assenza di critica, ma la sua gestione. Il dissenso non può restare una questione di ufficio o una prova di forza politica; deve trasformarsi in partecipazione. Un’amministrazione lungimirante dovrebbe seguire due pilastri:

Le ragioni di un “no” devono essere pubbliche e comprensibili. Bisogna spiegare perché un investimento non è ritenuto prioritario, confrontandosi con i fatti.

Una decisione che impatta sul futuro del territorio non può essere il frutto di un isolamento solitario. La democrazia vive nel coinvolgimento della cittadinanza.

Oltre il costo: il valore della visione
Spesso ci si nasconde dietro la dicitura “spesa esosa”. Tuttavia, un buon amministratore sa che il costo di un’opera va pesato contro il suo ritorno nel lungo periodo.

Investire in cultura o in grandi eventi legati alla tradizione non è un “vizio”, ma un moltiplicatore di valore:
Attrarre persone significa dare ossigeno al commercio e alle attività del territorio.
Partecipare a progetti comuni rafforza il senso di appartenenza a una storia condivisa.

Mancare queste occasioni, specie se in modo solitario e non partecipato, è un atto di miopia politica. Il dissenso è una risorsa se serve a migliorare un progetto, ma diventa un limite invalicabile se serve solo a chiamarsi fuori dai giochi.
Un territorio che sceglie di non correre insieme agli altri è destinato a restare in ombra, proprio come quelle finestre spente in un cortile che ha scelto di illuminarsi.