Per Dario Franceschini doveva essere “il Netflix della cultura italiana”: dopo un anno è già in rosso di 7,5 milioni.
Il ministro aveva già fatto flop nel 2015, con verybello.
Se c’è una cosa che al Ministro Dario Franceschini piace fare è avventurarsi nel mondo dell’imprenditoria di Stato, che notoriamente è a basso rischio perché i soldi ce li mettono obtorto
collo i contribuenti. Nel 2015 aveva lanciato verybello.it, un sito – come si può constatare non più raggiungibile – che avrebbe dovuto rilanciare promuovere gli eventi culturali italiani nell’anno dell’Expo milanese; costato l’abnorme cifra di 39.000€, il sito fu preso a pernacchie dagli utenti sin da subito per svariate ragioni. Prima fra tutte il nome stesso, ma c’erano anche questioni più sostanziali, come l’essere un inutile duplicato di Italia.it.
Franceschini all’epoca rispose alle critiche ringraziando i detrattori su Twitter, che a suo dire avevano fatto involontariamente pubblicità al sito.
E vantandosi dei 500.000 accessi nelle prime 6 ore.
Due anni dopo verybello era morto e defunto.
IT’s ART, la “Netflix della cutlura”
Il mito dello Stato imprenditore è però assai duro a morire, da quelle parti dell’emiciclo parlamentare, e dunque Franceschini, tornato a dirigere il Ministero della Cultura sotto il governo Draghi, l’anno scorso ha pensato bene di riprovarci, oltretutto in forma e misure ingigantite.
Stavolta l’intento era, nientemento, che creare una “Netflix della cutlura italiana”, ossia una piattaforma digitale pubblica a pagamento per lo streaming di musica, teatro, danza e altre forme d’arte.
Come da prassi, è stata creata un’omonima Società per Azioni (ITsART S.p.A.) controllata al 51% dall’immancabile Cassa depositi e prestiti, che ci ha messo 7,7 milioni di euro; per la parte tecnologica è stata stretta una partnership con Chili, affermata realtà del mondo dello streaming online.
Dopo un anno di attività, il bilancio è fallimentare. I ricavi si sono fermati a 245.000€, il che porta ad un passivo di circa 7,5 milioni.
Il commento a tutto ciò? Secondo il presidente di Itsart, è un fatto fisiologico: si tratta di una startup, e le startup si sa che chiudono sempre in perdita nel primo anno di esercizio. Anche Amazon fece così!
Gli osservatori più scettici e prevenuti, tuttavia, avanzano dubbi sull’ipotesi che IT’sART possa avere lo stesso avvenire di Amazon. Principalmente perché, anche in questo caso, c’è il dettaglio che molti dei contenuti ospitati a pagamento dalla piattaforma sono reperibili gratuitamente sul sito della Rai (la quale, se non altro, nel 2021 è riuscita a non chiudere l’anno in perdita).