sabato25 Marzo 2023
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Mps-David Rossi: La relazione della Commissione, ‘indagare su questioni aperte, anche ‘festini”

La commissione Parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi invia le carte alla Procura di Siena “indagare ancora” “I...

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La commissione Parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi invia le carte alla Procura di Siena “indagare ancora”

“I risultati ottenuti sarebbero stati senz’altro più esaustivi se la legislatura non si fosse conclusa anticipatamente e la Commissione avesse potuto proseguire le proprie attività. Purtuttavia, i risultati conseguiti, tenendo conto degli spunti di riflessione” esposti “saranno eventualmente esaminati e vagliati per le determinazioni di competenza, dalla competente autorità giudiziaria”. E’ quanto si sottolinea nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi.

L’ufficio di presidenza della Commissione ha deliberato “di trasmettere la presente relazione alla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, nonché alla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova”.

La questione delle lesioni, ritenute incompatibili con la caduta dalla finestra, rilevate sul corpo di David Rossi viene affrontata nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte dell’ex manager di Mps dove vengono riportate le conclusioni della maxi perizia.

La Commissione ricorda che “il collegio estremamente qualificato ha confermato che la causa di natura medico-legale della morte di David Rossi deve essere individuata nei politraumatismi e nelle lesioni scheletrico-fratturative e viscerali, diretta conseguenza della precipitazione e dell’impatto al suolo del corpo”. I periti medici legali della Commissione hanno rilevato però che “non tutte le lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi sono riconducibili alla precipitazione e all’impatto al suolo”.

“In particolare – ricorda la Commissione – ciò vale per l’ecchimosi sottostante la superficie volare del braccio destro e per il complesso ecchimotico situato sulla faccia volare dell’avambraccio di destra”. “Sulla scorta delle affermazioni peritali, la Commissione ritiene dunque che non possa condividersi il giudizio espresso dal medico-legale professor Gabbrielli in occasione della prima indagine del 2013, in cui il cattedratico sostiene che la compatibilità delle lesioni refertate con un gesto suicidario possa definirsi come ‘piena’”, si osserva nella relazione. (segue)

“Al contempo, la Commissione intende rimarcare che non sono emersi elementi di natura medico-legale per poter ricondurre in modo certo l’origine delle lesioni al volto alla fase preparatoria della precipitazione, come invece prospettato dal tenente colonnello Zavattaro, consulente del pubblico ministero di Siena nella seconda indagine del 2016, secondo il quale tali lesioni possono essere state originate dallo sfregamento del viso di David Rossi contro il nottolino superiore della finestra da dove egli è precipitato – si osserva nella relazione – A dire il vero, posto che non vi sono neanche elementi per escludere che ciò sia realmente avvenuto, deve rappresentarsi la difficoltà di immaginare che (in mancanza dell’azione violenta di terzi, che spingano da tergo il capo di un’altra persona contro il serramento dell’infisso) un soggetto si possa involontariamente procurare una simile lesione nel mentre scavalca la sbarra di protezione ed appena prima di calarsi verso di essa, con cautela, nell’intento di utilizzarla come sostegno cui aggrapparsi con le braccia, dall’esterno”.

“Tipologia ed entità di quanto refertato sul volto di Rossi inducono peraltro a dubitare che un soggetto intenzionato a lanciarsi nel vuoto, immediatamente dopo essersi procurato ferite ed ecchimosi al volto tanto significative nel mentre ancora non si è sporto fuori dalla finestra, nonostante il dolore sofferto, ne resti totalmente insensibile, proseguendo incurante nel suo proposito di realizzare un’azione auto-soppressiva”, prosegue la Commissione.

“Va, dunque, rilevato che gli accertamenti disposti dalla Commissione hanno dato definitiva conferma che le lesività cui si è fatto cenno sopra, se da un lato non possono essere utilizzate per imputare la precipitazione all’azione violenta di terze persone, dall’altro costituiscono elemento non compatibile con la precipitazione”, conclude spiegando che quel tipo di ferite deve considerarsi preesistente alla caduta ma “successivo all’incontro avuto da Rossi” con una collega “il pomeriggio del 6 marzo 2022, alle ore 17.40 circa, la quale dopo averlo incontrato avrebbe senz’altro ricordato l’eventuale presenza di segni e ferite sul suo volto”.

Un apposito capitolo della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi è dedicato alle “questioni aperte”. “Sono emerse alcune circostanze che meritano di essere tratteggiate – si osserva nella relazione – Ancorché non riguardino aspetti che incidono direttamente sull’accertamento della morte di David Rossi e non compromettono la validità delle conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione, la valutazione di tali circostanze può rivelarsi utile per far luce su alcuni eventi che si pongono a margine della tragica vicenda di David Rossi e sui quali si ritiene necessario investigare ancora per raggiungere punti fermi e definitivi”.

“Conviene muovere dal tema dei cosiddetti festini poiché è da qui che sono scaturiti i maggiori sospetti e i maggiori punti d’ombra sull’operato dei magistrati che si sono occupati della prima indagine sulla morte di David Rossi. C’è da rilevare, innanzitutto che la strategia investigativa non ha consentito di escutere in sede penale i pubblici ministeri interessati dalle accuse e, quindi, non ha consentito loro neppure di difendersi da accuse infamanti – osserva la relazione – E questo si rileva pure nella consapevolezza che lo svolgimento di una simile attività di indagine avrebbe potuto rivelarsi infruttuosa perché un’eventuale audizione si sarebbe dovuta svolgere nel rispetto dei diritti della persona indagata e, quindi, i magistrati avrebbero potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. Tali coinvolgimenti, peraltro, non hanno trovato conferma nell’ambito dell’attività istruttoria svolta dalla Commissione”.

“Le investigazioni della autorità giudiziaria genovese hanno comunque consentito di mettere in luce alcuni elementi che dipingono un quadro rassicurante, ma non esaustivo -si precisa – Per un verso, infatti, sono senz’altro esaurienti e persuasive le motivazioni con le quali è stata illustrata la convinzione che esclude ogni interferenza tra tali attività illecite e la conduzione e l’esito delle indagini”.

“Inoltre, le indagini compiute hanno consentito di sondare l’attendibilità di alcuni dichiaranti”, osserva la relazione, “per escludere che il loro contributo possa rivelarsi utile per eventuali approfondimenti. Per altro verso, però, la statuizione conclusiva e le informazioni in possesso della Commissione impongono di battere ancora il sentiero dell’investigazione. E, infatti, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Genova, dopo aver rilevato l’estraneità dei magistrati sospettati ai festini, ha disposto la trasmissione degli atti alla procura di Siena affinché svolgesse opportuni approfondimenti sulla questione”.

Nella relazione la Commissione rileva anche “contraddizioni” emerse nel corso dell’inchiesta parlamentare. “È il caso della circostanza riferita dal pubblico ministero secondo la quale la tesi del suicidio di David Rossi sarebbe stata accreditata anche dalle risultanze delle ricerche che questi avrebbe condotto nella rete, dalle quali sarebbe emersa più volte la parola ‘suicidio’ – osserva – Le audizioni successive, infatti, hanno consentito di acclarare come tali ricerche o, comunque, l’apparizione della parola ‘suicidio’ nei dati relativi alle navigazioni in internet di David Rossi non avessero alcun legame con condotte autosoppressive”.

“Dunque, se è vero che l’intenzione di darsi la morte era già stata resa palese con altre esternazioni e condotte, al punto tale che non residuano più dubbi sul punto, non può neppure farsi a meno di stigmatizzare il cosiddetto bias di conferma che ha indotto i pubblici ministeri a non battere altre piste e a percorrere solo ed esclusivamente la tesi del suicidio – osserva la Commissione – Un atteggiamento che ha determinato l’omissione di attività di indagine che pure avrebbero permesso di far luce sin dal principio su ogni aspetto della vicenda ed evitare così il radicarsi di dubbi, perplessità e sospetti che sono stati coltivati nelle inchieste giornalistiche”. “Identiche considerazioni riguardano le molteplici incongruenze delle investigazioni compiute nella dimensione digitale”

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