Una storia gotica sulle orme di Lord Byron. Loredana Lipperini ri-scrive “Il segno del comando”

Liberamente ispirato a uno storico sceneggiato Rai, il romanzo di Loredana Lipperini è un omaggio al giallo, al noir ai racconti gotici.

Il tutto condito con uno sguardo disamorato al mondo di ieri e di oggi. E’ disponibile per Rai Libri

Viviamo nell’epoca dell’usato sicuro, in quell’epoca in cui tutto torna e in cui le cose vivono di nostalgia e di ricordi. Sia in tv, come al cinema ma anche in letteratura sono pochi gli esperimenti di questo tipo che funzionano e che trovano consensi da parte del pubblico. Alcuni regalano un’immagine sfocata, densa di sensazioni ma con poca efficacia. Altri, invece, come il romanzo di Loredana Lipperini affondano le mani nella tradizione mediale e culturale del nostro Paese e affidando al pubblico una storia carica di suggestioni (provenienti dal passato) ma che, inconsapevolmente, riflette sui problemi e i costumi della società moderna. È con questo preambolo che Loredana Lipperini tratteggia i contorni e le sfumature de “Il segno del comando”, romanzo in bilico tra noir e giallo d’autore, pubblicato con  Rai Libri nella collana Canone Inverso. La scrittrice, giornalista e conduttrice radiofonica, già conosciuta nell’ambiente letterario di oggi per diverse pubblicazioni – come Ancora dalla parte delle bambine di Feltrinelli Editori e uscito nel 2008, tanto per citare uno dei suoi tanti romanzi -, nel suo ultimo libro si avvale di una storia già scritta ma la rielabora secondo un’ottica moderna e più contemporanea, affrontando “dei e miti” di un mondo a noi vicino ma lontano.

Il segno del comando che nasce da uno storico sceneggiato Rai

Il romanzo di Loredana Lipperini, arricchito da “omaggi letterari, riferimenti storici e politici e soprattutto figure femminili, donne, libere, cartomanti, streghe del bene, che conducono a un finale del tutto nuovo” è liberamente ispirato allo sceneggiato – così si chiamavano un tempo – che fu trasmesso sulla Rai in cinque puntate nel lontano 1971. Una “vecchia fiction” che, all’epoca, fu un grande successo di pubblico con una media di ascolto pari a 14 milioni di telespettatori. Girata in bianco e nero e recuperata in home video solo negli anni 2000 ha lasciato un’impronta nell’immaginario comune. Ma il libro della Lipperini non è solo una rilettura dello storico sceneggiato. È anche un omaggio (e una critica audace) agli anni ’70, agli usi di un’epoca densa di avvenimenti storici e di cambiamenti sociali e culturali che hanno investito non solo l’Italia ma tutto il mondo.

Al centro del racconto c’è Edward Forster, professore a Cambridge, che ha dedicato la sua vita a ”studiare l’affascinante figura di Lord Byron”. Per questo motivo accetta con l’invito a recarsi in Italia per “questioni legate al poeta”. Al suo fianco c’è un pittore di nome Tagliaferri. Da Forster ha ricevuto una lettera che contiene una fotografia: “riproduce una piazza romana, descritta nei minimi dettagli in uno dei diari di Byron”. Una piazza che però, proprio secondo Forster, non esiste. Lo studioso non appena arriva a Roma si troverà coinvolto in situazioni apparentemente inspiegabili, legate a una donna enigmatica di nome Lucia, e compie una scoperta che riguarda proprio Tagliaferri. Da qui l’inizio di una lunga avventura che si districa tra le strade torbide della Capitale.

Un romanzo dalle atmosfere gotiche e noir che fa riflettere

Il segno del comando” è un libro che si legge tutto d’un fiato, che trae forza dallo storico sceneggiato – riproducendo le sue atmosfere più particolari – ma subito ne prende le distanze per raccontare una storia di ricca di suggestioni che vira dal giallo per passare al gotico e poi verso il noir senza far perdere il lettore tra le maglie della narrazione. Un romanzo unico, se così si può spiegare, in bilico tra rievocazione storica e satira sociale, pennellato da un’autrice caparbia, dal lessico essenziale ma di grande impatto. Loredana Lipperini pubblica una storia completa, di rara profondità in cui occhieggia al passato ma non dimentica di gettare uno sguardo sul nostro stesso presente.