La Cina domina la ricerca oncologica e mette in crisi l’innovazione Europea: L’allarme degli esperti ESMO



L’asse della ricerca oncologica mondiale si sta rapidamente spostando. La Cina emerge come una nuova potenza industriale e scientifica globale. Sta superando in competitività e velocità di innovazione il Vecchio Continente e, in alcuni ambiti, persino gli Stati Uniti.



L’allarme è stato lanciato dal presidente eletto della Società europea di oncologia medica (ESMO), il professor Giuseppe Curigliano, a margine del congresso della società in corso a Berlino. L’evento ha visto la partecipazione di circa 35mila esperti.

Secondo Curigliano, quella che un tempo era percepita come una supremazia occidentale nello sviluppo di farmaci è ormai un ricordo: “Ciò che noi pensiamo essere farmaci creati in Occidente sono in realtà farmaci che vengono dall’Asia,” ha dichiarato. Curigliano ha messo un’enfasi particolare sulla crescente influenza della Cina nel settore.

I numeri sono eloquenti e indicano una chiara egemonia cinese nelle classi di farmaci più innovative ed efficaci per il trattamento del cancro:
70% degli anticorpi farmaco-coniugati (ADC), una nuova e potente classe di antitumorali, proviene dalla Cina.
70% degli anticorpi bispecifici, farmaci immunoterapici all’avanguardia, è sviluppato in Asia.

Il cuore del successo cinese risiede nella sua capacità di velocizzare l’arruolamento dei pazienti per gli studi clinici. Curigliano spiega che la Cina si sta posizionando come primo Paese al mondo in questo fondamentale passaggio. In un recente studio su un farmaco di nuova generazione, il 55% dei pazienti è stato arruolato in Cina in meno di sei mesi. In confronto, l’arruolamento è stato il 15% in Europa e il 10% negli Stati Uniti.

Attualmente, la maggior parte dei farmaci utilizzati nella pratica clinica globale proviene da studi dove i pazienti cinesi rappresentano oltre il 70% del totale.

Questa massiccia dipendenza scientifica solleva diverse criticità per l’Occidente:

Profilo di Sicurezza: Sebbene i dati di efficacia cinesi siano spesso estrapolabili, il profilo di sicurezza potrebbe non esserlo. Il professor Curigliano sottolinea che la farmacogenomica può essere diversa tra popolazioni asiatiche e caucasiche/occidentali. Ciò significa che la tollerabilità di un farmaco potrebbe variare.

Perdita di Leadership: La Cina sta diventando una “potenza scientifica globale”. Se l’Occidente non investe in modo adeguato in innovazione e ricerca, il rischio è che “il nuovo polo scientifico del mondo sarà l’Asia e non l’America.” I produttori, quindi, sceglieranno l’Asia per gli studi clinici grazie alla sua velocità ed efficienza.

Di fronte a questo scenario, l’Italia, e l’Europa in generale, sono chiamate a un’azione immediata.

“Anche in Italia, è più che mai urgente investire seriamente sulla ricerca,” avverte Curigliano. L’esperto evidenzia che la ricerca italiana è in “forte sofferenza” a causa della difficoltà nel trovare finanziamenti. La ricerca accademica spesso è costretta a dipendere dalle industrie farmaceutiche anziché da fondi pubblici strategici.

A fargli eco è il presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), Massimo Di Maio, che conferma come la ricerca sia “minacciata da una lunga carenza di risorse.” Egli sollecita un “impegno che sia strutturale e duraturo.”

Per invertire la rotta, Curigliano propone la creazione di un’Agenzia Nazionale della Ricerca. Dovrebbe seguire il modello di quelle già esistenti negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone.

“Come esiste una agenzia nazionale del farmaco, l’Aifa, […] questa Agenzia per la ricerca centralizzata dovrebbe avere un budget allocato dal ministero dell’Economia annualmente.”

Secondo l’esperto, è inoltre cruciale aumentare i fondi destinati alla ricerca. Si dovrebbe arrivare a investire almeno l’1,5-2% del PIL, in netto aumento rispetto all’attuale 1,3%.

L’unica via per l’Occidente, e per l’Italia, è di riconoscere il nuovo equilibrio geopolitico nella scienza. Bisogna passare dalla competizione alla partnership con l’Asia. Allo stesso tempo, è necessario rafforzare in modo massiccio gli investimenti interni per non essere relegati a un ruolo marginale nell’innovazione medica del futuro.