La Roma di Mourinho ha vinto la prima edizione della Conference League ed è entrata nella storia del calcio europeo.
Questa vittoria torna a dare prestigio internazionale a un club italiano emerso dal deserto di idee e di programmazione espresso dal nostro calcio.
La Roma di Mourinho
Inevitabile accendere i riflettori sul tecnico portoghese. Josè Mourinho è tornato in Italia dopo le esperienze in Spagna e in Inghilterra e ha lavorato con intelligenza, carattere, sapienza. Ha convogliato su di sé le attenzioni mediatiche, liberando i giocatori dalle pressioni esterne e ottenendo il massimo del rendimento possibile. L’inizio della stagione non era stato facile, la Roma non è mai sembrata attrezzata per competere ai vertici delle competizioni cui partecipava, eppure è cresciuta costantemente, superando limiti evidenti. La Roma, dunque, un gruppo di buoni giocatori, e un campione eccelso a dirigerli. Mourinho ha trasmesso ai giocatori la propria attitudine alla tensione costante, la tenacia agonistica, l’abitudine a non mollare mai un minuto, mai un metro. È stato così che interpreti di media bravura si sono fatti gladiatori, e hanno tenuto testa spesso, nella stagione appena conclusa, a ogni avversario, al di là di alcune fisiologiche cadute.
La finale vinta
Davanti c’era il Feyenoord, una squadra non trascurabile, giunta terza in Eredivisie, con alcune interessanti individualità, ben messa in campo. E certamente c’era l’emozione immancabile nel giocarsi una finale europea. Ma il grande esperto in panchina aveva preparato i suoi nella testa oltreché nella tattica. Mourinho ha mandato in campo dal primo minuto Mkhitaryan che insieme a Smalling ha accumulato esperienze sufficienti e reggere il complesso nelle occasioni che contano, ma l’armeno al diciassettesimo è dovuto uscire per infortunio. C’erano poi Rui Patricio in porta, Mancini e Ibanez insieme a Smalling in difesa, centrocampo con Karsdorp (a destra), Cristante, il subentrato Sergio Oliveira e Zalewski a sinistra. In attacco Abraham supportato da Pellegrini e Zaniolo. E dopo una fase di studio durata circa mezz’ora proprio Zaniolo, con stop a seguire su lancio di Mancini, l’ha messa dentro. Uno a zero, e da quel momento per tutta la durata del match la Roma ha dimostrato di essere squadra vera. C’è stato un frangente nel secondo tempo in cui gli olandesi avrebbero potuto pareggiare, sono arrivati due pali a distanza di pochi minuti, ma la sorte e Rui Patricio si sono fatti trovare. Il Feyenoord ha provato qualche altra sortita, ma la squadra di Mourinho ha chiuso ogni spazio, rischiando finanche di raddoppiare in contropiede. Il fischio finale ha sancito il risultato che un’intera nazione sportiva aspettava.
Gli ultimi trofei
Al passo delle curiosità, scopriamo che l’ultimo club italiano a vincere una competizione europea era stato l’Inter. I nerazzurri, allenati proprio da Mourinho (soprannominato allora “lo special one”) si aggiudicarono la Champions League nel 2010. L’ultima vittoria (nazionale) giallorossa risale invece al 2008 quando, battuta l’Inter in finale, Francesco Totti sollevò la Coppa Italia. Stavolta ad alzare al cielo il trofeo c’è stato Lorenzo Pellegrini, romano pure lui. Non facciamo paragoni, Totti era inimitabile, e quella fortissima Roma ottenne forse meno di quanto meritasse. Ci sarà tempo per recuperare.