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Back to the 2022: la Spagna lancia il diritto al congedo mestruale

Gli iberici sono i primi a lanciare il diritto al congedo mestruale Un notevole passo avanti quello della Spagna, che...

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Gli iberici sono i primi a lanciare il diritto al congedo mestruale

Un notevole passo avanti quello della Spagna, che ha approvato il progetto di legge che introduce i permessi per le donne che soffrono di dismenorrea.

La Spagna apre finalmente la strada a un percorso di sensibilizzazione femminile, diventando di fatto il primo Paese in Europa a prevedere il diritto al congedo per le mestruazioni dolorose. Il Consiglio dei ministri spagnolo, infatti, ha approvato il progetto di legge sui diritti sessuali e riproduttivi delle donne, che introduce anche i permessi per le donne che soffrono per mestruazioni “dolorose” e “invalidanti”. La nuova normativa amplia anche l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza e riconosce la violenza ginecologica e ostetrica.

Una legge apripista che potrebbe diventare in breve tempo un esempio per altri paesi, l’Italia compresa. L’accordo all’interno del governo di Madrid sarebbe stato già raggiunto, facente parte di un pacchetto di norme di supporto “ai diritti delle donne”, come ha spiegato la prima promotrice dell’iniziativa, la ministra spagnola delle Pari Opportunità, Irene Montero.

Cosa prevede la legge spagnola

Suddetto riconoscimento rientrerebbe nel nuovo disegno di legge dal nome “Legge Organica per la Tutela dei Diritti Sessuali e Riproduttivi e la Garanzia dell’Interruzione Volontaria della Gravidanza” che introduce anche altre novità in materia di salute sessuale. La misura, infatti, venne introdotta dalla riforma del governo Zapatero del 2010 e successivamente cassata dal Partido popular. Si tratta di un passo importantissimo, di fatto è la prima volta che una legislazione europea si occupa di un aspetto della sessualità delle donne.

Il Consiglio dei ministri ha approvato dunque la misura, ma come spesso accade in questi contesti il processo di messa in atto del testo è ancora lungo. Il passaggio parlamentare, si tratta di una legge di iniziativa del governo, non si concluderà prima dell’inizio del 2023. In Europa, al momento, il congedo mestruale non è previsto dalla legge di nessuno Stato e in Italia è stata proposta e discussa nel 2016 in Parlamento una legge sul tema mai approvata.

I dati di dismenorrea spagnola

In Spagna, stando ai dati della Società spagnola di ginecologia e ostetricia, il 30% delle donne spagnole soffre di dismenorrea. Tale condizione si manifesta tramite un dolore uterino che sorge durante il periodo delle mestruazioni. Il dolore può verificarsi con le mestruazioni oppure precederle di 1-3 giorni. Tale dolore tende a raggiungere il massimo picco 24 h dopo l’insorgenza delle mestruazioni e scompare dopo 2-3 giorni, accompagnato da mal di testa e in alcuni casi anche febbre.

Anche nel nostro paese i dati parlano chiaro, infatti le donne che ne soffrono vanno dal 60 per cento al 90 per cento causando tassi di assenteismo dal 13 al 51 per cento nella scuola e dal 5 al 15 per cento nel lavoro. La dismenorrea spesso è sintomo di endometriosi, patologia cronica e invalidante, che non ha cura e costringe le donne che ne soffrono a perdere giorni di studio o di lavoro con evidenti ricadute economiche.

L’Italia si ispira alla legge spagnola e tenta di muovere i primi passi

Ispirandosi al modello spagnolo, che di fatto si attesta come apripista, anche l’Italia prende esempio.

Su Change.org è stata lanciata da Alexia Altieri una petizione che sfiora le 3700 firme e che chiede il diritto allo smartworking per le donne che soffrono di dismenorrea.

Circa l’80% delle donne soffre di dolore mestruale e spesso, a causa di questo, in alcuni mesi sono costrette ad assentarsi da lavoro nei giorni di picco del ciclo mestruale, usufruendo delle giornate di malattia che hanno a disposizione (un numero limitato di giorni usufruibili durante l’anno solare)”, si legge nel testo della raccolta firme.

Inoltre, si ricorda che era già stata fatta una proposta simile ma che era stata cassata perché “c’era il timore che potesse paradossalmente essere l’ennesimo fattore discriminante nei confronti della donna da parte del datore di lavoro”.

Non parliamo di impossibilità totale a svolgere l’attività lavorativa, ma è sicuramente corretto rendere ufficialmente e legalmente riconosciuta la possibilità di lavorare in smart working /telelavoro durante i 2/3 giorni di picco del ciclo” dice ancora il testo della petizione che al momento supera 3700 firme.

Il testo poi conclude con un appelloSe siete o conoscete una donna con un ciclo particolarmente doloroso, una donna in pre-menopausa con un ciclo particolarmente copioso o semplicemente una donna che in quei giorni vorrebbe lavorare nel comfort di abiti comodi con la propria boule dell’acqua calda e la possibilità di provvedere alla propria igiene personale in un ambiente pulito e intimo, capirete quanto è prezioso firmare questa petizione”.

Cosa succede negli altri paesi

Per molte donne questa si attesta come una grande vittoria per la tutela del benessere psico-fisico, ma non tutti sono della stessa opinione. Secondo alcune donne e gli stessi operatori sanitari, infatti, il congedo mestruale rischierebbe di stigmatizzare ancora di più le lavoratrici, vittime di discriminazioni e spesso considerate più vulnerabili rispetto ai loro colleghi uomini.

Se questa è quindi una novità dalle nostre parti, vista ancora con parecchio scetticismo, questo diritto concesso dalla Spagna è già pienamente attivo in diversi paesi che prevedono il congedo per chi soffre di dismenorrea. Tra gli altri troviamo il Giappone, la Corea del Sud, Indonesia, Taiwan e Zambia. L’Asia di fatto è molto più avanti degli altri continenti, almeno in questo senso.

Tampon Tax, siamo ancora lontani

Lo scorso ottobre, nel comunicato finale che ha approvato il documento programmatico di Bilancio, si poteva leggere che in manovra è previsto “il taglio dal 22% al 10% dell’IVA su prodotti assorbenti per l’igiene femminile”. Nonostante il passo in avanti che è stato promesso, molte e molti hanno ribattuto che ciò non sia sufficiente, in quanto le persone che hanno le mestruazioni non scelgono certo di averle, e che la tassa andrebbe ridotta quindi al 4%, per portarla al pari dei beni considerati “di prima necessità” in Italia.

Ad oggi, l’unico Paese dell’Unione europea dove la tassa sui prodotti igienici mestruali è stata totalmente eliminata, invece, è attualmente l’Irlanda.

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