Lea Landucci è tornata in libreria con Love Island, Always Publishing, un romance ricco di ingredienti capace di renderlo memorabile.
Protagonisti sono Viola, una scrittrice curvy e pasticciona alle prese con il tanto temuto “blocco dello scrittore” e Nicolas un dipendente solitario e introverso della Guardia Costiera in congedo. I due si incontreranno su un’isola toscana, il luogo che per Viola sembrerà ideale per scrivere una nuova commedia romantica di successo che le ha commissionato la sua casa editrice.
Giunta sull’isola si imbatterà in uno scenario imprevisto e in personaggi stravaganti che diventeranno per lei fonte di ispirazione e spunti di riflessione. Uscita dalla sua comfort zone e grazie all’incontro con Nicolas, Viola acquisirà nuove consapevolezze su sé stessa e sul suo modo di abitare il mondo. La storia tra Viola e Nicolas si intreccerà con quella emozionante e non priva di difficoltà tra Vasco e Andrea.
Love Island è un romance ricco di colpi di scena e avventure tutte da leggere col fiato sospeso. Fa sorridere e riflettere al tempo stesso perché narrato con una punta di ironia molto apprezzata dai lettori. Ci invita a vivere l’amore e tutte le belle esperienze che ci può riservare con leggerezza e intensamente senza “se e ma”. Una lettura frizzante e profonda al tempo stesso con dei personaggi ai quali è facile affezionarsi.
Di amore, di “blocco dello scrittore” e del successo del genere romance al giorno d’oggi conversiamo piacevolmente con Lea Landucci in questa intervista che ci ha rilasciato.
Lea, com’è nata l’idea di scrivere questo romance avvincente ed emozionante?
La verità? Dagli alpaca. Un paio di anni fa sono andata a visitare un allevamento vicino a casa mia, gestito da una mia cara amica: è a lei e a su fratello che ho dedicato questo romanzo. Mi sono totalmente innamorata di quegli animali. L’ “Alpaha onlus” è una realtà che crea lavoro per ragazzi con la sindrome di Down e nello spettro dell’autismo, e quando mi hanno spiegato il perché, ho trovato il tutto di una bellezza struggente. Mi sono ripromessa che prima o poi avrei raccontato del potere incredibile che hanno questi animali sugli esseri umani. Ed ecco com’è nato Love Island.
Il tuo romance ci insegna che l’amore arriva quando meno te l’aspetti. È giusto o no nutrire delle aspettative in amore?
Credo che i sogni siano il motore di ogni cosa. Penso che tutti noi, la mattina, ci alziamo sperando di fare un passettino in più verso ciò che desideriamo. A volte ci riusciamo, a volte ci tocca tornare indietro, ma non perdiamo mai la speranza. È giusto crearsi delle aspettative, basta che siano sensate e assennate. Ed essere pronti a concedere e concederci dei compromessi.
Oltre alla storia d’amore tra Viola e Nicholas, nel tuo romanzo racconti la storia tra Vasco e Andrea e del loro amore in grado di superare qualsiasi tipo di distanza o avversità. In questa epoca dominata dall’ego secondo te esistono ancora questo tipo di legami?
L’egoismo fa parte della natura degli esseri umani, è un meccanismo ancestrale per proteggere noi stessi. Quando, invece, è portato all’esasperazione, inizia a essere tossico. Credo che l’egoismo sia trasversale alla storia e al tempo. Lo stesso Andrea ha fatto delle scelte molto egoistiche, l’importante è riconoscere i propri sbagli e cercare di rimediare, come ha fatto lui. Ne parlo come se fosse una persona reale LOL. E quindi, sì, credo che il vero amore sia tuttora capace di superare qualsiasi ostacolo: adesso sono diversi, ma non è detto che siano meno aspri o sembrino meno insormontabili.
Un dilemma che assalirà anche Viola è “per scrivere d’amore bisogna ispirarsi alla realtà, al proprio vissuto o no? Tu cosa ne pensi al riguardo?
Non ho mai scritto un romanzo autobiografico, ma l’istinto, soprattutto per chi si approccia per la prima volta alla scrittura, è sicuramente quello di scrivere di sé stessi. A tutti noi sembra che la nostra storia sia straordinaria per qualche motivo che, però, spesso lo è solo per noi e per chi, magari, divide con noi lo stesso percorso. L’ispirazione è una cosa diversa: tutte le mie storie sono ispirate a qualcosa di mio, o che considero molto vicino a me. Quindi, sì: credo che ispirarsi a qualcosa che si è vissuto sulla propria pelle sia un’ottima idea, soprattutto a livello emotivo. Per il resto, a mio avviso è sempre bene parlare di qualcosa che si conosce o che, in mancanza di esperienza diretta, abbiamo studiato e sviscerato a lungo prima di metterlo su carta.
Viola sta vivendo il cosiddetto blocco dello scrittore. Tu cosa consigli per superarlo?
È una brutta bestia. Per chi scrive per lavoro, è come un infortunio. Io utilizzo la terapia d’urto: quando ho un blocco, apro un file nuovo ogni giorno e ci scrivo cose che mi ispirano, osservazioni che faccio rispetto al mondo che mi circonda, sprazzi di dialoghi decontestualizzati, descrizioni di personaggi: tutto. A un certo punto, come per magia, ritrovo la via, l’ispirazione e la voglia di tornare alla mia storia. Ma devo essere sincera: quando il blocco arriva nel bel mezzo di una stesura, mi interrogo sull’effettivo valore di ciò che sto scrivendo. Un paio di volte ho abbandonato dei romanzi che stavo sviluppando e non li ho più ripresi. Perché per me non ha senso scrivere qualcosa che non leggerei, e visto che io mi avvalgo della così detta tecnica del Discovery Writing, è come se leggessi e scrivessi nello stesso tempo. Se perdo interesse vuol dire che non sono stimolata a sapere come prosegue la storia, e che non lo saranno nemmeno i miei lettori.
C’è un personaggio di Love Island al quale sei particolarmente legata e perché?
A Vasco, sono innamorata dei suoi contrasti: del suo aspetto rude, del suo atteggiamento a orso, del suo cuore accogliente ed empatico e del suo codice d’onore. Più volte, durante la stesura, mi sono chiesta se non fosse il caso di concentrarmi sulla sua storia con Andrea, piuttosto che su quella di Viola e Nicholas. Alla fine, credo di aver trovato il giusto compromesso.
In Love Island tu scrivi “Ed è proprio questo che dovrebbe fare una storia, no? Trasportarci altrove, toccarci nel profondo e farci sentire meno soli”. Qual è il ruolo dei romance nel panorama letterario odierno secondo te?
Il romance, tanto bistrattato dall’élite culturale della letteratura italiana, nasce e si sviluppa come strumento di evasione. Alla fine del Settecento le donne, soprattutto benestanti, passavano ore e ore a rompersi le scatole in queste case meravigliose ma deserte. I romanzi rosa le hanno fatte evadere, dando loro la sensazione di non buttare via il proprio tempo. Più tardi sono arrivati tra le mani delle classi meno abbienti, diventando uno strumento di proiezione in vite più gentili e felici. Di nuovo: evasione. E se prima le eroine protagoniste dei romance erano tutte principesse bellissime e, spesso, ricchissime, piano piano le trame e i personaggi hanno iniziato ad assomigliare di più alla vita reale, diventando conforto per chi, leggendo, poteva sentieri meno sol*. Leggere di qualcuno che ha i nostri stessi problemi è la sublimazione del concetto di mal comune, mezzo gaudio, no?
Ed è questo che continua a essere, per me, il romance: uno strumento di evasione che offre spunti di riflessione e approfondimento, che ti fa conoscere mondi lontani o che ti immerge in realtà simili alle tue con cui, magari, riesci anche a fare pace.