Medicina di genere: una rivoluzione silenziosa nella scienza della salute



L’Istituto Superiore di Sanità definisce la medicina di genere come una pietra miliare nel progresso delle scienze della vita.

Una definizione che non lascia spazio a dubbi: capire come sesso e genere influenzano la salute è diventato cruciale. Eppure, questa consapevolezza fatica ancora a entrare con decisione nella pratica clinica e nella ricerca scientifica.

La medicina di genere – o genere-specifica – studia come sesso biologico e identità di genere influiscano sulla fisiologia, sull’insorgenza delle malattie e sulla risposta ai trattamenti. Non si tratta solo di ormoni o di caratteristiche visibili: le differenze tra uomini e donne sono profonde anche a livello molecolare e farmacologico. L’assorbimento dei farmaci, la loro efficacia, gli effetti collaterali: tutto cambia a seconda del sesso. Eppure, la maggior parte delle sperimentazioni cliniche continua a basarsi su campioni maschili, considerando il corpo femminile una semplice “variante”, anziché una realtà autonoma con caratteristiche proprie.

La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce l’importanza di analizzare non solo le differenze biologiche, ma anche quelle culturali e sociali nella salute e nella malattia. E tuttavia, mentre nelle università si promuove l’ideale di una medicina personalizzata per ciascun individuo, nella pratica sanitaria quotidiana fatichiamo ancora a fare la più basilare delle distinzioni: quella tra uomo e donna. Per non parlare poi delle persone non binarie o transgender, completamente escluse da questo tipo di studi.

Ciò che rende urgente un cambio di rotta non è solo una questione di giustizia o rappresentanza: è una questione di efficacia clinica. Se non si tengono in conto le specificità biologiche e culturali dei pazienti, le diagnosi rischiano di essere sbagliate, i farmaci meno efficaci e i rischi più alti. Basti pensare che alcune patologie, come l’infarto, si manifestano in modo diverso nelle donne rispetto agli uomini – e proprio per questo vengono riconosciute e trattate più tardi, con conseguenze spesso gravi.

Il fatto che oggi, nel 2025, si parli ancora così poco di medicina di genere, rivela quanto la medicina sia ancora legata a modelli obsoleti. Non è solo una questione scientifica, ma culturale: la medicina ha storicamente adottato il corpo maschile come norma, relegando il corpo femminile (e tutto ciò che esula dal binarismo) a un’anomalia. Cambiare questa prospettiva richiede un investimento importante in ricerca, formazione e cultura. Ma soprattutto, richiede il coraggio di rimettere in discussione pratiche che per troppo tempo abbiamo dato per scontate.

La medicina di genere rappresenta una strada obbligata. Non è un tema “di nicchia” né una battaglia ideologica: è la base per una medicina più giusta, più efficace e più umana. Una medicina che sappia guardare davvero a tutte e tutti.