sabato3 Giugno 2023
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Uno studio di Altamedica su Future Virology evidenzia come il picco dei contagi derivi dalla scarsa efficacia dei tamponi

I contagi giornalieri sono in crescita, Giorlandino: “i tamponi rapidi sono i principali responsabili”. Il trend in crescita dei nuovi...

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I contagi giornalieri sono in crescita, Giorlandino: “i tamponi rapidi sono i principali responsabili”.

Il trend in crescita dei nuovi contagiati giornalieri pone l’evidenza su un sistema di tracciamento dei positivi che inizia a perdere colpi. La causa potrebbe essere proprio la scarsa efficacia dei tamponi rapidi, ai quali sfuggono una quantità enorme di positivi. È proprio lo studio Altamedica pubblicato su Future Virology a riportare dati allarmanti, sottolineando come i tamponi rapidi sbaglino addirittura 1 volta su 2.

Facile da acquistare in farmacia e negli ambulatori, il cosiddetto “test qualitativo”, funzionante tramite la tecnica immunocromatografica (in grado solo di rilevare positivo/negativo), non fornirebbe un responso attendibile per la rilevazione del Covid-19, che di fatto rischia di trascurare elementi che in questo momento meriterebbero una maggiore attenzione.

Lo studio di Altamedica su Future Virology: il 50% d’efficacia non basta.

In questi giorni si sta riflettendo molto sugli strumenti a disposizione per contrastare la pandemia ed evitare che si ripeta quanto accaduto un anno fa, quando i positivi erano tornati a salire. La linea principale rimane la medesima: rilevare, testare, isolare, trattare ogni caso di persona con infezione. Tuttavia, sembra che questo meccanismo stia lentamente perdendo forza, ponendo l’attenzione su un metodo di prevenzione inadeguato. Nonostante la quantità di tamponi eseguiti quotidianamente in Italia sia già nettamente cresciuta nei mesi appena trascorsi, il problema potrebbe essere proprio la scelta di quest’ultimi. Da qui l’allarme del direttore scientifico di Altamedica, che chiede di interrompere i tamponi rapidi il prima possibile, ponendo l’attenzione sul confronto doveroso con il più noto tampone molecolare RT-qPCR, ad oggi il più attendibile. Non solo supposizioni, ma a dimostrazione del reale pericolo sono stati diffusi i dati dello studio, che dimostrano come su un campione di 332 casi selezioni, di cui 249 positivi e 83 negativi con il tampone molecolare, solo 151 sono stati rilevati dal test rapido, restituendo una sensibilità pari al 61%. Questo significa, che solo 151 persone su 249 sono state rilevate come positive dal test rapido antigenico. Nella lotta contro la pandemia è arrivato dunque il momento di porre l’attenzione su uno strumento che non risulta più efficace, ma che rischia di compromettere senza particolare consapevolezza, il sistema di tracciamenti e contenimento di un virus con il quale conviviamo ormai da quasi due anni.

Mai così lontani dal concetto di social distancing

Nonostante solo ora si inizi a porre l’attenzione sul fenomeno in corso, mascherato dai contagi in calo in periodo estivo, il dibattito in merito ai test qualitativi immunocromatografici rapidi è in corso già da tempo. E quindi è lecito chiedersi cosa sia cambiato e per quale motivo solo ora venga posto l’accento su una notizia così rilevante. Ancora una volta è proprio Giorlandino a rispondere, attestando come grazie a questo studio sia possibile osservare un’assoluta correttezza metodologica che ha l’obiettivo di contrastare un repentino abbassamento delle misure di prevenzione. Di fatto, gli inconsapevoli superspreaders, così come li definisce il direttore scientifico, coloro che sono asintomatici ma contagiosi, rischiano quindi di accrescere la diffusione virale. Un soggetto che pensa di essere negativo dopo un contagio, si sente psicologicamente libero di parlare, abbracciare e intrattenere rapporti sociali molto lontani dal concetto di social distancing conosciuto, rischiando dunque di contagiare persone vicine. Di fatto, il suo green pass è negativo.

Sì ai tamponi rapidi, ma solo in casi di necessità

Tuttavia, non è la loro abolizione la soluzione, ma il loro utilizzo in casi di estrema necessità, di fatto sono tamponi il cui risultato è possibile averlo in tempi molto contenuti, ma che deve comunque essere seguito da una seconda conferma data da un test molecolare. Una sorta di primo check per aeroporti e porti, seguito in egual modo dall’avvertimento, mai scontato, di non sottovalutare le norme di prevenzione in quanto l’affidabilità del test è relativamente bassa e potrebbero dunque essere portatori. È bene inoltre fare un’ulteriore specifica, chiarendo la differenza tra il test antigienico rapido immunocromatografico qualitativo (positivo/negativo) fatto in ambulatorio o farmacia, dal test sierologico quantitativo per il COVID-19, eseguito in laboratorio e basato sulla tecnica di immunofluorescenza, che grazie a specifiche metodologie e apparecchiature risulta al momento il più attendibile. È il solo test molecolare, secondo Giorlandino, a poter consentire la massima tranquillità ribadendo come “Se avessero smesso di distribuire i tamponi antigenici immunocromatografici, l’Europa sarebbe fuori dalla pandemia”.

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