Lina Wertmüller se ne va, e non serve quantificare il vuoto che lascia nel cinema e nella società (non soltanto italiani). Regista e sceneggiatrice di straordinari valore e successo, aveva esordito nel cinema come segretaria di edizione e poi come aiuto regista. Impossibile non ricordare in questa seconda veste le sue collaborazioni con Federico Fellini per la realizzazione dei film La dolce vita e 8½. L’esordio alla regia arriva con I basilischi, girato in parte in Basilicata, regione di cui era originario suo padre. La madre della regista, come la stessa Lina Wertmüller, era romana.
Prendiamo qualche nome dalla lista di attrici e attori diretti dalla regista: Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Harvey Keitel, Ugo Tognazzi, Valeria Golino, Angela Molina, Gabriella Pession, Michele Placido, Silvia Abascal, Rutger Hauer, Veronica Pivetti, Tullio Solenghi, Luca De Filippo, Paolo Villaggio, Enrico Montesano, Stefania Sandrelli, Rita Pavone nei panni di Gian Burrasca. E senza voler far torto al nostro elenco illustre e parziale, contorniamo i nomi di Mariangela Melato e Giancarlo Giannini. Questa splendida coppia ha segnato alcuni dei tratti più avvincenti, più apprezzati, indimenticabili nell’opera della regista romana e nel cinema di ogni tempo. Citiamo qui due lungometraggi ricchi di irriverenza, ironia, rabbia, due opere finemente politiche: Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto. Se Melato e Giannini hanno arricchito con le proprie interpretazioni il cinema della Wertmüller, possiamo evidenziare senza difficoltà la corrispondenza. Come sarebbero cambiate le loro straordinarie carriere se non la avessero incontrata? Questa domanda rimarrà senza risposta, fortunatamente.
Prima donna regista a ricevere nel 1977 una candidatura al Premio Oscar (gareggiava col film Pasqualino Settebellezze), ottenne il prestigioso premio solo come omaggio alla carriera nell’anno 2020. La bacheca della grandissima artista non è rimasta vacante, ma certo troppo povera rispetto al valore della sua produzione. Non ci è difficile comprendere le motivazioni di tale ammanco. Lei stessa fece notare all’atto di ricevere l’Oscar alla carriera, che si sarebbe potuto cambiare il nome dell’ambìta statuetta con una declinazione al femminile: “chiamiamolo Anna”.