Andrea Macrì campione paraolimpico di hockey su ghiaccio: “lo sport mi ha salvato dopo il crollo del tetto”

Andrea Macrì, atleta paraolimpico di hockey su ghiaccio, racconta di come lo sport lo ha salvato dopo l’incidente e del meritatissimo quinto posto alle para olimpiadi di Pechino 2022.

L’incidente

Era il 2008 e Andrea si trovava in classe come ogni altro giorno, quando sulla classe 4D al liceo “Darwin” di Rivoli è crollato il tetto, uccidendo il suo compagno di classe Vito Scafidi e ferito gravemente Andrea. Entrambi avevano solo 17 anni.

Il ritorno della vita

Per Vito non ci fu niente da fare, per Andrea invece cominciò la battaglia per la guarigione. Il crollo gli ferì gravemente la schiena e gli arti e dopo 9 mesi di terapie in ospedali e anni di cure e fisioterapia, Andrea è riuscito a riprendere in parte la propria mobilità motoria e, anche se la completa guarigione non è stata possibile, lui ha continuato a lottare ed è diventato un atleta paraolimpico di para ice hokey e, insieme alla squadra italiana, ha conquistato il quinto posto ai Giochi para olimpici invernali di Pechino 2022.

 «Un quinto posto inaspettato- dice Andrea Macrì all’agenzia Dire- Sono stati dei giochi particolari per tutto ciò che è successo al di fuori. Ma noi siamo andati avanti e abbiamo pensato solo al nostro obiettivo, che era giocare e lottare a ogni partita, anche quando abbiamo giocato con giocatori professionisti. Abbiamo lottato, abbiamo combattuto e alla fine siamo arrivati quinti e prima nazione europea in questo sport».

L’avvicinamento all’hockey

Andrea scopre il para ice hockey durante il suo periodo di riabilitazione all’Unità Spinale del Centro Traumatologico Ortopedico di Torino in cui fu ricoverato in seguito all’incidente.

Non scopre solo l’hockey, ma prova diversi sport paraolimpici come il tiro con l’arco e la scherma, ma il suo cuore lo guida verso l’hockey su ghiaccio.

«Invito i giovani che non conoscono questo sport a guardarlo, seguirlo, provarlo. Sono sicuro che li appassionerà– racconta Andrea- Bisogna promuovere di più questa disciplina, a cominciare dalla comunicazione. Sarebbe bello iniziare a vedere gli atleti in qualche spot pubblicitario, usare gli strumenti di comunicazione dei giovani come i social e aumentare il nostro appeal per cercare di invogliare ragazzi giovani ad avvicinarsi a questo sport».

I legami con i vecchi compagni

Sono passati 14 anni dall’incidente e Andrea ha ancora i contatti con i suoi vecchi compagni della 4D, ormai adulti.

 «Soprattutto con uno di questi, Francesco, che mi ha sempre supportato- racconta Andrea- molti di loro hanno preso strade diverse, ma so benissimo che c’è un legame molto forte che ci legherà sempre. Se sono riuscito a trasformare il dolore per il dramma in motivazione agonistica è soprattutto grazie all’aiuto della mia famiglia, degli amici, anche il personale dell’ospedale: loro sono stati il supporto principale. Ritrovarsi a 17 anni, per 9 mesi in ospedale, non è facile. Ma lo sport mi ha fatto conoscere sempre più persone e mi ha fatto capire a quale mondo mi stessi avvicinando: quello paraolimpico, un mondo meraviglioso».

Dopo l’avventura vissuta a Pechino, Andrea e la squadra italiana ha rivolto lo sguardo al prossimo obiettivo: Milano-cortina.

Noi gli facciamo i nostri migliori auguri.

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