Guerra in Ucraina, un difficile cammino per i colloqui di pace

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Nessuno sa come continuerà la guerra in Ucraina. Se e quando si possa concludere con un accordo di pace è altrettanto incerto. Fino ad allora, però, e su questo non c’è dubbio, i combattimenti si faranno sempre più intensi, le perdite umane aumenteranno e la distruzione del suolo ucraino diventerà sempre più terribile.

La domanda è: non c’è alternativa per il popolo su questo campo di battaglia che perire nella lotta sanguinosa per la sovranità strategica in una resistenza più o meno eroica? Sacrificio e sofferenza, fuga o morte, sono le uniche cose che gli abitanti delle città assediate sono certi di ottenere. Questi ultimi hanno solo la scelta tra l’occupazione russa in una città che è ancora per metà intatta o in una che è in gran parte distrutta. Si parla di stabilire corridoi umanitari fuori dalle città, che però non proteggono dalla distruzione delle città. Sono in corso incontri tra i mediatori e le forze in campo, ma al momento non se ne conosce l’esito.

Secondo il Financial Times, l’ipotesi di accordo ora discussa si fonderebbe sulla neutralizzazione dell’Ucraina, sul modello austriaco o svedese. Questi due Paesi, dal 1995, fanno parte dell’Unione Europea. L’Ucraina dovrebbe inoltre rinunciare ad ospitare basi militari ed armi straniere. L’adesione alla NATO, come ha pubblicamente ammesso lo stesso Zelensky, è fuori discussione. Secondo l’Ucraina, la bozza emersa, invece, “rappresenta solo le richieste della Russia“. L’accordo sul “cessate il fuoco” è evidentemente incerto ed i bombardamenti russi continuano. Nella logica della guerra, cedere le armi può essere considerato una vigliaccheria di fronte al nemico. Nella logica della pace, invece, un’eventuale resa è giudicata come un atto di realismo di fronte ad un avversario con il quale si deve venire a patti, in modo compatibile anche nel dopoguerra per il bene del popolo.

Nel movimento per la pace si chiede di sostituire la logica della guerra con una logica di pace: “de-escalation”, diplomazia, cessazione immediata delle ostilità, ritiro delle armi, negoziazione e mediazione tra le parti in conflitto, creazione di un’architettura di pace europea e mondiale che includa la Russia e la Cina. Tutti traguardi di difficilissima realizzazione. Nel vasto incrocio di interessi non è semplice definire chi è destinato a guadagnare e chi a perdere dalla guerra. Sicuramente l’Europa ha da perderci più di chiunque, con rischi di recessione in caso di prolungamento della crisi. E la Russia sarà costretta ad un’alleanza più stretta con la Cina. Quello tra Russia e Cina appare un matrimonio di convenienza, considerando che i due Paesi non si sono mai troppo amati e in cui comunque i rapporti di forza sono tutti a favore dei cinesi.

Una cosa è certa: l’Europa non può rimanere impassibile di fronte alle immagini di volti straziati dal dolore di famiglie, bambini, donne e anziani. Di fronte al volto di chi, dato un bacio ai figli e alla moglie, rimane o ritorna per difendere il proprio Paese ben sapendo quale rischio questo comporti. A questi volti si affiancano quelli dei giovani militari russi ignari complici di un’aggressione e quelli dei cittadini russi che sulle piazze vengono arrestati perché si oppongono alla follia di Putin.

Yevhen Lavrenchuk, il regista ucraino di 41 anni arrestato a Napoli il 17 dicembre scorso su mandato della magistratura russa in quanto oppositore del regime, è appena tornato libero dopo due mesi e mezzo passati in cella a Poggioreale e poi agli arresti domiciliari. A proposito dell’invasione del suo Paese d’origine da parte della Russia, ha dichiarato: “Sono orgoglioso di come il popolo ucraino sta resistendo all’attacco di questo impero del male. Questa guerra non riguarda solo noi, bensì tutto il mondo. È fondamentale che l’Europa sia unita per fermare Putin”.

Giulia Cortese

 

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