I ribelli sciiti yemeniti Houthis sferrano quattro attacchi missilistici contro infrastrutture energetiche saudite
Gli Emirati arabi uniti tessono una sofisticata rete di relazioni finanziarie e geopolitiche, tra Usa, Russia e Cina
Arabia saudita: coalizione da Tiffany
Il 20 marzo, la Coalizione arabo-sunnita a guida saudita, impegnata in una guerra per procura con l’Iran, ha riferito che i ribelli sciiti yemeniti Houthis, considerati la longa manus di Tehran, hanno lanciato quattro attacchi missilistici, che hanno danneggiato abitazioni e automobili civili, senza causare vittime. Secondo l’agenzia stampa saudita di Stato, Spa, i missili avevano come obiettivi un impianto di desalinizzazione dell’acqua, ad al-Shaqeeq, uno stabilimento Aramco (società petrolifera saudita, che ultimamente ha aperto agli investimenti cinesi) a Jizan, una centrale elettrica a Dhahran al-Janoub e un impianto per lo stoccagio di gas a Khamis Mushait. La Coalizione avrebbe inoltre intercettato e distrutto tre droni, diretti contro infrastrutture economiche, oltre ad aver sventato un attacco contro uno stabilimento della Aramco per il gas naturale liquefatto (gnl), a Yanbu. Alcuni osservatori sollevano l’interrogativo di una simile mossa, nell’attuale congiuntura geopolitica, suggerendo la possibilità che Tehran stia cercando di esercitare pressioni sugli Stati uniti affinché, a seguito della ripresa dei negoziati internazionali sul programma nucleare della Repubblica islamica, scelgano la via del confronto diretto (che finora hanno rifiutato, non partecipando direttamente ai colloqui di Vienna) e aboliscano, o almeno allevino, il regime di sanzioni adottato dalla precedente amministrazione di Donald Trump. Colpire le infrastrutture energetiche di Riyadh, in un momento in cui i paesi europei cercano fonti di approvvigionamento alternativi alla Russia, potrebbe dunque essere un monito indiretto da parte di Tehran circa la propria capacità di proiezione in Medio Oriente e nel Golfo, anche dopo la morte del generale Qassem Soleimani, ad opera di un drone statunitense.
Emirati arabi uniti: annunciato il futuro partenariato con l’Australia
Il 17 marzo, il ministro del Commercio estero emiratino, Thani al-Zeyoudi, ha annunciato l’intenzione di avviare le trattative con l’Australia per stabilire un Accordo di partenariato economico globale (Cepa). L’obiettivo è incrementare le relazioni commerciali tra i due paesi, da cui ci si attende la creazione di nuovi posti di lavoro e di nuove opportunità di esportazione. Canberra, d’altronde, ha oltre 300 aziende operative negli Emirati arabi uniti (Eau), soprattutto nei settori della costruzione, dei servizi finanziari, delle forniture agricole e dei servizi di formazione, e questo sarebbe per lei il primo accordo di spessore con un paese mediorientale. Nel 2020, il valore complessivo degli scambi commerciali tra Abu Dhabi e Canberra ha raggiunto i 6.8 miliardi di dollari, il che fa degli Eau il più importante partner regionale australiano. Abu Dhabi, dunque, aggiunge un altro tassello alla rete di relazioni diplomatiche che sta tessendo in questi ultimi mesi. Ad esempio, gli Eau sono tra i paesi che tengono aperto uno spiraglio di cooperazione con la Russia: il 17 marzo, il ministro degli Esteri emiratino Abdullah bin Zayed Al Nahyan si è recato in visita a Mosca, dove ha espresso la sua volontà di collaborare con la Russia (parte dell’alleanza Opep+), per contribuire alla sicurezza energetica globale. Il 16 marzo, invece, gli Eau avevano ricevuto il Primo ministro britannico Boris Johnson, a caccia di fonti di petrolio e gas alternative a Mosca. Il complesso lavorìo diplomatico include anche un’intensificazione graduale, negli ultimi anni, delle relazioni trilaterali con Cina e Indonesia, non solo nelle forniture di vaccini contro il SARS-CoV-2, ma anche negli investimenti: lo scorso settembre, funzionari emiratini hanno visitato l’Indonesia per discutere del finanziamento della costruzione di resort e della fondazione di quella che sarà la futura capitale indonesiana. Per i resort, agli incontri avrebbero partecipato anche funzionari di Pechino, con cui Abu Dhabi vorrebbe firmare un contratto per l’acquisto di 12 aerei addestratori L15.