Pd chiede extra time.
Riprende nell’Aula del Senato la discussione del ddl n. 935 recante ‘modifiche costituzionali per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica’. Si riparte dall’esame degli emendamenti, interrotto per la tornata elettorale lo scorso 29 maggio: oggi si affronta l’art.5, il cuore della riforma, dove viene normata l’elezione diretta del premier. Da valutare restano circa 1600 emendamenti, presentati in particolare dal Pd e da Avs. Forze di opposizione che hanno scelto la strada dell’ostruzionismo, a differenza del M5S, che ha presentato pochi emendamenti mirati, riuscendo per ora a far slittare a dopo le europee il via libera al testo.
Il partito democratico ha già fatto sapere che chiederà oggi un extra time. “Faremo tutto ciò che è concesso in Parlamento per fermare il premierato”, ha sottolineato il capogruppo in Senato, Francesco Boccia. “Oggi in Senato riparte la battaglia per fermare il disegno autoritario della Meloni”, aggiunge il capogruppo di Avs, Peppe De Cristofaro. “Noi -assicura- continueremo la nostra battaglia ostruzionistica contro lo stravolgimento a maggioranza della nostra carta Costituzionale”.
L’articolo 5, modificato nel corso dell’esame in Commissione, sostituisce l’articolo 92 della Costituzione, introducendo la previsione dell’elezione del presidente del Consiglio dei ministri a suffragio universale e diretto per cinque anni, fissando un limite al numero dei mandati. Viene stabilito che il presidente del Consiglio possa essere eletto per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora, nelle precedenti, abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Si dispone altresì che le elezioni delle Camere e del presidente del Consiglio abbiano luogo contestualmente.
Domani capigruppo per calendario lavori
Si rinvia alla legge la disciplina del sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio dei ministri, prevedendo l’assegnazione di un premio su base nazionale che garantisca, in ciascuna delle Camere, una maggioranza dei seggi alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio eletto, fermo restando il rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche.
Nel testo si prevede inoltre che il presidente del Consiglio sia eletto nella Camera nella quale abbia presentato la sua candidatura. In base all’ultimo comma del nuovo articolo 92, il Presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio eletto e, su proposta di quest’ultimo, nomina e revoca i ministri.
Il via libera definitivo al testo di riforma costituzionale – composto da un totale di 7 articoli – secondo quanto ipotizzato nel calendario dei lavori d’Aula, ancora passibile di modifiche, in una capigruppo fissata per domani alle 13, potrebbe arrivare tra una settimana esatta, martedì 18. Il ddl Casellati passerà poi alla Camera per la seconda lettura.