Vivere la propria esistenza con “audacia”.

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Intervista alla scrittrice Mari Accardi

Cosa significa essere turisti nelle vite altrui?”: ce lo spiega la scrittrice Mari Accardi con il suo nuovo romanzo “Non ho tempo di andare al mare” edito da Nutrimenti.

Protagonista di questa storia dalla trama avvincente e ricca di personaggi suggestivi è Matilde, una trentenne che vedendosi fallire il suo sogno di diventare una famosa sceneggiatrice accetta l’incarico da guida turistica nella sua terra d’origine, la Sicilia.

Conducendo i suoi turisti, la compagnia degli Audaci nei luoghi della sua infanzia e coinvolgendoli nelle vicende della sua famiglia Matilde imparerà ad analizzare il tutto sotto una nuova prospettiva e ad acquisire consapevolezze dalle quali spesso e volentieri tentiamo a scappare. E chissà se anche lei riuscirà alla fine a lasciarsi coinvolgere dall’audacia del suo gruppo di turisti, così affamati di novità e di scoprire e mettersi in gioco.

Una storia scritta ad arte dall’Accardi a cui non l’ ironia che permette al lettore di sorridere e riflettere al tempo stesso su alcune tematiche esistenziali che ci riguardano tutti in quanto esseri umani.  I personaggi creati dall’Accardi rimangono davvero impressi nella mente e nel cuore del lettore.

In questa intervista l’autrice ci racconta com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo e di cosa significare vivere la vita con audacia.

Com’ è nata l’idea di scrivere questo romanzo dalla trama avvincente?

Innanzitutto, grazie! All’inizio avevo in mente due storie: quella di una guida turistica in Norvegia e quella di una badante che scompare. Non riuscivo a ingranare con nessuna delle due e durante la pandemia ho deciso di unirle in un unico romanzo, modificando il contesto. Prima di prendere la forma definitiva, però, l’ho riscritto parecchie volte.

Il libro è ambientato in Sicilia. Che rapporto hai con la tua terra di origine?

Non ci vivo da vent’anni e allo stesso tempo è come se non me ne fossi mai andata. Come Matilde, la protagonista, mi sembra che “gira e firrìa” sono destinata a tornarci.

Come e in che misura la Sicilia può diventare fonte di ispirazione per uno scrittore?

A me della Sicilia colpisce l’imprevedibilità, che non è sempre un bene, ma in questo caso la intendo come capacità di stupirti, di farti provare meraviglia anche con poco.

La tematica che affronti è “l’essere turisti nelle vite altrui”. In cosa consisterebbe questo modo di vivere? Lo puoi spiegare ai nostri lettori?

La protagonista del romanzo, e anche altri personaggi, non hanno ancora trovato la loro strada e vanno per tentativi. Matilde non sa mai cosa farà a settembre, cambia città, lavoro, e di ritorno a Palermo, cambia continuamente famiglia (lavorativa). Non può fare dei progetti, organizzare la sua vita, e se questo senso di precarietà da un lato provoca disagio, dall’altro potrebbe aprire nuove prospettive.

Matilde la protagonista del tuo libro si ritrova a fare da guida turistica ad un gruppo definito “Gli audaci”. Cosa significa condurre un’esistenza da “audaci” metaforicamente parlando?

 La Compagnia si chiama “Il mondo degli audaci” e i turisti sono perlopiù settantenni che non hanno mai viaggiato da soli. Essere audaci per loro significa esplorare nuovi territori e imparare nuove abitudini (anche imparare a timbrare il biglietto dell’autobus in un orario di punta potrebbe risultare “audace”). Nel senso più ampio significa provare a realizzare i propri sogni – per quanto sembrino bizzarri – a prescindere dall’età. Ma potrebbe significare anche accettare di fermarsi e prendersi cura delle persone.

Hai mai condotto una fase da “audace” nella tua vita?

Cerco sempre di non sottrarmi davanti a esperienze nuove, anche se mi sento impreparata. Con Matilde condivido il fatto di aver vissuto in posti diversi e aver fatto molti lavori ma la fase più audace è stata mantenere il centro e insistere caparbiamente con questa storia nonostante tutti i cambiamenti che avvenivano attorno a me.

I personaggi del tuo libro sono molto particolari e rimangono impressi nella mente del lettore. C’è un personaggio al quale sei particolarmente legata e perché?

Grazie, mi sono divertita molto a scriverli. Sono affezionata alla figura del padre, Vito Puleo, così malinconico e diffidente, ma anche a Labbestia, più libero e incurante del giudizio altrui. Mi piace anche Margherita, indipendente a settant’anni, e Fulvia, determinata a realizzarsi, nel suo particolarissimo modo. E ovviamente Adela, che riesce sempre ad adattarsi alle situazioni.

Com’è nata la tua passione per la scrittura?

Scrivevo sin da piccola. Scrivevo e disegnavo. Tutti a casa mia disegnano o inventano storie. Sono cresciuta in mezzo ai fumetti.

Che ruolo ha la scrittura nella tua vita?

Quando non scrivo penso continuamente a delle storie che vorrei scrivere, i personaggi mi ronzano in testa e a un certo punto devo buttarli fuori. Non potrei stare senza i libri e le possibili storie da raccontare. È il mio modo per capire e affrontare la vita.

A chi consigli la lettura di “Non ho tempo per andare al mare”?

A tutti. A chi si sente precario, a chi si sente fuori tempo o inesperto, ai curiosi, agli audaci delle piccole imprese, che forse tanto piccole non sono.

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