Da movimenti ricercato a trasmissione atti, operato della Cpi nel mirino dell’esecutivo
Alla ripresa dei lavori parlamentari, il caso Almasri torna prepotentemente sotto i riflettori. Saranno i ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e della Giustizia Carlo Nordio a riferire domani, prima alla Camera poi in Senato, sulla vicenda del comandante libico accusato di crimini contro l’umanità e rilasciato dalle autorità italiane. Il governo, incalzato dalle opposizioni, proverà dunque a fare chiarezza su un nodo spinoso, soprattutto alla luce dell’indagine per favoreggiamento e peculato che vede coinvolti la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e gli stessi ministri Piantedosi e Nordio. La linea su cui poggerà la doppia informativa del governo sarebbe questa, essenzialmente: a sbagliare è stata la Corte penale internazionale (dalla quale sarebbero arrivati atti quantomeno “pasticciati”), mentre l’esecutivo ha agito a tutela dell’interesse e della sicurezza nazionale quando ha deciso di rispedire in Libia Almasri a bordo di un volo di Stato.
Al guardasigilli – spiegano fonti di governo – dovrebbe toccare il compito di ripercorrere tutti gli avvenimenti che hanno portato al fermo e poi al rilascio del criminale libico, in una cronistoria dettagliata dove il titolare della Giustizia ribadirà la correttezza del suo operato. Nordio, spiegano le stesse fonti, dovrebbe insistere sul fatto che il ministero è stato rispettoso delle norme e della procedura e che nessuna colpa è attribuibile al governo, rimarcando come invece siano stati commessi “palesi errori” da parte della Corte penale internazionale. Proprio la premier Meloni aveva attaccato la Cpi nel video social in cui dava notizia dell’avviso di garanzia: “La Corte penale internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli. Curiosamente – le parole di Meloni – la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato, per circa dodici giorni, in altri tre Stati europei”.
Nell’informativa dei ministri – rinviate di una settimana dopo l’annuncio dell’indagine – dovrebbero essere analizzati ai raggi X tutti i passaggi del caso Almasri fin dall’inizio: spostamenti in Europa del libico, arrivo in Italia, fermo e rimpatrio. Su quest’ultimo aspetto dovrebbe concentrarsi l’intervento in Aula del ministro dell’Interno Piantedosi soprattutto nella parte che concerne l’utilizzo del volo di Stato. Del resto una prima relazione del governo sul caso Almasri era stata fornita dal capo del Viminale nel question time al Senato dello scorso 23 gennaio. In quella sede Piantedosi aveva evidenziato come, dopo la decisione della Corte d’Appello di Roma di disporre il 21 gennaio l’immediata scarcerazione di Almasri giudicando il suo arresto “irrituale”, l’uomo sia stato rilasciato nella serata dello stesso giorno per poi essere rimpatriato a Tripoli “per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”: un atto che per Piantedosi mirava a salvaguardare “la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico”. Nel question time, il ministro aveva comunicato la disponibilità del governo ad approfondire diversi aspetti della questione, come “la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico”.
La minoranza continua però a chiedere un intervento in Aula della premier Meloni. Che oggi interviene sul tema migranti in un post sui social in cui parla dell’inchiesta della Dda di Salerno “che ha portato a 36 indagati e svelato oltre 2mila richieste false di permessi di soggiorno”. Una vicenda, sottolinea la leader di Fdi, che “conferma ancora una volta quanto denunciato dal governo: per anni, la gestione dei flussi migratori è stata terreno fertile per criminali senza scrupoli”. Non a caso, “ho presentato un esposto all’Antimafia per fare luce sulle troppe anomalie di questo sistema”, prosegue Meloni, che assicura: “L’immigrazione non può essere lasciata in balia della criminalità. Continueremo a lavorare per ristabilire regole serie e legalità”.
Sullo sfondo resta il nodo Albania, dopo che la Corte di appello di Roma non ha convalidato il trattenimento di 43 persone rinchiuse nel centro di Gjader. Il governo e la maggioranza lavorano alla soluzione, si parla di un nuovo provvedimento ad hoc per evitare che i giudici delle “Sezioni immigrazione” passino alle Corti d’appello: “Tutti e 5 i giudici” che hanno “firmato i provvedimenti della Corte di appello provengono dalla Sezione specializzata del Tribunale di Roma… Una chiara presa in giro del Parlamento”, denunciavano alcuni giorni fa i capigruppo di Fdi Lucio Malan e Galeazzo Bignami. Ma difficilmente un provvedimento in tal senso sarà pronto per il prossimo Cdm, che potrebbe avere luogo questo giovedì.