“La Scuola è diventata una Clinica Psichiatrica”: L’affondo di Galimberti e il dibattito sulla medicalizzazione

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“La scuola elementare sembra diventata una clinica psichiatrica. Tutti discalculici, disgrafici, dislessici, asperger, autistici… ma chi l’ha detto?” Con queste parole, il filosofo Umberto Galimberti ha scatenato un acceso dibattito sul tema della medicalizzazione nelle scuole italiane.

Le sue dichiarazioni, pronunciate durante un convegno a Vicenza, hanno diviso l’opinione pubblica e suscitato reazioni contrastanti tra esperti, genitori e insegnanti.
Secondo Galimberti, l’aumento delle diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e altre condizioni come l’autismo o la sindrome di Asperger riflette una tendenza a “patologizzare tutte le insufficienze”.

Il filosofo ha sottolineato come, ai suoi tempi, le difficoltà scolastiche venissero affrontate con esercizio e impegno, senza ricorrere a certificazioni. Ha inoltre accusato alcuni genitori di utilizzare le diagnosi per ottenere percorsi facilitati per i propri figli, definendo questa pratica “la strada dell’ignoranza”.


Le parole di Galimberti hanno trovato sia sostenitori che detrattori. Da un lato, alcuni pedagogisti concordano sul rischio di un eccesso di medicalizzazione, che potrebbe trasformare la scuola in un luogo dominato da burocrazia e certificazioni. Dall’altro, molti esperti sottolineano che l’aumento delle diagnosi è il risultato di una maggiore consapevolezza e attenzione verso le difficoltà degli studenti, non di un abuso.

“Dislessia, discalculia e disgrafia sono condizioni reali, non invenzioni,” ha dichiarato il pedagogista Daniele Novara, aggiungendo che le certificazioni sono fondamentali per garantire un percorso scolastico adeguato.
I dati Istat mostrano un aumento significativo delle certificazioni di disabilità scolastica negli ultimi dieci anni, passando dal 2,1% degli studenti nel 2014-2015 al 4,1% nel 2022-2023. Questo incremento riflette progressi nella diagnosi, ma solleva anche interrogativi sulla formazione degli insegnanti e sulla capacità delle scuole di gestire le diversità senza ricorrere eccessivamente alla medicalizzazione.


Il dibattito sollevato da Galimberti mette in luce una questione cruciale per il sistema educativo italiano: come coniugare inclusione e qualità dell’insegnamento senza cadere nell’eccesso di diagnosi e burocrazia. Mentre il confronto continua, resta chiaro che il futuro della scuola dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra attenzione alle differenze individuali e valorizzazione del potenziale di ogni studente.