Il 22 marzo 2025, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato un cambiamento semantico che sta suscitando ampie discussioni.
Il piano “ReArm EU”, volto a rafforzare la capacità di difesa dell’Unione Europea attraverso l’acquisto di armi e sistemi di difesa, subirà una trasformazione nel nome e nella terminologia. La nuova definizione coniata dalla presidente von der Leyen per descrivere l’iniziativa sarà infatti “prontezza”, un termine che, secondo la Commissione, riflette meglio la visione strategica dell’Unione nell’affrontare le sfide geopolitiche globali.
Il cambiamento del nome da “ReArm EU” a “prontezza” solleva interrogativi, non solo sulle implicazioni politiche ed economiche, ma anche sul linguaggio utilizzato dalla politica europea per camuffare o distorcere la realtà degli impegni militari. In un contesto in cui la guerra in Ucraina e le tensioni internazionali con potenze come la Russia e la Cina sono al centro delle preoccupazioni, l’uso della parola “prontezza” al posto di “riarmo” sembra destinato a smorzare la durezza della realtà della spesa per armamenti, orientandola verso un concetto di preparazione preventiva.
Il termine “prontezza” in sé suggerisce una sorta di preparazione o di capacità di risposta rapida a situazioni critiche, senza mettere l’accento sulle armi in modo diretto. È una scelta che può sembrare meno aggressiva rispetto al termine “riarmo”, ma che non sfugge alla retorica politica moderna, in cui si tende a spostare il dibattito su concetti più astratti.
La Commissione Europea ha difeso la scelta, spiegando che la priorità non è quella di aumentare in maniera esponenziale le forniture di armi, ma piuttosto garantire che l’Unione Europea disponga di un sistema difensivo all’altezza delle sfide moderne, senza suscitare preoccupazioni in merito alla militarizzazione eccessiva del continente. La “prontezza”, quindi, sarebbe una sorta di assicurazione sulla capacità dell’Europa di difendersi in caso di minacce reali, ma senza cadere nel “giro di vite” della corsa agli armamenti.
L’idea dietro la riformulazione semantica sembra mirata a contrastare le critiche interne ed esterne relative all’uso di risorse finanziarie per l’acquisto di armamenti, piuttosto che per iniziative di carattere sociale, economico e ambientale. In un’Unione Europea che sta affrontando sfide economiche, crisi migratorie e disuguaglianze interne, il messaggio della Commissione potrebbe essere che la “prontezza” non è sinonimo di militarismo, ma di una strategia di difesa collettiva e cooperativa.
Ma questa scelta solleva anche interrogativi più profondi sul linguaggio che le istituzioni politiche globali, come l’Unione Europea, utilizzano per mascherare o giustificare politiche impopolari. Quella che potrebbe sembrare una semplice modifica terminologica potrebbe, infatti, nascondere un ampio programma di militarizzazione della regione, alimentato da uno scenario internazionale che sembra sempre più spingere verso la guerra fredda tra blocchi geopolitici.
Il cambiamento semantico non è solo una questione di etichetta, ma una chiara indicazione di come l’Unione Europea intenda affrontare la crescente domanda di sicurezza interna ed esterna. La riformulazione di “ReArm EU” in “prontezza” potrebbe anche essere vista come una risposta alla crescente pressione da parte degli Stati membri più favorevoli all’autonomia difensiva, in particolare quelli dell’Est Europa, che temono di non essere sufficientemente protetti da potenze come la Russia.
La spesa militare, sotto il nome di “prontezza”, rischia però di accentuare le disuguaglianze interne all’UE, poiché i fondi destinati alla difesa potrebbero sottrarre risorse cruciali per altri settori come la sanità, l’educazione o la lotta al cambiamento climatico. La sfida sarà, quindi, mantenere un equilibrio tra la sicurezza militare e il benessere sociale, evitando di far prevalere una visione che potrebbe alienare la popolazione europea, già scossa dalla crisi economica e sociale in corso.
La riformulazione di “ReArm EU” in “prontezza” da parte di von der Leyen è una mossa che, a livello linguistico, vuole apparentemente allontanarsi dalla retorica bellica, ma che nasconde sotto il termine un impegno forte verso l’espansione della capacità difensiva europea. Questa scelta potrebbe contribuire ad accelerare la trasformazione dell’Unione Europea in un blocco sempre più autonomo e preparato militarmente, ma anche a sollevare preoccupazioni circa l’influenza crescente dei settori armamenti all’interno delle politiche comunitarie.