La Francia è da sempre uno dei protagonisti principali dell’architettura europea, con un potenziale economico enorme e un’importanza geopolitica che non è mai stata messa in discussione.
Eppure, negli ultimi anni, si è imposta sempre più come un esempio di immobilismo, come un corpo stanco e irrigidito, incapace di adattarsi ai rapidi cambiamenti dell’economia globale e della politica interna. Un’immagine che, paradossalmente, viene ora delineata da Les Echos, il quotidiano economico francese per antonomasia, noto per il suo approccio sobrio e moderato. Il titolo che campeggia sulla prima pagina è chiaro e tagliente: “La Francia è la patria dell’immobilismo”.
Non si tratta di una critica venuta da fuori, come spesso accade quando sono i commentatori britannici o i falchi tedeschi a sollevare preoccupazioni sulle performance economiche della Francia. Stavolta, è la stampa francese stessa ad auto-criticarla, con uno dei suoi giornali più influenti che punta il dito sul governo guidato da François Bayrou, il nuovo primo ministro. Bayrou, spesso visto come simbolo di una politica che ha smesso di innovare e di rispondere alle sfide del presente, diventa il capro espiatorio di un malessere che ha radici più profonde e che non riguarda solo una singola figura politica, ma l’intero sistema istituzionale ed amministrativo del paese.
Dietro la figura di Bayrou, Les Echos individua un problema ben più ampio, un sistema che non è più capace di correggersi, di adattarsi e di reagire ai mutamenti necessari per rilanciare la Francia. Un sistema che, invece di riformarsi, sembra aver imboccato la strada della conservazione, restando intrappolato nelle sue inefficienze e disfunzioni. La mancanza di riforme strutturali, l’incapacità di risolvere i nodi critici che rallentano l’economia, e l’indecisione di una classe politica che fatica a compiere scelte coraggiose, stanno minando progressivamente la credibilità economica del paese.
Una delle principali preoccupazioni sollevate da Les Echos riguarda le finanze pubbliche, che continuano a rappresentare un grande nodo da sciogliere. Il debito pubblico francese ha ormai superato la soglia dei 3.100 miliardi di euro, ossia oltre il 110% del PIL. Un livello che, nonostante le dichiarazioni di intenti degli ultimi governi, è rimasto invariato per anni, alimentando il rischio di una crisi fiscale. Il deficit pubblico, che nel 2023 si prevede raggiunga il 5,6%, è ben al di sopra dei parametri stabiliti dall’Unione Europea. La Francia è uno dei pochi paesi che non ha mai davvero rispettato i parametri del Patto di stabilità europeo, nemmeno nei periodi di crescita economica.
Ora che i tassi di interesse sono in aumento, la Francia rischia di trovarsi a dover affrontare un costo insostenibile per il servizio del debito. Un onere che potrebbe crescere ulteriormente, mettendo in crisi la capacità dello Stato di finanziare altri settori vitali dell’economia, come la sanità e l’istruzione, senza dover ricorrere a nuove imposte o a tagli drastici. L’incapacità di affrontare seriamente il problema del debito potrebbe avere un impatto devastante sulla fiducia degli investitori e sull’attrattività del paese per le imprese straniere.
La Francia, da sempre simbolo di forza e di stabilità in Europa, si trova ora in una posizione di vulnerabilità. Le istituzioni appaiono incapaci di riformarsi in modo profondo, e le politiche pubbliche sembrano essere intrappolate in un circolo vizioso che impedisce qualsiasi vera spinta verso il cambiamento. Questo immobilismo rischia di compromettere la credibilità economica del paese nel lungo termine, allontanando non solo gli investitori, ma anche i giovani talenti e le imprese che potrebbero contribuire a rilanciare la crescita.
La Francia sembra destinata a rimanere indietro, se non troverà la forza per rompere il ciclo di stagnazione. La crisi del debito, l’immobilismo politico e la rigidità del sistema amministrativo sono solo la punta dell’iceberg di un paese che, pur avendo ancora un enorme potenziale, non riesce a liberarsi dalle proprie catene interne. La sfida ora è capire se la Francia riuscirà a riscoprire la propria capacità di innovare e di reagire alle sfide del mondo contemporaneo, o se, al contrario, continuerà a rimanere ferma nel proprio immobilismo.