

Elena Cecchettin, sorella della giovane Giulia tragicamente uccisa ha espresso la sua forte indignazione riguardo alla sentenza che ha portato alla condanna dell’assassino della ragazza, Francesco Turetta.
Giulia Cecchettin, una giovane donna di soli 24 anni, è stata brutalmente uccisa con ben 75 coltellate dal suo ex compagno, Francesco Turetta, nell’ottobre del 2022. La tragica vicenda ha sconvolto l’intera comunità e sollevato numerosi interrogativi sul trattamento giuridico dei femminicidi. Tuttavia, le motivazioni della condanna, rese pubbliche di recente, hanno suscitato un’ulteriore ondata di sdegno.
Secondo il giudice, Turetta avrebbe inflitto le 75 coltellate non per un atto di crudeltà premeditata, ma per “inesperienza”, lasciando intendere che l’assassino non avesse agito con l’intento di “infierire” sulla vittima. Una motivazione che, a parere di molti, rischia di sminuire la gravità del crimine e di fare un pericoloso passo indietro rispetto alla comprensione delle dinamiche di violenza di genere.
Elena Cecchettin ha commentato duramente queste parole, definendo la sentenza un “terribile precedente”. Secondo la sorella di Giulia, ridurre un omicidio così efferato a un errore dovuto all’inesperienza è un’offesa alla memoria di Giulia e di tutte le vittime di violenza. “Non è possibile che una vita venga stroncata in modo così brutale e che il responsabile venga trattato con una tale indulgenza. Le 75 coltellate non possono essere giustificate come un errore. Sono il segno di una volontà precisa di eliminare la persona che si trovava davanti”, ha dichiarato Elena, visibilmente commossa.
Il concetto di “inesperienza” solleva ulteriori dubbi sulla responsabilità dell’imputato. In un contesto di crescente consapevolezza sociale riguardo alla violenza di genere, molti temono che simili giustificazioni possano minare la lotta per una giustizia equa e adeguata. Turetta, infatti, non è stato considerato incapace di intendere e di volere, ma la sua azione è stata ritenuta priva di premeditazione, nonostante la ferocia con cui ha colpito la vittima.
Elena Cecchettin ha espresso anche preoccupazione per l’effetto che questa sentenza potrebbe avere sulla società, in particolare sulle donne che vivono situazioni di violenza. “Una simile sentenza invia un messaggio pericoloso: che la violenza contro le donne non è sempre un atto volontario, ma può essere vista come un errore. Questo non solo sminuisce la gravità del crimine, ma rende più difficile per le vittime trovare giustizia”, ha sottolineato.
La condanna di Turetta, che ha ricevuto una pena di 20 anni di carcere per l’omicidio, non ha però placato la rabbia e il dolore di chi ha seguito il caso. In molte occasioni, Elena ha parlato a nome della famiglia, chiedendo che il sistema giuridico dia maggiore attenzione alle cause strutturali della violenza di genere, piuttosto che concentrarsi su tecnicismi che rischiano di banalizzare il crimine.
Questa vicenda segna un nuovo capitolo nella lotta contro la violenza di genere in Italia, e il timore di Elena Cecchettin è che sentenze come quella di Turetta possano diventare un precedente pericoloso. In un Paese in cui i femminicidi sono ancora una dolorosa realtà quotidiana, la società intera deve interrogarsi su come affrontare questi crimini e garantire che la giustizia sia veramente giusta per le vittime.
In attesa di possibili appelli o interventi da parte delle istituzioni, il caso continua a tenere alta l’attenzione sulla necessità di una giustizia che non faccia sconto a chi compie atti di violenza, indipendentemente dalle circostanze. Per Elena Cecchettin, la battaglia per Giulia è ancora lunga, ma non intende arrendersi finché non avrà giustizia per sua sorella e per tutte le donne che subiscono violenza.