È tornata la voce della generazione che non vuole più aspettare. È tornata per le strade, nei cori, nei cartelli, nei sorrisi ostinati di chi guarda il cielo e pretende un pianeta vivibile.
Da Roma a Torino, passando per Milano, Napoli, Bologna e decine di altre città, si è snodata oggi la nuova ondata di cortei targati Fridays for Future, il movimento ispirato da Greta Thunberg che da anni scuote le coscienze sul cambiamento climatico.
Lo slogan scelto per questa giornata è semplice, ma potente: “Costruiamo il futuro”. Non più solo protesta, ma proposta. Non più solo allarme, ma azione. Perché, come urlava uno degli striscioni a Firenze, “Non c’è più tempo per aspettare chi ha il potere”.
A Roma, tra piazza della Repubblica e piazza Venezia, la scena più simbolica: decine di ragazzi hanno fatto rotolare un enorme pallone gonfiabile a forma di Terra. Un gesto coreografico, ma denso di significato: il mondo è nelle nostre mani, e oggi è proprio la generazione più giovane a spingerlo avanti. Un pianeta fragile, gonfio di speranze e minacciato dalle incertezze, che avanza a colpi di passo, urla e tamburi.
La piattaforma dei manifestanti è chiara: basta investimenti nei combustibili fossili, sì a una transizione energetica equa, accelerazione sugli obiettivi climatici dell’UE e un piano nazionale per il clima che non sia solo sulla carta. Ma c’è di più. Dai megafoni risuonano parole che intrecciano ecologia e giustizia sociale: “Non si può salvare il pianeta lasciando indietro chi lavora, chi vive nelle periferie, chi è già vittima delle disuguaglianze ambientali”. La crisi climatica, ricordano, non è solo una questione scientifica, ma politica, etica, generazionale.
Negli ultimi mesi molti osservatori avevano parlato di un riflusso del movimento ambientalista giovanile. Ma i cortei di oggi raccontano un’altra storia: Fridays for Future è vivo, più maturo, e sa reinventarsi. Non c’è solo l’urgenza climatica: nei cartelli compaiono richiami alla Palestina, alla crisi migratoria, alle disuguaglianze di genere, alla lotta per il diritto allo studio. Un’ecologia della complessità, come se la generazione Z avesse capito prima degli adulti che i problemi del mondo sono tutti interconnessi.
A pochi giorni dalla presentazione del nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), molti studenti criticano l’atteggiamento “cerchiobottista” del governo: “Ci parlano di sostenibilità, ma continuano a finanziare trivelle e grandi opere inutili”. La sfida, dicono, è trasformare la piazza in pressione politica reale. E forse, nel lungo termine, anche in nuova classe dirigente.
Per ora, il futuro cammina. E rotola, come quel pianeta gonfiabile che oggi, per un momento, ha smesso di essere solo un simbolo. E ha preso la strada giusta.