C’è bisogno di parlare di tematiche delicate che riguardano le relazioni umane per aprire dibattiti, per dar vita a confronti costruttivi su esperienze che inevitabilmente si possono provare sulla propria pelle.
Con il suo romanzo “Sono bella per te”, Edizioni All Around, Francesca Malerba ci riesce nell’intento donando ai lettori una storia su un amore disfunzionale e tossico che fa riflettere tanto. Sarà inevitabile e facile entrare in empatia con il personaggio di Anna, sentire e percepire certe emozioni, a volte contrastanti ma che ci permettono di riconoscere cosa significa vivere dinamiche relazionali che ci impediscono di vedere con chiarezza quanto l’altro possa diventare nocivo per noi, quanto la manipolazione e la violenza piscologica possano minacciarci e rubarci linfa vitale.
Del suo romanzo degno di nota, di amore disfunzionale, del potere dell’amicizia e dei luoghi capaci di ispiraci storie di pura vita conversiamo piacevolmente in questa intervista con l’autrice.

Partiamo dall’origine, come è nata l’idea di scrivere questo romanzo su una tematica delicata come l’amore disfunzionale?
L’idea di scrivere “Sono bella per te” è nata dall’osservazione della complessità delle relazioni, partendo da esperienze personali dirette e indirette, dall’osservazione di quello che viviamo nella nostra società, che mi pare diventi sempre più grave e preoccupante. Mi ricordo che, stiamo parlando del 2017, mi confrontai con delle amiche, una lavora in un centro antiviolenza, l’altra è un’attivista di Lucha y Siesta, e chiesi spiegazioni sulla violenza psicologica nelle relazioni. Domandavo loro come mai nelle coppie sono più spesso vittime le donne? Eppure non servono i muscoli, mi dicevo. Così ho cominciato a studiare su testi divulgativi di psicologia, e poi ho deciso di scrivere un romanzo, inserendo nella storia una serie di spunti che facessero riflettere e possibilmente aprissero un dibattito.
Quanto è importante secondo te scrivere storie ispirate alla pura vita come quella che emerge da Sono bella per te?
Per me è molto importante. Io non mi sento un’artista, non scrivo perché penso di fare letteratura. Voglio puntare i riflettori su delle questioni che secondo me hanno bisogno di essere sviscerate. Di solito scrivo spinta dalla voglia di imparare io per prima, per quello studio oppure mi confronto con esperti o testimoni. Il romanzo è un buono strumento per trattare questi temi perché la lettura dovrebbe essere anche piacevole. Inoltre non è un saggio, non serve ipotesi preconfezionate, ma ti costringe a fare i conti con “cosa farei io se succedesse a me”. E di solito apre confronti, con sé stessi e con altri.
Secondo te quando un amore è da ritenersi sano?
La ricetta giusta prova a darcela Agnese, personaggio del mio romanzo, visto che lei è riuscita ad avere una vita sentimentale appagante e a superare le crisi. Io non sono sicura di essere abbastanza preparata su questo tema, non posso vantare esperienze di successo come Agnese! Provo a dirti come immagino una relazione equilibrata. Fondamentali sono rispetto reciproco e fiducia. Sarebbe giusto forse stabilire dei confini, mantenendo spazi privati e delineando l’ambito in cui si muove la coppia. Chiarire cosa rifiutiamo e cosa possiamo accettare in un rapporto (soprattutto di questi tempi in cui ci sono poliamore, coppie aperte, situazioni meno “classiche”, diciamo), anche per capire se la relazione può funzionare. Due persone che si amano si sostengono, si accolgono, senza prevaricazioni. È un equilibrio complicato, anche perché ora ti parlo con la razionalità. Quando ci si innamora si tende a non vedere, a concedere troppo, a credere che si possa trovare una soluzione anche a conflitti che rendono le persone incompatibili. Come forse è successo ad Anna. Nel romanzo “Il Colibri” di Sandro Veronesi, c’è una pagina che mi è rimasta impressa: dice che in tutte le storie c’è un preciso momento all’inizio che predice come andranno a finire, solo che poi ce ne dimentichiamo.
Da Sono bella per te emerge la dualità dell’essere umano diviso tra ragione e sentimento, felicità e dolore, pulsioni di vita e pulsioni di morte. L’equilibrio secondo te è un’utopia o può diventare realtà? Se sì come….
Io credo che un equilibrio sia possibile, che sia importante una buona dose di intelligenza emotiva, di conoscenza di sé, di centratura e al tempo stesso di empatia e apertura al mondo. Credo anche che questo equilibrio vada aggiustato continuamente, perché è sempre instabile, si deve adeguare momento per momento alla situazione, agli stimoli esterni e interni. E che non ci sia un modo giusto che vada bene per tutti. Ognuno deve trovare il suo.
Anna nonostante la sua storia d’amore tormentata non smetterà mai di credere nell’amicizia delle persone che la supporteranno sempre. Che ruolo ha l’amicizia vera quando si vivono situazioni di questo tipo? E per te?
Questo è il romanzo dell’amicizia. Anna può vantare amiche preziose, che sono sempre presenti e concretamente pronte ad aiutarla. L’amicizia è un dono prezioso di cui essere grati. Anna è fortunata, non tutti gli amici possono essere sempre disponibili come succede a lei. L’amicizia sostiene ma non salva. In questo romanzo, come nella vita. Francesca e Agnese le donano tutto il loro amore e la loro presenza, ma non la capiscono. Non possono: non ne hanno gli strumenti. Non è una loro colpa. Le amiche la vogliono aiutare, ma a un certo punto lei stessa sfugge all’aiuto. Nessuno ci può aiutare se noi non vogliamo farci aiutare. Dobbiamo fare lo sforzo della consapevolezza e poi il mondo intorno può sostenerci. Anna era in una profonda crisi, la consapevolezza lontana mille miglia da lei, e il perché ce lo spiega la psicoterapeuta Ilaria Consolo nella postfazione.
L’amicizia è fondamentale per me, credo di essere una buona amica e di avere tante buone amicizie. Proprio tante, anche io sono fortunata. Non ho però amiche come quelle di Anna, non ci sono persone che sento tutti i giorni e che sanno tutto di me. Ma gli amici e le amiche ci sono sempre se ho bisogno di consigli, conforto, o mi si è bucata una gomma, anche se ammetto che, per carattere, con gli amici preferisco condividere le gioie, un bicchiere di vino e tante chiacchiere! Se sono triste, preferisco stare sola, e per le ruote ci sono i carri attrezzi!
Roma e il Salento sono i luoghi nei quali è ambientata la storia. Che tipo di legami hai con essi?
Io sono Salentina, come Daniele (ma è l’unica cosa che ho in comune con lui, tengo a sottolineare!). Il Salento è un territorio particolare, che ha sempre viaggiato a due velocità: Il Salento con la voglia di rinnovarsi, di dimostrare, anzi forse ostentare, di essere un sud meno sud degli altri, “moderno” che ha saputo valorizzarsi, e il Salento arcaico patriarcale dove ancora c’è giudizio e pettegolezzo. Forse certi atteggiamenti sono epigenetici e ce li portiamo dentro anche se razionalmente li rifiutiamo.
Roma è la città in cui vivo da più di 20 anni. Non ci siamo mai capite benissimo, per quanto abbiamo ormai raggiunto una felice non belligeranza! Quando sono arrivata a Roma nel 2002, mi sembrava tutto folle. Non avevo vissuto solo in provincia, conoscevo la città perché ho studiato a Bologna, ma il traffico e il disordine di Roma mi sembravano senza senso. Ho cambiato abitudini, mi sono adeguata per sopravvivere, diciamo, ho cercato un quartiere che mi somigliasse e ora questa città bellissima mi è anche diventata simpatica.
Conflitto con la mia terra di origine, e conflitto con la città che mi ospita. Credo che si percepisca anche nel romanzo. Ma d’altra parte non è forse il conflitto che genera movimento, che fa succedere cambiamenti? In “Sono bella per te”, il Salento e Roma sono parte della storia, ci spiegano delle cose, non sono mera scenografia. Mi piace così: amo i luoghi, credo che raccontino storie, che dovremmo ascoltarle con più attenzione.
Quanto di Francesca Malerba possiamo rintracciare in “Sono bella per te”?
Se mi stai chiedendo se il romanzo è autobiografico, la risposta è no. C’è un personaggio secondario: Alessio Vanelli, che trovo molto simpatico, a cui faccio dire quello che io penso dell’eccesso di autobiografismo nella letteratura di questi tempi!
D’altra parte ho vissuto anche io relazioni disfunzionali, e anche subito violenza psicologica, ma in maniera molto meno ambigua di Anna. Diciamo che controllarti il telefono, chiederti di non frequentare certi amici, per fare qualche esempio, sono soprusi e non c’è nulla di poco chiaro! Conosco però le dinamiche che si innescano: il giustificare, il perdonare, il farsi sempre la domanda: fino a dove posso sopportare per salvare la relazione? Sono io che sbaglio, che non sono abbastanza comprensiva?
Per il resto, mi sono nascosta qua e là in tutti i personaggi che mi sono simpatici, ho fatto dir loro delle cose che penso, oppure hanno raccontato delle storie che mi sono successe. Ad esempio: la signora anziana che finge di sparare ai passanti è un mio ricordo.
Un messaggio che vorresti trasmettere a chi vive relazioni tossiche come quella vissuta da Anna, la protagonista nel tuo libro…
Se sei consapevole di essere in una relazione tossica e non riesci a liberartene devi chiedere aiuto. A psicologi, a centri antiviolenza, a persone che sanno spiegarti cosa ti sta succedendo e come fare per salvarti. Il problema è che molte volte non ne sei consapevole… ed è il motivo per cui ho scritto il libro. La violenza psicologica è ambigua, a volte impercettibile. Se la senti, ne dubiti, anche perché chi ti manipola è bravissimo a farti credere che sei tu che sei troppo sensibile, che sbagli, o peggio ti accusa per difendersi.
È quando non te ne accorgi che sei più nei guai…
A chi consigli la lettura si “Sono bella per te”?
A tutti quelli che hanno voglia di fare una riflessione sulle relazioni di questi tempi, a chi ha vissuto una relazione tossica, e a chi non vuole viverla mai. Credo che questo romanzo abbia per natura un pubblico più femminile. Tuttavia, ammetto di essermi stupita nel constatare che la maggior parte degli uomini che ha letto il libro finora non ne ha compreso il senso, ne ha dato un’interpretazione differente. Sono contenta che ci sia la postfazione di Ilaria Consolo a fare chiarezza sulle reali dinamiche che stanno dietro alle azioni dei personaggi. Forse tra le donne e gli uomini, questi ultimi hanno bisogno di rifletterci di più.