Donne e lavoro: dopo la pandemia, a livello globale, la perdita di lavoro delle donne è stata superiore dell’80% rispetto agli uomini.
Questo è quanto reso noto dal periodico statistico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto e pubblicato in occasione della Giornata internazionale della donna. Tale documento, che si apre con un’analisi del divario retributivo tra i generi in Europa, mette in evidenza come ad oggi le cose non siano poi così cambiate in ambito lavorativo.
“Il principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro o lavoro di pari valore – si legge sul sito dell’Inail – “è stato sancito nei trattati dal 1957 e tradotto nel diritto dell’Ue. Negli ultimi nove anni, però, il gap tra lavoratori e lavoratrici è diminuito solo di poco meno di due punti percentuali e attualmente la differenza di retribuzione è stimata essere pari al 14,1%”. In parole povere, le donne, guadagnano 86 centesimi per ogni euro guadagnato dagli uomini e avrebbero bisogno di lavorare due mesi in più per compensare questa discrepanza.
World Economic Forum
Come indicato nel documento del World Economic Forum (la fondazione di ricerca in specifiche iniziative settoriali) si sarebbe allungato il tempo da impiegare per colmare l’economic gender gap: 268 anni (erano 257 nel 2021).
Come riporta il Corriere della Sera: “A livello mondiale le donne affrontano barriere che impediscono loro di avere eque opportunità” ha ricordato Daniela Bernacchi, Executive Director dell’Un Global Compact Network Italia durante l’evento “Ring the Bell” in Borsa lo scorso 8 marzo, dedicato alla parità di genere. Bernacchi aggiunge poi “Le donne sono sottorappresentate in tutti i processi di decision making. Anche quelli nei quali il loro contributo è cruciale, come la crisi climatica”.
Non solo questi dati, come riporta il giornale, “il 43% delle donne è costretto a lasciare il lavoro dopo la nascita di un figlio – e inoltre – le donne guadagnano mediamente il 23% in meno degli uomini”.
Guardando in maniera più approfondita la situazione nel nostro paese, inoltre, “nell’ultimo anno abbiamo risalito quattro posizioni, e siamo 26esimi su 165 Paesi presi in considerazione, ma si potrebbero fare ancora passi avanti, dato che il Pnrr ha stanziato 3,1 miliardi per ridurre le disuguaglianze di genere”, si legge.
La legge sulla parità salariale del 2021
La legge 162/2021, che favorisce la trasparenza e le buone pratiche in materia di parità di genere, cerca, con misure concrete, di scoraggiare le discriminazioni indirette per raggiungere la parità retributiva. La novità più rilevante è l’integrazione della nozione di discriminazione diretta e indiretta (di cui all’art. 25 del codice pari opportunità). In particolare, vengono inseriti tra le fattispecie discriminatorie anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro o che limitino lo sviluppo di carriera per la donna.
La nozione di discriminazione è estesa anche agli atti compiuti nei confronti di “candidate e candidati in fase di selezione del personale” e non più solamente alle lavoratrici e ai lavoratori.
I dati Inail
Come riportato dall’analisi presente sul sito ufficiale dell’Inail, i dati sarebbero i seguenti:
Le donne lavorano di più ma dedicano più ore alle attività non retribuite. “Tra i singoli Paesi dell’Ue però ci sono notevoli differenze – riporta il sito, che specifica – La forbice che separa i salari varia da meno del 5% in Lussemburgo, Italia e Romania a più del 19% in Austria, Germania, Lettonia ed Estonia”.
La posizione nella gerarchia, inoltre, influenza il livello di retribuzione. Meno dell’8% degli amministratori delegati delle aziende più importanti infatti sono donne.
Nel 2020 il tasso di occupazione era in calo del 3,8%. “Il divario occupazionale di genere si è attestato all’11,7% nel 2019, con il 67,3% delle donne in tutta l’Ue occupate rispetto al 79% degli uomini (dati Ue 27)”. Nel nostro paese, inoltre, il divario è anche superiore: “50% delle donne contro 68% degli uomini. Nel nostro Paese, poi, la situazione è addirittura peggiorata con l’inizio della pandemia”.
Anche il Covid-19, ha posto l’evidenza su questo fattore, dimostrando come quasi sette contagi su 10 riguardano le lavoratrici. “Le lavoratrici sono le più colpite dai contagi professionali da Covid-19: su 211.390 denunce pervenute all’Inail, da inizio pandemia alla data dello scorso 31 gennaio, infatti, ben 144.353 sono femminili, pari a poco meno di sette contagi su 10”. La spiegazione è da ricercare nella prevalenza di donne in settori produttivi con contagio più frequente.
Il Global Compact
Ad oggi risulta evidente e necessario che le aziende debbano spingere più che mai sul cambiamento, non per niente la parità di genere è nell’Agenda 2030 dell’Onu.
Un’occasione per iniziare, come riporta il Corriere della Sera, sarebbe proprio il programma «Target Gender Equality» promosso da UN Global Compact, l’iniziativa sulla sostenibilità d’impresa più vasta al mondo. Questo programma, quest’anno, sarà inoltre implementato anche a livello locale dall’UN Global Compact Network Italia. “Si tratta di una sorta di “acceleratore” con cui la rete locale di Ungc intende affiancare le imprese nei piani di empowerment femminile”.
Il lavoro svolto tramite il «TGE» con workshop, seminari e momenti di assessment, fino alla definizione di un programma aziendale, “aiuterà non solo a definire le ambizioni, ma anche a individuare strategie olistiche, e misurare i progressi all’interno delle funzioni aziendali”.
È ora di cambiare il triste primato italiano
L’Italia, ad oggi, ha il più basso livello di partecipazione delle donne alla forza lavoro di tutta l’Unione europea. Nonostante il contributo notevole apportato dalla pandemia di Covid-19, la situazione è così dal 2014. Inoltre, il nostro paese, ha la più alta percentuale di persone che non vanno a scuola, non hanno un impiego e non seguono alcuna formazione, in gergo si parla di NEET (Not education, employment and training).