di Ferdinando Esposito
La condotta del presidente russo Vladimir Putin che lo scorso 24 febbraio ha invaso la valorosa terra Ucraina potrebbe riservare sorprese per i futuri scenari di sicurezza mondiale di gran lunga superiori ad una semplice riannessione di una Repubblica dell’ex Unione Sovietica come forse qualcuno inizialmente pensava. Questo perché i motivi che hanno giustificato l’aggressione raccontati sia personalmente da Putin, sia dal suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov e sia dalla portavoce del ministro degli Esteri Maria Zakarhova sono assolutamente pretestuosi ed è fortemente anomalo che una decisione con ricadute così imponenti sulla sicurezza mondiale sia stata giustificata come un tentativo, piuttosto velleitario, di reprimere un presunto “pericolo nazista che infesterebbe l’Ucraina”. In realtà, la valorosa reazione del popolo ucraino ha spiazzato lo stesso Putin e la sua intelligence e questo imprevisto di guerra potrebbe condurre ad una progressiva escalation di conflittualità, come racconta, nel VI Libro del “De bello gallico”, il grande condottiero romano Giulio Cesare, secondo cui “Nessuno è così forte da non rimanere turbato da una circostanza di guerra imprevista”. In effetti, le ragioni addotte dalla Russia per giustificare l’aggressione non sono convincenti perché, secondo loro, i Russi sarebbero stati costretti ad intervenire per porre fine alle reiterate violazioni dei diritti umani ai danni della comunità russa che vive in Ucraina e, in particolare, nelle regioni del Donbas e della Crimea. Infatti, in quella zona negli ultimi otto anni ci sono stati più di 13 mila morti, ma le perdite sono state registrate da entrambi le parti. In realtà, Mosca non ha soprattutto gradito il corteggiamento occidentale per far entrare l’Ucraina all’interno dell’Euro-Gruppo della Nato e su questo delicato aspetto l’Occidente poteva anche essere più cauto. Putin è presidente della repubblica russa ormai da 23 anni e ha messo da parte una liquidità in denaro talmente imponente da permettergli di acquistare uno yacht di lusso che vale un centinaio di milioni di euro, il “Graceful”. Per un capo di stato in carica è difficile spiegare una simile ricchezza che sia riconducibile ad un circuito di piena trasparenza e legalità. In ogni caso, anche se non può schierarsi militarmente a fianco del valoroso popolo ucraino per il rischio che il conflitto possa diventare nucleare, tuttavia, il mondo sta reagendo in modo compatto alle violazioni del diritto internazionale da parte del presidente Putin. In questo senso, è molto eloquente il fatto che la risoluzione di condanna nei confronti della Russia sia stata votata quasi unanimemente dall’ONU con solo 5 voti favorevoli su 200 paesi votanti. Non è nemmeno causale che, a parte Russia e Bielorussia che sono i 2 stati “aggressori”, i 3 voti aggiuntivi provengano da “stati canaglia” come la Siria, l’Eritrea e la Corea del Nord. Inoltre, in questa curiosa guerra, partecipata, ma non troppo, del resto del mondo contro Putin, possono avere un peso anche le durissime sanzioni economiche adottate contro la Russia e, soprattutto, l’esclusione dalla piattaforma internazionale dei pagamenti bancari e dal circuito delle carte di credito possono, alla lunga, mettere in difficoltà la Russia, la quale, tuttavia, ripiegherà intensificando gli scambi commerciali con Cina e India, riproponendo, quindi, quella contrapposizione del mondo a blocchi continentali che sembrava definitivamente superata con la caduta del muro di Berlino. In questo delicato quadro, dove il mondo sembra essersi svegliato di colpo nel lontano 1939, un ruolo importante potrebbe averlo la corte penale internazionale dell’Aja a cui è già pervenuto un primo rapporto sui fatti e che ha già formalmente intimato al presidente russo di sospendere l’attività di guerra. In effetti, la corte penale internazionale potrebbe, in linea puramente teorica, disporre l’arresto di Putin e dei rappresentanti di governo più direttamente coinvolti ove venisse accertata la commissione di crimini di guerra contro vittime civili. Inoltre, secondo alcuni media, le prove di un possibile crimine di guerra sarebbero presenti anche nell’assedio di Kharkiv in cui sarebbero state impiegate bombe a grappolo vietate dalla convenzione di Ginevra. In effetti, la corte penale ha giurisdizione sulle persone fisiche, non sugli Stati, e potrebbe applicare un valido mandato d’arresto anche se difficilmente l’ordinanza verrebbe eseguita perché la mancata collaborazione della Russia impedirebbe tanto l’arresto quanto la celebrazione del processo che non può essere celebrato in “contumacia”, cioè, in assenza dell’imputato. Anche se Russia non ha sottoscritto il Trattato di Roma istitutivo della Corte penale internazionale, tuttavia, l’Ucraina, il paese vittima, è entrata a farne parte nel 2014 quando Putin aveva già bussato una prima volta ai loro confini con i carri armati chiedendo, in quell’occasione, il riconoscimento della sovranità russa proprio sulla Crimea. Rebus sic stantibus, la corte potrebbe spiccare in tempi congrui un mandato di cattura internazionale che avrebbe quantomeno l’effetto di complicare ulteriormente la vita al presidente russo il cui isolamento dal resto del mondo è già considerevole, visto che in molti stanno prendendo le distanze, a parte, ovviamente, il solito doppiogiochista amico cinese che rimane un fedele alleato di Putin, anche se non sta per niente apprezzando le “res gesta” – rubando la battuta al divino Augusto – in terra Ucraina. Quasi sicuramente il presidente Putin pensava di impossessarsi del paese rapidamente e senza particolari spargimenti di sangue, ma deve aver fatto male i suoi calcoli, lo racconta la stampa inglese citando addirittura fonti interne all’ex KGB, il servizio segreto russo. Quindi, si tratta di un discutibile tentativo di spingere all’indietro, con la forza, i confini della Nato in Europa e che la mancata rielezione di Donald Trump alla casa Bianca nel 2020 potrebbe avere indirettamente “facilitato”. “La reazione del popolo ucraino e le misure economiche contro la Russia stanno mettendo la tigre all’angolo, ma una tigre accerchiata può diventare ancora più pericolosa”, così, qualche giorno fa, su Sky news, Paolo Magri, il vice presidente dell’Ispi, uno dei massimi esperti di geopolitica che l’Italia possa vantare. Dal secondo dopo-guerra ad oggi c’è stato un continuo paventare il rischio, da parte di una certa stampa e letteratura, di un serpeggiante “pericolo neonazista” in Europa che si è finalmente materializzato. Peccato solo che “il pericolo neonazista” sia stato pretestuosamente brandito da un politico di formazione stalinista come Vladimir Putin ed è un controsenso assoluto. È estremamente difficile, se non impossibile, capire cosa passi nella testa del presidente russo in questo momento, ma, non potendo non prevedere la ferma reazione dell’Occidente, c’è il concreto rischio che il conflitto possa sfuggire seriamente di mano e da qui i ripetuti appelli ad una pace immediata da parte delle menti più illuminate, tra cui spicca, come sempre, un sontuoso Papa Francesco. Sovviene, in proposito, un celebre insegnamento di Marco Aurelio, il più illuminato imperatore romano della dinastia Flavia, secondo cui: “Ricordati che c’è sempre un’adeguata dignità e misura da osservare nell’esecuzione di ogni atto della tua vita”.