Quello che vi siete persi per seguire la guerra Usa-Russia in Ucraina: Usa-Medio Oriente, Golfo, Kurdistan iracheno #multilateralismo

Israele, che ha appena ospitato uno storico vertice Usa-Medio Oriente, teme una diminuzione del sostegno internazionale alla sua politica nei territori palestinesi

Il Golfo è teatro di una fitta rete di incontri diplomatici, tra energia ed equilibri geopolitici, mentre aumenta la tensione tra Erbil e Tehran

Israele: conflitto “a bassa intensità”

Il 29 marzo, nella città ultra-ortodossa di Bnei Brak, alla periferia di Tel Aviv, almeno cinque persone sono state uccise a colpi di arma da fuoco da un uomo a bordo di un’automobile, a sua volta ucciso dalla polizia, che non ha fornito informazioni sulla sua identità. È il terzo attacco in una settimana in territorio israeliano, in una fase in cui Tel Aviv tenta di dar vita a un’intricata trama di relazioni diplomatiche, in particolare dall’inizio della guerra in Ucraina. Un conflitto, che, sulla stampa araba, ha suscitato interrogativi sull’atteggiamento neutrale di Israele, ascritto da alcuni analisti anche al timore di paragoni tra l’invasione russa dell’Ucraina e l’occupazione dei territori palestinesi, soprattutto dopo le dichiarazioni dell’ex presidente del Partito laburista britannico Jeremy Corbyn e di Richard Boyd Barret, deputato del partito irlandese Solidarietà-Il popolo prima del profitto: il primo ha esortato al riconoscimento «immediato e incondizionato» dello Stato di Palestina; il secondo ha accusato l’Irlanda di ipocrisia per la differenza di atteggiamento nei confronti della Russia, contro la quale sono state imposte sanzioni in pochi giorni, e di Israele, mai richiamata in «settant’anni di oppressione» in Palestina.

Medio Oriente: nuova architettura regionale

Lo stesso 29 marzo, infatti, il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha incontrato il re di Giordania Abdullah II, ad Amman, per discutere della situazione nei territori palestinesi. Nei due giorni precedenti, invece, Israele ha ospitato l’incontro storico tra il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e i ministri degli Esteri israeliano, Yair Lapid, emiratino, Abdullah bin Zayed Al Nahyan, bahrenita, Abdullatif Rashid Al Zayani, egiziano, Sameh Shoukri, e marocchino, Nasser Bourita. L’obiettivo, ha spiegato Lapid, è costruire «una nuova architettura regionale» che scoraggi i «nemici comuni», soprattutto l’Iran, attualmente coinvolto in negoziati internazionali sul proprio programma di sviluppo nucleare civile. Blinken ha rassicurato Israele e gli alleati arabi del sostegno di Washington nel far fronte alla minaccia rappresentata da Tehran e dai movimenti ad essa ispirati in Medio Oriente. Nondimeno, Israele resta diffidente e Lapid vorrebbe organizzare questo stesso incontro ogni anno. Quanto ad Abu Dhabi e Riyadh, con Tel Aviv hanno in comune l’inquietudine per l’eventualità di una reintegrazione dell’Iran nella diplomazia e nel mercato globali (se i negoziati internazionali portassero a un nuovo accordo), soprattutto dopo l’annuncio statunitense dell’intenzione di espungere il Corpo dei guardiani della Rivoluzione iraniani dalla lista delle organizzazioni terroristiche.

Golfo: assestamenti geopolitici

Mentre l’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu) tenta di stabilire una tregua in Yemen, per portare rifornimenti e consentire spostamenti durante il mese di ramadan, a Riyadh, sede del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), è iniziata la serie di incontri tra le fazioni yemenite alleate, che si concluderà il 7 aprile. Esclusi dalle trattative, invece, i ribelli sciiti Houthis, che avevano chiesto che i colloqui di pace si svolgessero in territorio neutrale e che la coalizione a guida saudita eliminasse le restrizioni sui porti yemeniti. Nondimeno, sia l’Arabia saudita, sia gli Houthis accolgono con favore l’iniziativa dell’Onu, basata sulla bozza elaborata dall’inviato speciale per lo Yemen, Hans Grundberg, sostenuta anche da Washington. Da parte loro, i ribelli sciiti, che il 26 marzo avevano annunciato una tregua di tre giorni, il 28 hanno annunciato un accordo con il governo di Sana’a per lo scambio di prigionieri: 823 soldati governativi, contro 1.400 miliziani Houthis. Lo stesso giorno, il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan e Blinken hanno discusso telefonicamente della situazione in Yemen e del rafforzamento dei legami bilaterali, per contribuire alla stabilità e alla sicurezza regionale. Blinken ha condannato gli attacchi degli Houthis e ha ribadito il sostegno statunitense all’Arabia saudita (in particolare nel settore della difesa), affermando al contempo la necessità di proteggere i civili yemeniti e di promuovere un accordo di pace «più inclusivo e globale».

Erbil contro Tehran

Il 29 marzo, il primo ministro della Regione autonoma del Kurdistan iracheno (Krg) Masrour Barzani ha suggerito che lo sviluppo dei giacimenti di gas e petrolio nel suo territorio potrebbe non essere nell’interesse dell’Iran, maggior produttore regionale di energia. Con queste parole, ha commentato l’attacco missilistico dello scorso 13 marzo, rivendicato dal Corpo dei guardiani della Rivoluzione iraniani, contro Erbil. Tehran aveva dichiarato di aver preso di mira centri strategici di Israele nella città (sospettando la presenza di una rete di spie israeliane nella regione), ma le autorità del Krg hanno ribattuto che ad essere colpita era stata la villa di un uomo d’affari curdo-iracheno, impegnato nel settore degli idrocarburi. È significativo, inoltre, che Barzani abbia accusato implicitamente Tehran di ostacolare la produzione petrolifera del Kurdistan iracheno durante un vertice di industriali negli Emirati arabi uniti, rivale geostrategico dell’Iran, ma più disposto dell’Arabia saudita a una coesistenza pacifica. Contestualmente, le affermazioni del primo ministro del Krg hanno lanciato un segnale alla Corte federale di Baghdad, che ultimamente ha promulgato una sentenza che ha definito incostituzionale lo sfruttamento di gas e petrolio da parte di Erbil. A tal proposito, infatti, Barzani ha detto che si è trattato di una sentenza politica e che sono in corso trattative con il governo centrale iracheno per difendere i diritti costituzionali del Krg. Infine, ha garantito ai partner internazionali che operano nella regione che le autorità locali rispetteranno i contratti. Il 28 marzo, d’altronde, sempre dagli Eau, aveva detto che Erbil avrebbe potuto sopperire in parte alle esigenze energetiche europee.

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