Quello che vi siete persi per seguire la guerra Usa-Russia in Ucraina: Cina/Ue, Cina/Cambogia; Armenia-Azerbaijan; Turchia #multilateralismo

Nonostante le pressioni europee, la Cina mantiene la linea del multilateralismo e del superamento della logica delle alleanze, tipica della guerra fredda

Nel Caucaso le nuove tensioni potrebbero sfociare in un nuovo equilibrio, in cui l’Unione europea vorrebbe sostituire Mosca nel ruolo di mediazione; la Turchia continua a investire nel settore della difesa, puntando su espansione dei mercati e innovazione tecnologica

Cina: principio di non ingerenza

Il 1 aprile, il presidente cinese Xi Jinping ha tenuto un colloquio virtuale con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leien, prima del ventitreesimo incontro tra Cina e Unione europea (Ue), cui ha preso parte anche il premier cinese Li Keqiang. Alle richieste europee di non fornire né armi, né sostegno economico alla Russia, Pechino ha risposto con l’auspicio che la linea di Bruxelles nei suoi confronti sia indipendente, poiché l’impero del Centro è ancora disponibile a costruire un ponte di amicizia e cooperazione con il vecchio continente. Malgrado le difficoltà attuali nelle relazioni tra Cina ed Europa, infatti, esistono interessi comuni e solide basi di collaborazione, anche se Xi ha sottolineato la necessità di una comunicazione più assidua ed efficace sulla pace e sulla stabilità globali. Inoltre, Pechino ha suggerito di rafforzare una coordinazione su questioni strategiche, come la gestione delle emergenze sanitarie, il cambiamento climatico e la transizione digitale. Nondimeno, permangono le perplessità europee sul rischio di dipendere dalla Cina, in particolare nel settore delle energie rinnovabili, soprattutto quella solare. Frattanto, il gabinetto del commissario del ministero degli Esteri cinese nella Regione amministrativa speciale di Hong Kong (Hksar) ha condannato i rapporti britannico e statunitense, perché rappresenterebbero un’ingerenza negli affari interni della regione e minerebbero la politica di un paese, due sistemi portata avanti da Pechino.

Cina-Cambogia: sicurezza armata

Tre giorni dopo l’inizio dell’edizione annuale delle esercitazioni militari congiunte tra Stati uniti e Filippine, Balikatan, che quest’anno è stata la più imponente, il 31 marzo la Cina ha firmato con la Cambogia il Memorandum di intesa sulla cooperazione tra l’Esercito popolare di liberazione e il Regio esercito cambogiano. La stipula è avvenuta nel corso di una videochiamata tra il comandante delle forze terrestri dell’esercito cinese e il vicecomandante in capo dell’esercito cambogiano, che secondo alcuni osservatori raggiungerà presto la presidenza del paese. L’accordo, inoltre, corona anni di progressivo rafforzamento della cooperazione tra i due eserciti, tanto nella comunicazione strategica, quanto nell’addestramento e nelle esercitazioni congiunte. Aumenta quindi l’interesse di Pechino a costruire una rete di collaborazione in materia di sicurezza, dall’Asia centrale (con focus sull’Afghanistan) al Pacifico, con il recente accordo tra Cina e isole Salomone per coordinare le attività delle rispettive forze di polizia, per il contrasto ai traffici illeciti. Non si tratta, quindi, di vere alleanze militari, ma di intese tattiche riguardanti singoli ambiti di interesse comune, che Pechino vorrebbe estendere: in primo luogo ospitando incontri multilaterali con partner regionali, come quelli di Tunxi sulla situazione in Afghanistan; in secondo luogo attraverso le visite diplomatiche del ministro degli Esteri Wang Yi, che il 24 marzo si è recato a Kabul per discutere con i rappresentanti del governo talebano (dopo l’annuncio della chiusura delle scuole secondarie femminili), mentre il 25 marzo ha incontrato il suo omologo indiano Subrahmanyan Jaishankar a Nuova Delhi, per risolvere le questioni di confine «nel reciproco interesse».

Caucaso: mediazione europea

Il 31 marzo, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha annunciato il prossimo incontro, il 6 aprile a Bruxelles, con il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev, per creare le precondizioni per i colloqui bilaterali di pace sulla regione del Nagorno-Karabakh. L’Unione europea, dunque, starebbe tentando di prendere il posto della Russia, attualmente concentrata sul fronte ucraino, in un ruolo di mediazione che porterà a nuove convergenze e divergenze geostrategiche con la Turchia, storica alleata dell’Azerbaijan. Tanto più che, prima delle accuse russo-armene a Baku di aver violato la tregua nel Nagorno-Karabakh e le richieste di Erevan a Mosca di allontanare le truppe azere dalla regione, l’Armenia stava instaurando rapporti diplomatici con la Turchia, a partire dai colloqui bilaterali di Mosca dello scorso 14 gennaio, e prevedeva una riapertura delle frontiere, chiuse dal 1993. Si riprendeva dunque l’accordo del 2009 tra Erevan e Ankara, su iniziativa della Russia, che aveva organizzato un incontro trilaterale già nel novembre 2021, per discutere della normalizzazione dei rapporti tra le due repubbliche caucasiche. Mosca, inoltre, aveva mediato anche con la Turchia, che con l’Azerbaijan ha legami storici, sintetizzati nell’espressione «un popolo, due Stati». Tuttavia, Bruxelles è nei confronti di Ankara in una posizione ben diversa: non solo per il potere contrattuale fornito alla Turchia dal ruolo affidatole dall’Europa nella gestione dei flussi migratori, ma anche per l’ambiguità turca in tema di adesione all’Ue. L’esplosione del conflitto ucraino, inoltre, sta dando alla Sublime porta un rilievo geopolitico crescente, di fronte al quale Bruxelles rischia di impallidire.

Turchia: armi e bagagli

Il 31 marzo, l’industria di armamenti turca Roketsan ha annunciato di aver sviluppato un missile da crociera di nuova generazione, chiamato Çakır, che può essere lanciato da piattaforme sulla terraferma, nel mare e in aria. Ancora non si è conclusa la fase della progettazione del prototipo, ma l’impresa ha previsto di svolgere i primi test alla fine del 2022 e, successivamente, nel 2023 sarà sperimentata anche la piattaforma. Intanto, il missile è stato testato dai droni Akıncı, considerati l’avanguardia dell’industria bellica turca: la sua gittata è di 150 km, ed è dotato di un’unica testata e di sistemi di selezione del punto preciso di impatto. Questi ultimi consentiranno quindi di individuare i bersagli anche con cattive condizione meteorologiche. La Turchia, dunque, continua a investire, malgrado le difficili condizioni economico-finanziarie, nel settore degli armamenti, non solo promuovendo una propria produzione, ma anche acquistando sistemi di difesa altrui: nel 2019 il sistema di difesa missilistico russo S-400, oggi i sistemi SAMP/T, prodotti dal consorzio franco-italiano Eurosam. Intanto, le imprese turche stabiliscono partenariati internazionali, soprattutto in Indonesia e in Ungheria, entrando così in due importanti mercati, finora dominati dagli Usa: l’Asia e l’Europa. In tal modo, Ankara si assicura una sorta di autosufficienza difensiva e offensiva, come sostiene il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che a novembre 2021 aveva detto che «la Turchia ha reso indipendente la sua industria della difesa, nonostante le gang globali». Il settore trainante è ancora quello dei droni, ma la Sublime porta intende lanciare una sua produzione di veicoli terrestri senza pilota e puntare sull’innovazione tecnologica dei velivoli a pilotaggio remoto, che dovrebbero peraltro migliorare la coordinazione tra operazioni terrestri e navali.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *