sabato3 Giugno 2023
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Food, salumi vero asset del made in Italy e comfort food nel periodo di incertezza

L’Associazione Industriale delle Carni e dei Salumi, Assica, lamenta la crescita esponenziale dei costi di produzione e le difficoltà del...

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L’Associazione Industriale delle Carni e dei Salumi, Assica, lamenta la crescita esponenziale dei costi di produzione e le difficoltà del settore

Il prosciutto cotto si conferma salume più amato, anche dal punto di vista dell’export. Segue, ma staccato, i crudi. Tutte le referenze in crescita tranne pancetta e coppa. Vola export verso Londra e Washington

I salumi si confermano vero comfort food in questo periodo di incertezza. Ma se il 2021 ha visto una certa ripresa dei consumi, sia in Italia (+5,4% in volume) che all’estero (export +15,2% a volume, +12,0% a valore) oltre che della produzione (+7,0% in volumi e + 6,2% in valore), rispetto al 2020 sono cresciuti anche esponenzialmente i costi di produzione e le difficoltà del settore.  E’ il messaggio che emerge con forza dall’Assemblea Annuale di Assica-Associazione Industriale delle Carni e dei Salumi.

Salumi, l’andamento dei consumi nel nostro Paese: tutti i numeri del comparto.

Il consumo apparente pro capite, considerato l’andamento della popolazione e la minore presenza dei turisti, si è attestato intorno ai 17 kg contro i 16,2 del 2020 (+5,4%) corrispondente a un consumo medio reale pro capite di circa 11,3 Kg/anno. Nel 2021, tutte le principali categorie di salumi nostrani hanno evidenziato una certa crescita costante. I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati, favoriti dal rimbalzo della domanda interna e dalla ripresa di quella estera, sono saliti a 222.400 ton (+6,1%); quelli di prosciutto cotto sono tornati a quota 274.800 ton (+4,8%). Sono risultati in crescita anche i consumi di mortadella e wurstel (+4,2% per 190.800 ton) e quelli di salame attestatisi a 81.500 ton (+4,4%). Hanno evidenziato un recupero ancora più deciso anche i consumi di bresaola saliti a 25.800 ton dalle 24.200 dell’anno precedente (+6,7%) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 219.800 ton (+7,0%).

Ne deriva che, come tradizione, la struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,1% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,9% da mortadella/wurstel al 18,8%, dal salame all’8,0% e dalla bresaola al 2,5%. Chiudono gli altri salumi al 21,7%. Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro-capite è salito a 28,4 kg da 27,2 kg dell’anno precedente (+4,4%), corrispondenti a circa 18,8 kg/anno di consumo reale. Un trend decisamente positivo anche se in un momento ed in un contesto storico tutt’altro che positivo. Ciò alimenta la visione dei salumi come confort food.

Le dinamiche di mercato, la produzione di salumi vola dopo un anno complicato

Nel 2021, pertanto, la produzione di salumi è tornata a crescere, dopo l’importante flessione registrata nel 2020 a causa della pandemia, e ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,169 milioni di tonnellate da 1,093 del 2020 (+7,0%). In aumento è risultato anche il valore della produzione salito a 8.420 milioni di euro (+6,2%) da 7.927 milioni del 2020. In merito ai singoli salumi, nel 2021, la produzione di prosciutti crudi stagionati, dopo la profonda flessione del 2020, ha evidenziato un robusto +8,2% attestandosi a 282.500 ton e un +7,0% in valore per 2.263 milioni di euro. Il rimbalzo dei prosciutti crudi è stato sostenuto da vari fattori: il ritorno della domanda interna su un sentiero di crescita, la forte ripresa della domanda estera per la categoria e la necessità di ricostituire le scorte dopo il difficile 2020 in cui la pandemia ne aveva determinato una forte contrazione. Deciso aumento anche per la produzione di prosciutto cotto, salita a 288.200 ton (+6,3%) per 2.026 milioni di euro (+4,8%).

La quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader e driver del settore, ha evidenziato un lieve miglioramento in quantità rispetto all’anno precedente, attestandosi a 48,8% da 48,7% del 2020, ma ha evidenziato anche una lieve flessione a valore, fermandosi a quota 50,9% da 51,1% dell’anno precedente. Trend positivo anche per la produzione di mortadella, salita a 163.800 ton (+4,3%) per 710,2 milioni di euro (+4,2%) e per quella dei wurstel, arrivati a quota 60.800 ton (+3,2%) per un valore di 188,5 milioni di euro (+0,6%). Nel 2021, la produzione di speck si è attestata a quota 33.600 ton (+2,8%) per un valore di 352 milioni di euro (+1,6%). In forte aumento è risultata anche la produzione di salame, attestatasi a 120.200 ton (+10,3%) per un valore di 1.077 milioni di euro (+8,6%). Un contributo molto positivo alla crescita della categoria è arrivato dalla domanda estera cresciuta in modo significativo sia a volume sia a valore. Ed ecco le note negative; ha registrato, invece, un andamento cedente la pancetta, che nel complesso dei dodici mesi ha visto la produzione fermarsi a quota 45.800 ton (-4,0%) per un valore di 230,8 milioni di euro (-5,1%). In calo anche la produzione di coppa con 39.000 ton. (-1,0%) per 309 milioni di euro (-2,0%). Molto bene, infine, la bresaola che ha chiuso l’anno con un +8,9% in quantità per 29.500 ton e un +7,1% in valore.

Salumi, dinamiche import – export per il mercato italiano e quello continentale, bene l’export

Il 2021 è stato un anno ottimo per le esportazioni e ha segnato, secondo l’ISTAT, un nuovo record: 197.759 ton per un fatturato di 1.836 milioni di euro, registrando un aumento a due cifre sia a volume (+15,2%) sia a valore (+12,0%). Grazie a questo importante traguardo, le esportazioni dei salumi italiani hanno recuperato la flessione del pandemico e difficile 2020, e hanno abbondantemente superato i livelli pre-pandemia, registrando un +7,9% in quantità e un +15,6% a valore rispetto al 2019. Il saldo commerciale del settore ha registrato un +15,7% rispetto al 2020, salendo a 1.623 milioni di euro. Per quanto riguarda le aree geografiche, hanno evidenziato una solida crescita sia le esportazioni verso la UE a 27 sia, soprattutto, quelle verso i Paesi terzi, trainate dal boom degli invii verso gli USA.

All’interno della UE tutti i nostri principali partner commerciali hanno mostrato un aumento importante della domanda: nel complesso dei 12 mesi, le spedizioni verso i partner comunitari hanno evidenziato un +13,6% in quantità per 135.969 tonnellate e un +10,4% in valore per circa 1.207 milioni di euro. Ottimo 2021 anche per gli scambi con i Paesi extra UE che, con arrivi di salumi italiani per 61.790 ton per un valore di 629 milioni di euro, hanno registrato un +18,9% a volume e un +15,3% a valore. Tra i prodotti, nel 2021 sono tornate a correre le spedizioni di prosciutti crudi stagionati, che archiviano il difficile 2020 con un +17,6% in quantità e un +14,7% a valore. Importante risultato anche per le esportazioni di salami (+18,9% a volume e +14,3% a valore), di bresaola, (+16,0% in quantità e un +14,3% a valore) e soprattutto dei prosciutti cotti, che con invii per 22.058 ton e 164,3 milioni di euro, chiudono l’anno con un +23,9% in quantità e con un +14,5% in valore e registrano la migliore performance fra le varie tipologie di salumi. Discreto il risultato di mortadella e wurstel (+5,8%a volume e +4,0% a valore) mentre gli invii di pancetta stagionata registrano un +3,1% in quantità ma un –6,6% a valore. Nel primo trimestre del 2022, le esportazioni di salumi italiani hanno registrato ancora una crescita: + 5,4%in quantità per un totale di 44.780 tonnellate e +9% in valore per 431,5 milioni di euro. Un dato importante che conferma l’apprezzamento per i nostri salumi e che avrebbe potuto essere ancora più robusto senza il freno rappresentato dalla PSA.

Molto bene le esportazioni verso la UE: + 6,4% per un totale di 31.323 tonnellate esportate e + 9,1% per un fatturato di 291 milioni di euro. Perdono slancio, invece, le esportazioni verso i Paesi Terzi (+3,1% a volume e +8,7% a valore) che, nonostante gli ottimi risultati di USA (+38,6% a volume e+38,4% a valore) e Regno Unito (+16,0% volume e +17,9% a valore) scontano il rallentamento di molti altri importanti partner, in particolare i Paesi asiatici che non applicano con riferimento alla PSA il principio di regionalizzazione.

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