Italiani e vacanze, alla scoperta delle sindromi di viaggio più curiose

I viaggi sono in grado di arricchire profondamente il proprio bagaglio personale poiché permettono non solo di entrare in contatto con culture diverse, ma anche di interagire con persone che parlano una lingua straniera e hanno abitudini differenti dalle proprie.

Allontanarsi da ciò che è familiare presuppone, tuttavia, anche una buona dose di coraggio e di senso di adattamento, tanto che per alcune persone l’impatto con un “mondo” nuovo può avere dei risvolti sia fisici che psicologici. In vista del boom delle partenze estive, Babbel, l’ecosistema leader nell’apprendimento linguistico, ha stilato una lista delle più curiose “sindromi da viaggio” che potrebbero verificarsi attraverso una serie di reazioni e stati d’animo durante la preparazione di un viaggio o quando si visitano determinate destinazioni.

Conoscere meglio le paure legate ai viaggi può aiutare ad arrivare preparati e a rendere ogni avventura attorno al mondo un’esperienza indimenticabile; anche confrontarsi con altre persone sulle mete scelte e allo stesso tempo esercitarsi in una lingua straniera, ad esempio prendendo parte alla lezione Babbel Live “Talk about touristic destinations”, può essere stimolante.

Quali sono le sindromi di viaggio  più diffuse

Ecco le sindromi di viaggio più curiose individuate dalla ricerca condotta da Babbel:

– La “packing anxiety”: negli ultimi anni le limitazioni imposte dalle compagnie aeree sono diventate più rigide, con una conseguente maggiore preoccupazione da parte dei passeggeri per la dimensione e il peso dei bagagli. Oltre allo stress generato dalle nuove regole, la “packing anxiety” può manifestarsi sotto forma di preoccupazione eccessiva di dimenticare qualcosa di importante e nella paura di non essere preparati per eventuali imprevisti. Pianificare con cura, preparando liste dettagliate e dedicando del tempo ad informarsi sui regolamenti delle varie compagnie, può aiutare a ridurre questa ansia e a rendere la preparazione dei bagagli meno snervante.
– La notriphobia: se da un lato c’è chi preferisce prenotare all’ultimo momento il proprio viaggio estivo, dall’altro vi è chi opta per programmare tutto con mesi di anticipo. Per coloro che appartengono alla seconda categoria di viaggiatori, può essere la “notriphobia”, la paura di non avere nessun viaggio prenotato, a generare ansia e preoccupazione. Composto dalle parole “no-trip” e “phobia”, anche se non rientra in una precisa categoria diagnostica, è caratterizzata spesso da agitazione o frustrazione, così come da umore basso e comportamenti compulsivi come il cercare offerte sui siti di viaggio.
La Sindrome dell’India: questa espressione viene utilizzata per indicare un fenomeno che colpisce principalmente i viaggiatori occidentali che soggiornano nel paese asiatico per un periodo prolungato e che, sopraffatti dalla un senso di profonda spiritualità, possono sperimentare episodi di disorientamento, paranoia, confusione e persino crisi psicotiche. La diversità culturale, l’intensità sensoriale e le condizioni di vita spesso diverse possono infatti contribuire ad un senso di spaesamento e ad un sovraccarico emotivo. Tuttavia, è cruciale riconoscere che questo termine potrebbe semplificare e esotizzare la ricca e diversificata cultura dell’India; tali semplificazioni rischiano, infatti, di distorcere la realtà delle esperienze degli abitanti locali e rafforzare una prospettiva etnocentrica.
Il Mal d’Africa: l’Africa, con i suoi paesaggi unici e l’eccezionale biodiversità, permette di riscoprire l’ancestrale rapporto con la natura. Per questo motivo molti viaggiatori, al loro rientro da un’esperienza di qualche tempo in questo continente, avvertono il cosiddetto “mal d’Africa”, un disagio psico-emotivo che li fa sentire inadeguati ed insofferenti nel riprendere il proprio stile di vita. L’uso di questa espressione solleva però alcune considerazioni critiche. Innanzitutto, tende a romanticizzare il continente, concentrandosi solo sulle sue bellezze naturali e trascurando la complessa diversità culturale, storica e sociale dei diversi paesi africani; inoltre, potrebbe riflettere una mentalità coloniale ed eurocentrica, centrata ovvero sulle percezioni dei viaggiatori occidentali e che vede l’Africa solo come un luogo in cui poter vivere un’avventura emozionante, piuttosto che come un insieme di nazioni con proprie identità e complessità.
Wanderlust: questo termine tedesco, etimologicamente formato dai termini Wandern (vagare) e Lust (desiderio), non ha un equivalente diretto in italiano e indica un desiderio quasi irrefrenabile di viaggiare continuamente. Mentre per molti questa brama è fonte di eccitazione e piacere, per altri può diventare una vera e propria ossessione. Alcune persone possono infatti arrivare a sentirsi insoddisfatte della propria vita quotidiana, sviluppando una costante necessità di partire per nuove avventure. Questo può comportare difficoltà nella gestione delle responsabilità quotidiane e nelle relazioni personali. La passione per il viaggio può talvolta trasformarsi in frenesia e irrequietezza, tanto che si parla infatti di “sindrome del Wanderlust”, uno stato patologico caratterizzato dal desiderio incontrollabile di fuga da sé stessi, alla ricerca di qualcosa di nuovo e diverso, oltre il proprio mondo.
– La Sindrome di Parigi: l’espressione venne coniata negli anni ’80 da Hiroaki Ota, uno psichiatra giapponese, per descrivere una particolare condizione psicologica che colpisce alcuni viaggiatori durante la visita alla capitale francese e venne poi studiata da altri specialisti come Youcef Mahmoudia, un medico dell’Hôtel-Dieu di Parigi che approfondì la ricerca su tale sindrome, teorizzando che l’eccitazione derivante dalla visita a Parigi potesse causare sintomi fisici come accelerazione del battito cardiaco, vertigini e respiro affannoso, che a loro volta potevano portare ad allucinazioni. Questi sintomi erano particolarmente prevalenti tra i turisti giapponesi, che spesso arrivavano a Parigi con aspettative estremamente alte e idealizzate della città, alimentate da rappresentazioni romantiche e culturali nei media giapponesi. Alcuni turisti rimangono spesso delusi, vivendo un forte contrasto tra l’immagine idealizzata della “città delle luci” e la realtà frenetica e culturalmente diversa che si trovano di fronte.

– La Sindrome di Stendhal (o di Firenze): questa sindrome prende il nome dallo scrittore francese Stendhal che, in occasione di una visita alla Basilica di Santa Croce di Firenze, soffrì di palpitazioni e arrivò quasi a svenire. Il termine “sindrome di Stendhal” è stato introdotto da Graziella Magherini nel suo libro del 1989 proprio per indicare una malattia psicosomatica: dopo quasi 20 anni di esperienza presso l’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, Magherini iniziò infatti a notare alcune anomalie patologiche in un gruppo selezionato di pazienti: visitatori stranieri, giunti in massa per godere della bellezza e dell’arte della città, erano colpiti da improvvisi e misteriosi episodi psicosomatici indotti dalla loro identificazione con opere d’arte. Il malessere colpisce i viaggiatori più sensibili alle bellezze delle opere d’arte, soprattutto in luoghi come musei e gallerie, con vertigini, tachicardia, confusione e persino allucinazioni. Il fenomeno, fortunatamente, è spesso temporaneo e si risolve con il riposo e l’allontanamento dalle opere d’arte.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *