Le social skills nel mondo del lavoro, cosa sono e a cosa servono

Il mondo del lavoro è in continuo mutamento e con esso cambiano anche i suoi bisogni e le sue esigenze.

Molto richieste dai selezionatori del lavoro sono persone, potenziali lavoratori in possesso delle social skills per far fronte ad una società sempre più competitiva e in costante evoluzione. Le social skills sono delle capacità che generano comportamenti non innati ma frutto di apprendimento. Dipendono dalla qualità delle relazioni che l’individuo ha acquisito nel corso della propria esistenza in famiglia, a scuola o nel gruppo dei pari.

Sono delle abilità che ci rendono performanti nel mondo del lavoro e non solo perché sviluppano comportamenti pro-sociali che migliorano le relazioni con i colleghi. Sono richieste nei lavori di squadra e a contatto con le persone e sviluppano positività, appartenenza al contesto di lavoro, autoefficacia e autostima, motivazione per quello che si fa.

Quali sono le social skills

Ecco le principali Social Skills da non sottovalutare in campo lavorativo e che sono utili nel proprio curriculum vitae:

1)   Capacità di problem solving: risolvere problemi in contesti lavorativi complessi. È correlata all’elasticità mentale, utile per trovare una soluzione di fronte a situazioni impreviste o del tutto nuove. È una capacità che si acquisisce col tempo e soprattutto con l’esperienza;

2)   Intelligenza emotiva: avere la capacità di comprendere le emozioni e gli stati d’animo dei colleghi serve per creare armonia e benessere all’interno del contesto lavorativo. È utile per creare un ambiente di lavoro ottimale in cui si può lavorare con qualsiasi tipo di persona e in qualsiasi momento e contesto;

3)   Service orientation: capacità di aiutare gli altri individuando i bisogni e le esigenze delle persone con le quali interagiamo. È una capacità che sarà vitale nel mercato del lavoro sempre più competitivo in cui occorre soddisfare al massimo le esigenze dei consumatori proponendo continuamente prodotti nuovi e originali;

4)   Creatività: capacità di elaborazione di nuove idee per poter creare qualcosa di nuovo e differente. Si ciba di curiosità ed è tipica di una mente elastica;

5)   Gestione dello stress: abilità che consente di riconoscere il proprio livello e stato di stress. Serve per trovare le strategie utili per modificare noi stessi e l’ambiente in cui operiamo. È utile per attuare significativi cambiamenti ai propri pensieri, emozioni e azioni;

6)   Pensiero critico: saper analizzare informazioni, situazioni ed esperienze in modo oggettivo. Ci aiuta a mantenerci lucidi quando si devono prendere delle decisioni importanti;

7)   Potere decisionale: capacità di valutare le diverse possibilità che ci sono offerte in una situazione e le conseguenze che ne derivano. Riuscire a fare scelte in maniera efficace;

8)   Flessibilità cognitiva: riuscire ad avere una mente elastica che ci consente di destreggiarci e muoverci in diversi contesti. Va allenata con il continuo studio e aggiornamento e coltivando variegati interessi.

 

Il mondo del lavoro si arricchisce di Intelligenza Emotiva

Il mito del lavoratore asettico, razionale e instancabile è superato. Al suo posto i selezionatori di risorse umane puntano su lavoratori più “sociali” ed “emotivi”. Nell’analisi del curriculum vitae si dà importanza ad abilità come l’empatia, la resilienza, le capacità comunicative, la motivazione. Sono esse le componenti dell’intelligenza emotiva.

L’intelligenza emotiva si basa su:

– autoconsapevolezza: porre attenzione ai propri stati emotivi interrogandosi sulla propria natura attraverso un vitale “dialogo interiore” che ci accompagna sin da quando siamo bambini ma che da adulti sottovalutiamo o lasciamo perdere;

– gestione delle emozioni: non significa “controllare” o “reprimere” perché le emozioni vanno espresse e manifestate ma, significa calibrare la loro intensità in maniera produttiva ed efficace;

– sospensione del giudizio: aprirci mentalmente senza lasciarci influenzare ed ostacolare da pregiudizi, limiti mentali o pensieri illogici e irrazionali;

– linguaggio non verbale: la mimica facciale, la postura. I gesti comunicano più di tante parole inutili. Se imparassimo a decodificare i messaggi che essi trasmettono, ci avventureremo in un mondo inedito tutto da esplorare.

Gli studi sull’intelligenza emotiva furono condotti nel 1995 dal noto psicologo Daniel Goleman che valorizza il “mondo del sentire”. L’intelligenza emotiva non è altro che la capacità di riconoscere e gestire le proprie e altrui emozioni. Un’azienda che punta sull’intelligenza emotiva è un ambiente vitale positivo che considera i propri lavoratori “risorse essenziali” per la propria “missione”.

Il tutto si concretizza con politiche aziendali che prevedono una formazione continua e costante dei lavoratori, un’attenzione particolare al loro benessere psicofisico, orari flessibili e personalizzati, assunzione di psicologi. L’intelligenza emotiva consente di sviluppare ottime doti comunicative, potenzia la leadership, sviluppa relazioni significative per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, genera il senso di appartenenza ad un gruppo di lavoro, potenzia la motivazione nello svolgimento di un compito.

Un ambiente sano e positivo per il lavoratore contrasta il burnout (sindrome da stress) che lo fa ammalare sino a perdere il posto. La mancanza di intelligenza emotiva provoca frustrazioni, insicurezza, mina l’autostima e favorisce l’insorgere di paure e ansie. Prima di un cervello pensante l’essere umano ha a disposizione un cervello emozionale che è la sua parte più arcaica. Le nostre emozioni non sono un nemico da sconfiggere ma una componente utile che ci rende lavoratori dinamici, vitali ed efficienti.