Le forze governative siriane hanno lanciato un’offensiva nella regione di Tartus contro alcune milizie pro-Assad, in un’escalation di tensioni interne al regime.
Gli scontri, particolarmente intensi, hanno provocato diverse vittime tra i combattenti, aggravando ulteriormente la situazione di instabilità nel Paese.
Secondo fonti locali, l’operazione è stata avviata in risposta a crescenti contrasti tra le forze fedeli al presidente Bashar al-Assad e gruppi armati che, pur sostenendo il regime, avrebbero preso posizioni autonome nella regione. Tartus, considerata una zona strategica per la sua vicinanza al Mediterraneo e la presenza di basi militari russe, sta diventando teatro di un conflitto interno che potrebbe complicare ulteriormente la situazione geopolitica del Paese.
Le autorità siriane non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali sull’accaduto, ma gli osservatori internazionali monitorano con preoccupazione l’evolversi degli eventi, temendo ripercussioni su una regione già duramente provata da anni di guerra civile. La comunità internazionale rinnova l’appello a una soluzione pacifica per evitare ulteriori sofferenze alla popolazione civile.
Disordini iniziati dopo il tentativo di arresto di un ufficiale di Assad responsabile della prigione di Saydnaya – proteste in diverse altre città dopo la diffusione di un video con immagini di attacco contro un santuario alauita di Aleppo
Le forze di sicurezza siriane hanno lanciato una operazione militare contro le forze pro Assad nella zona di Tartus, roccaforte della comunità alauita, ha reso noto l’agenzia Sana secondo cui l’operazione ha consentito di “neutralizzare un certo numero” di elementi delle milizie ancora fedeli al Presidente deposto e fuggito in Russia, ed esponente alauita.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani precisa che ci sono stati numerosi arresti in seguito agli scontri scoppiati ieri a Khirbet al-Mazah in cui sono rimasti uccisi 14 agenti delle forze di sicurezza del nuovo governo e tre miliziani, dopo il tentativo di arresto di un ufficiale di Assad legato alla terribile prigione di Saydnaya.
Esponenti alauiti hanno protestato ieri anche ad Homs dopo la diffusione di un video con le immagini di un attacco a un santuario della comunità, nel quartiere di Maysaloon ad Aleppo che tuttavia, secondo le autorità di transizione nominate da Hayat Tahir al Sham, non è recente ma risale all’inizio del mese. L’attacco sarebbe stato eseguito da “gruppi non noti” e la pubblicazione del video aveva come scopo quello di “provocare divergenze fra i siriani in questo periodo sensibile”. Un manifestante è stato ucciso e altri cinque feriti “dopo che le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco per disperdere la folla”, ha scritto l’Osservatorio.
Proteste si sono svolte anche a Tartus, Latakia, Jableh, e Qardaha, città natale di Assad. Migliaia le persone coinvolte. A Homs le autorità locali hanno imposto un coprofuoco dalle sei del pomeriggio alle otto di questa mattina. Lo stesso a Jableh. La comunità alauita conta circa 1,7 milioni di persone in Siria, vale a dire circa il 9 per cento della popolazione.