Anno giudiziario: L’Aquila, Manfredi, ‘non condivisibile abrogazione abuso d’ufficio’

“Con il rispetto dovuto alle sovrane scelte del legislatore non posso condividere l’intervento abrogativo del reato di abuso d’ufficio. La giustificazione secondo cui l’abrogazione si sarebbe imposta in quanto si tratterebbe di fattispecie connotata da genericità, che si presterebbe a letture forzate, invasioni di campo nell’agire della Pubblica amministrazione, i cui rappresentanti sarebbero intimoriti, al punto da condizionarne l’azione, non sembra cogliere nel segno”. Lo ha detto il presidente vicario della Corte di Appello di L’Aquila, Aldo Manfredi, durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario a L’Aquila.

“L’ultima versione dell’art 323 codice penale – ha affermato – era connotata da puntuale carattere di determinatezza e specificità, riducendo di molto la possibilità dell’intervento penale. La fattispecie sanzionava solo condotte di evidente gravità e lesività dei beni della imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione”. Si osservava l’osservanza delle “condotte di vessazione (l’arrecare ad altri un danno ingiusto) o palese favoritismo (il procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale), gravemente offensive del bene giuridico protetto, perché mosse dalla massima intensità del dolo (quello intenzionale), connotate da violazione di leggi che prevedono specifiche regole di condotta, da cui non residuano margini di discrezionalità – ha ricordato Manfredi -. Ne derivava che nella valutazione del giudice esulava qualsiasi possibile sindacato della discrezionalità amministrativa, ciò escludendo qualsiasi indebita invasione di campo”.

“Orbene – punta l’indice Manfredi – sembra francamente inaccettabile che condotte siffatte, gravemente lesive degli interessi generali e dei singoli non trovino più tutela e copertura sul piano penale, non coperte in alcun modo dalle altre previsioni dei reati contro la P.A., al punto che pare inevitabile che il legislatore debba prima o poi tornare a coniare nuove fattispecie che non lascino impuniti fatti comunemente avvertiti come gravi e lesivi di valori basilari che devono informare l’agire di chi ricopre una pubblica funzione. Cosa peraltro già avvenuta con la introduzione dell’art 314 bis c.p. che sanziona il peculato per distrazione. Condotta che, a seguito della modifica dell’art 314 c.p. esulava dalla fattispecie del peculato ed era, per costante giurisprudenza, riconducibile alla fattispecie dell’abuso d’ufficio”.

“Resta allora la preoccupazione che la separazione possa fare perdere al pubblico ministero quella posizione di ‘parte imparziale’ che gli deriva dall’articolo 73 dell’ordinamento giudiziario e dall’articolo 358 c.p.p., per cui il pubblico ministero deve agire per la corretta applicazione della legge e deve agire anche nell’interesse dello stesso indagato, tanto che, oggi, dopo la Riforma Cartabia, deve archiviare se non vi è la prognosi di condanna, e deve comunque chiedere la condanna solo se vi è la prova della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. È un pubblico ministero che deve sapersi muovere – prosegue Amato – con indipendenza, a tutto tondo, non come pubblica accusa ma come promotore di giustizia”.

“Non temiamo certamente che la separazione possa portare alla dipendenza dall’esecutivo, anche se è fatto notorio che in molti paesi dove le carriere sono separate l’accusatore, come è stato detto, ‘soggiace’ in varie forme a collegamenti con il potere politico. Ma temiamo il rischio dell’autoreferenzialità della categoria ‘separata’ dei pubblici ministeri, dimentica dei principi propri della “cultura della giurisdizione” e appiattita nell’attività da una malintesa, sempre possibile, distorta applicazione dei principi propri della gerarchia, della vigilanza, della sorveglianza”, evidenzia Amato.

Anno giudiziario: parla rappresentante ministero, a Firenze magistrati lasciano aula

Come avevano annunciato, oggi a Firenze i magistrati per protesta contro la riforma della giustizia, appena è stata data la parola ad Antonio Sangermano, rappresentante del ministero della Giustizia, hanno lasciato l’auditorium in cui si tiene la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario.