La crisi economica sembra non avere fine, con l’inflazione alle stelle e un incerto futuro del lavoro, un fenomeno curioso persiste con forza, quasi indomito: il consumismo.
Le feste, che dovrebbero essere un momento di riflessione e condivisione, sembrano invece trasformarsi ogni anno di più in un’occasione per alimentare l’ingranaggio del consumo, spesso a discapito di un sano equilibrio fra necessità e desideri.
Le vetrine addobbate, le pubblicità invadenti sui social media, gli sconto “imperdibili” dei negozi: tutto sembra progettato per spingere a comprare, a consumare, a fare spazio in casa per nuovi oggetti. Eppure, in un contesto di crisi, la domanda che ci si dovrebbe porre è: come mai, nonostante la crescente difficoltà economica di molti, questo spirito consumista non sembra conoscere battute d’arresto?
Una delle spiegazioni risiede proprio nel contrasto tra la realtà e le aspettative che la società ci impone. Le festività, infatti, sono diventate nel tempo un simbolo di appagamento. Un momento in cui le persone cercano di riscoprire la felicità attraverso l’acquisto di regali, cibo pregiato, esperienze di lusso. Il consumismo, insomma, è diventato quasi un surrogato della felicità. Non importa quanto pesante sia il portafoglio o quanta ansia si nasconda dietro le facciate di chi si sforza di mantenere uno stile di vita che non è più sostenibile.
Durante la pandemia, abbiamo visto come il consumismo potesse essere momentaneamente messo in pausa. La chiusura dei negozi, la limitazione degli spostamenti, hanno dato a molte persone una scossa, obbligandole a riflettere su ciò che è veramente essenziale. Ma, appena le restrizioni si sono allentate, il ritorno alla “normalità” è stato travolgente. E non è cambiato nemmeno in tempo di crisi: ogni festività continua ad essere una corsa all’acquisto, una sfida a non farsi trovare impreparati, a non mancare mai di nulla.
Le statistiche parlano chiaro: anche nel 2023, in piena crisi economica, si prevede che i consumi durante le festività siano solo lievemente in calo rispetto agli anni precedenti. Un segno tangibile di come le persone, sebbene indebitate o alle prese con difficoltà finanziarie, siano disposte a sacrificare parte del loro reddito per mantenere vive le tradizioni legate alle festività. Le pressioni sociali, la paura di essere considerati “poveri” o “non all’altezza”, spingono molti a spendere anche oltre le proprie possibilità.
In molti casi, è la ricerca di uno status che stimola il consumo durante le festività. La voglia di impressionare, di far vedere agli altri che anche in tempi difficili si riesce a mantenere una certa facciata. Un regalo costoso, una cena raffinata, un viaggio in una località esclusiva: questi sono i segnali di una società che ha fatto del consumo un valore inestimabile, quasi un modo per misurare il successo personale.
Ma cosa ci sta realmente dietro a questo consumismo inarrestabile? La risposta non è semplice. Certamente, l’influenza dei mass media e delle grandi aziende ha il suo peso. Le pubblicità non solo ci convincono a voler cose di cui non abbiamo bisogno, ma riescono anche a convincerci che siano indispensabili. Inoltre, c’è da considerare un altro aspetto: la nostalgia. Durante le festività, la speranza di ritrovare la magia dell’infanzia, il calore della famiglia, o anche il piacere di un’esperienza unica, ci spinge a spendere, a soddisfare desideri che spesso non sono altro che una compensazione di un’inquietudine interiore.
Eppure, in mezzo a questo vortice di consumi, c’è anche chi prova a fare scelte più consapevoli. Sono sempre di più le persone che, pur mantenendo viva la tradizione, scelgono regali più semplici, esperienze da vivere insieme piuttosto che oggetti da comprare, o ancora l’acquisto di prodotti locali e sostenibili. Si fa strada, lentamente ma con forza, l’idea che la vera ricchezza non stia nel possedere tanto, ma nel condividere e nella qualità del tempo trascorso con chi amiamo.
La crisi economica, quindi, non ha solo conseguenze sul piano materiale, ma sta lentamente cambiando anche le priorità. Nonostante la pressione sociale e l’appeal delle vetrine scintillanti, un numero crescente di persone cerca di reagire al consumismo sfrenato con un ritorno ai valori più autentici delle festività: l’amore, la solidarietà, la comunità.
Certo, la strada è lunga. Ma una cosa è certa: anche se il consumismo continua a dominare le feste, il cambiamento è già in atto. E la speranza è che, nei prossimi anni, le festività possano essere vissute più come occasioni per stare insieme e meno come eventi da celebrare con l’obbligo di spendere.